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I leccesi a Milano: "Nel Salento adottate con scrupolo le disposizioni"

Un medico ospedaliero, un avvocato giuslavorista in auto isolamento, un barman. Chiamati a vivere in una fase di piena emergenza, lanciano un messaggio chiaro: rispettare le misure dettate può ancora limitare i danni al Sud

LECCE - “Sono rimasto agghiacciato dalla stupidità dell’esodo. Stiamo parlando di persone che studiano, di altre che hanno già una laurea e magari anche conoscenze specifiche: mi chiedo come possano ignorare di essere una potenziale minaccia per i propri familiari e amici, come non li possa sfiorare l’idea di essere vettori di un virus dopo essere stati in treno senza alcuna distanza di sicurezza. E poi, lo sanno che la quarantena consiste nell’isolamento e nell’interazione solo tramite doppia mascherina? Io non ci penso nemmeno a tornare, eppure ho famiglia ed affetti”.

Marcello Macchia, medico ospedaliero, è di Lecce ma vive da oltre venti anni a Milano. Il suo consiglio dal punto di vista professionale è molto chiaro: “Prima si intraprendono e si eseguono scrupolosamente le misure di prevenzione, prima ne verremo fuori. Bisogna rallentare il contagio, con questa situazione dovremo abituarci a convivere per diversi mesi. Mi fa venire i brividi vedere come molte persone, troppe, non abbiano ancora la percezione della gravità della situazione: appena una settimana addietro ero l’unico nel supermercato a indossare la mascherina e mi scansavano. Io la indosso per la sicurezza degli altri. Negli ultimi giorni la situazione è cambiata, adesso non sono un caso isolato.

La sua impressione, certamente da una posizione privilegiata, è che ci sia stata una generale sottovalutazione, soprattutto a Milano, di ciò che si stava iniziando a manifestare in tutta la sua pericolosità: “Per molto tempo ci si è comportati come se a Milano non ci fossero casi. Si è detto che il governo stava spaventando i cittadini, mettendo in ginocchi l’economia. Allora sono stati lanciati messaggi contraddittori: il video del sindaco Sala sulla Milano che non si ferma, le foto degli aperitivi, come nel caso di Zingaretti, la presa di posizioni dei più famosi locali della città che si ribellavano alla chiusura imposta alle 18. E, infatti, dopo un paio di giorni, le persone sono tornate ad affollarli. Alla politica è mancata la fermezza. Bisogna attenersi alle disposizioni, siamo già al limite, anche dal punto di vista psicologico. Basti pensare che le mascherine adesso arrivano scortate da guardie giurate”.

Tiziana Melissano è invece una giuslavorista, anche lei leccese. Da venerdì è in isolamento volontario, con sintomi di un banale raffreddore. Dopo che nel tribunale nel quale si reca quasi tutti i giorni è stato rilevato il terzo caso di positività: “Io sono residente a Lecce, dove vive la mia famiglia e il mio compagno con il quale abbiamo programmato il matrimonio per il primo giugno: avrei potuto fare la quarantena nella mia città ma non me la sono sentita, innanzitutto di affrontare il viaggio con i rischi che comporta. Non voglio proprio di correre il rischio di infettare qualcuno. Avevo la possibilità di un passaggio per tornare a casa, già il 21 febbraio, ma ho rifiutato”.

“Vivo da sola, mi fa compagnia il mio cane. La mia giornata la trascorro lavorando al pc, facendo lunghe telefonate, spesso di lavoro, e cerco di svolgere qualche esercizio fisico, di quelli che si possono fare a casa. Per fortuna ho una rete amicale più che disponibile e per chi ne ha bisogno i numeri di contatto delle istituzioni funzionano bene”.

Anche Tiziana conferma la sequenza contraddittoria dei comportamenti collettivi: “Milano si è svuotata a un certo punto, poi c’è stato un momento di reazione collettiva. Martedì scorso, l’ultima sera in cui sono uscita, le strade erano deserte, e parlo di quelle più centrali. So che chi se lo può permettere è andato a rifugiarsi in montagna”.

Il suo auspicio è quello che si possa evitare nel Mezzogiorno quello che invece la Lombardia, che pure dal punto di vista sanitario è una eccellenza, sta affrontando: “In Puglia sono state prese in via precauzionale misure che noi qui abbiamo adottato quando si era in emergenza. L’importante è seguirle come si deve. Io tornerò a Lecce solo quando sarò certa di non essere un potenziale vettore del virus”.

Andrea Quarta, 27enne di Leverano, è barman in un locale del capoluogo meneghino, nei pressi del Duomo: “Non ho mai visto una città così deserta. Milano è sempre molto frenetica, dalla mattina alla sera. Adesso fa impressione: da circa due settimane è cambiata totalmente”. Come tanti altri lavoratori, è preoccupato per le conseguenze sul piano economico, ma l’attenzione per la salute e per le conseguenze di comportamenti irresponsabili viene prima di tutto: “Se una situazione del genere si verificasse in Puglia, credo sarebbe un disastro. L’altro ieri la stazione era imballata di gente, sicuramente presa dal panico, ma ragionandoci un minimo avrebbero dovuto pensare agli altri più che a se stessi. Io e la mia compagna abbiamo deciso di non muoverci da qui, lo abbiamo fatto pensando ai nostri familiari, con la speranza che tutto questo si risolva il prima possibile. Se ognuno di noi prenderà le dovute precauzioni, potremo uscirne”.

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