Astensione dalla mensa: la protesta solidale dei poliziotti del carcere
La protesta dopo i preoccupanti fatti accaduti nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. I sindacati: “Sdegno rispetto alla mortificazione morale e professionale subita”
LECCE – Secondo giorno di protesta nel carcere di Lecce. A manifestare è la polizia penitenziaria che da ieri ha deciso di non prestare servizio presso la mensa.
Una decisione assunta in modo spontaneo dopo i preoccupanti eventi accaduti l'11 giugno all'esterno del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere: un modo, quindi, per manifestare solidarietà verso i colleghi dell’istituto campano e “sdegno rispetto alla mortificazione morale e professionale subita”.
“Quanto accaduto è inaccettabile – scrivono i segretari di Sappe, Osapp, Uil Pa, Fp Cgil, Sinappe e Cnpp di Lecce -: più di quaranta avvisi di garanzia notificati per strada ad altrettanti colleghi con modalità che offendono la dignità di chiunque, ed ancor di più per chi sa di essere l’ultimo e disperato avamposto dello Stato in quella terra di mezzo di cui tutti parlano ma nessuno conosce quanto noi sulla nostra pelle”.
“L’uomo va rispettato – tuonano i sindacalisti in un comunicato stampa -. Nessuno può farci scuola: il personale di polizia penitenziaria ha affrontato l’angoscia di questa emergenza sanitaria con sacrificio, senso di responsabilità e dedizione, lontano dai bagliori mediatici; ha respinto il default della sicurezza nelle carceri appellandosi alle proprie forze, ben sapendo di poter contare solo su se stesso; si è speso con tutte le proprie energie per evitare che accadesse l’irrimediabile per la salute e la sicurezza della comunità nazionale, ma ancora assiste ad una campagna denigratoria che si consuma da troppo tempo tra i vari salotti televisivi ed altre stanze del potere”.
“Sapevamo già che in pochi o addirittura nessuno ci avrebbe manifestato riconoscenza alla fine di tutto, perché da molto tempo imparato a non nutrirci di immagine e convenevoli, ma non pensavamo di meritare quello che è accaduto”, si legge ancora nella missiva.
“Non è possibile che non vi fosse un modo di operare diverso da quella indicibile spettacolarizzazione; un’alternativa che rispettasse le persone e che tenesse conto del principio della presunta innocenza contenuto nell’articolo 27 della Costituzione”, concludono i sindacati.