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Commercianti ko, niente sit-in. “Decisione di buon senso, ma ecco le necessità”

L’associazione degli esercenti di Tricase dopo il parere negativo della questura si adegua e rinuncia al sit-in programmato per questa sera in piazza Cappuccini. Elenco di richieste alle istituzioni

TRICASE - La voglia di rialzare la china e riannodare le fila del tessuto economico non è ancora sufficiente per rimarginare la crisi profonda in cui è piombato anche il commercio a Tricase. Nonostante le iniziative di rilancio, tra cui consegne  a domicilio e le timide riaperture, con asporto e misure anti contagio, negozianti e operatori tricasini sono al collasso ed avevano organizzato anche un piccolo raduno simbolico di sensibilizzazione per portare all'attenzione, della cittadinanza e degli organi di governo locali e centrali, il dramma che stanno vivendo e che si vivrà anche una volta superata la fase epidemiologica emergenziale.

Un sit-in che si sarebbe dovuto svolgere nella serata di oggi, promosso dall’associazione dei commercianti di Tricase, e che dopo un confronto presso la questura di Lecce dei giorni scorsi, si è deciso di non effettuare più, ma questo non affievolisce di certo il dramma e la volontà della categoria di dare un segnale tangibile del proprio malcontento e di far giungere a chi di competenza il ventaglio delle proposte e richieste necessarie per far risollevare le attività economiche, artigianali  e imprenditoriali della realtà tricasina. Non sono mancanti cenni di disapprovazione all’interno del direttivo dell’associazione dei commercianti, che annovera oltre 200 iscritti, a seguito della decisione  comunicata dalla presidente Stefania Palmieri di soprassedere allo svolgimento della piccola manifestazione dopo il parere espresso dalla Digos.

Il sit-in si sarebbe dovuto svolgere, a partire dalle 20, in piazza Cappuccini, nel pieno rispetto delle norme anti assembramento e con dispositivo di protezione individuale, e con la partecipazione di poco meno di una cinquantina di persone in rappresentanza di tutti gli associati (muniti di candele o altro mezzo idoneo a creare una piccola fiammella simbolo della speranza) e degli amministratori locali invitati a prendere parte al raduno. La presidente Palmieri e due consiglieri, delegati dal direttivo, avrebbero poi preso la parola per esporre le richieste dei commercianti e artigiani locali. Ma visto il parere negativo espresso dalle forze dell’ordine si è preferito soprassedere facendo prevalere lo spirito collaborativo e il buon senso.        

“E’ comunque necessario portare avanti l'iniziativa di sensibilizzazione e avanzare le nostre richieste” scrivono dal direttivo dell’associazione commerciati, “richieste necessarie ed indispensabili per sopravvivere, perché lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli, alle persone che lavorano con noi e alla nostra comunità. Qualcuno di noi voleva che si comunicasse alla questura l'intento di fare comunque la manifestazione, ma noi siamo persone pacifiche che vogliono vivere serenamente. Dare ai propri cari serenità, pagare le tasse e le spese per mantenere i figli all'università, uscire in strada a testa alta e relazionarsi con le forze dell'ordine continuando a vederle come persone di noi che lavorano per garantirci sicurezza e tutelare i nostri diritti. La nostra presidente ha una parola che per noi ha un valore da salvaguardare,  per questo la maggioranza ha deciso di adeguarsi all'invito. Non faremo il sit-in stasera ma  faremo sentire ugualmente la nostra voce a chi ci governa”.

Le richieste dei commercianti

I commercianti di Tricase hanno quindi deciso di rendere noto l’elenco delle priorità e delle richieste rivolte alle istituzioni locali e nazionali per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ed economica. Si rendono necessarie in particolare: regole di riapertura certe e sostenibili; il sostegno economico del Stato nell'adozione delle misure di sanificazione e degli adempimenti relativi (mascherine, igienizzanti, dpi e tutto ciò che comportano le procedure di contrasto al covid 19.  “Sono misure a tutela della salute pubblica, misure atte a proteggere la generalità dei cittadini” chiariscono gli esercenti, “e non possiamo immaginarle solo a carico del singolo negoziante”.

E ancora, si chiede l’esenzione totale per il primo anno, e parziale (almeno dimezzata) per i successivi due anni,  di tasse, tributi, contributi, imposte, sia nazionali che regionali, provinciali e comunali. La ricontrattazione degli affitti, per un anno e con agevolazioni anche per i proprietari che aderiranno, e dei mutui per legge, con blocco degli interessi e delle rate per un anno. La riduzione della tassazione sugli immobili per le partite iva che svolgono l'attività negli immobili di proprietà.  L’erogazione di contributi a fondo perduto per agevolare la ripresa. Così come sono richiesti  prestiti a tasso zero da restituire dal terzo anno. Un  contributo per le spese di gestione (luce, gas, materie prime, dipendenti. Gli  ammortizzatori sociali anche per i titolari di partita Iva al pari di quanto già avviene per i dipendenti e le grandi società di capitali con la cassa integrazione. Il tutto sulla base anche della pianificazione e della programmazione della ripresa, ovvero un piano di rientro a regime.

“Quello che chiediamo a chi ci governa” spiegano dal direttivo dell’assocommercianti di Tricase, “sono interventi concreti e un approccio realista alla situazione economica. Perché sappiamo tutti che avremo una gravissima contrazione del mercato nei prossimi 18 mesi, come minimo. Dal Governo ci aspettiamo che si occupi anche di questo e non solo del gel per le mani. Non ci possono mandare in banca a prendere, in prestito, dei soldi che non sono ancora oggi pronti da erogare. Le tasse che stanno spostando di un mese noi non saremo in grado di pagarle perché non abbiamo neanche le risorse per la riapertura e l'adeguamento alle nuove prescrizioni”.

Un grido di allarme che gli esercenti avrebbero voluto far riecheggiare nella spaziosa piazza di Tricase, ma che viene cadenzato tra le righe della comunicazione agli organi di stampa. “Noi non sappiamo come pagare i fornitori della merce che giace invenduta in magazzino” aggiungono dal direttivo, “non abbiamo da pagare i nostri collaboratori. Vogliamo dire ai governanti che forse non dovrebbero trattarci come vacche da mungitura e darci il necessario sostegno per riaprire e dare il nostro contributo alla ripresa. Perché riaprire non serve a nulla se da qui a poco le nostre attività moriranno di stenti in una pandemia economica pari a quella sanitaria. L'emergenza economica e sociale, conseguenza dell'emergenza sanitaria, è infatti di pari portata  alla gravità del coronavirus. Per salvare il tessuto economico sociale servono misure serie e forti come lo è stato per impedire la diffusione del virus”.

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