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Giovedì, 28 Marzo 2024
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L'ombra del coronavirus oscura anche le grandi tradizioni: cronaca da Siviglia

In Spagna come in Italia, in Andalusia come in Puglia, si vive un tempo sospeso in attesa di un graduale rientro alla normalità: la testimonianza di un economista leccese

SIVIGLIA - Per parlare della crisi del Covid dalla Spagna si potrebbe iniziare dal racconto della drammatica e intensa dichiarazione dello “stato di allarme” - trasmessa sui principali mezzi di comunicazione del Paese - sabato 14 marzo da parte del presidente del governo Spagnolo, Pedro Sánchez. Si potrebbe anche partire da qualche giorno prima, con la chiusura dello spazio aereo tra Spagna e Italia (10 marzo) o dalla definizione del Covid come pandemia (mondiale) da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (11 marzo).

Oppure si potrebbe iniziare da prima, dalla famosa “partita zero” tra Atalanta e Valencia del 19 febbraio, poi lo scoppio dei casi di Covid nella Bergamasca esattamente due settimane dopo e con 2mila 500 tifosi spagnoli probabili e inconsapevoli diffusori del virus fuori dalla Lombardia verso la Spagna. In quei giorni, e per ancora due altre settimane, si tergiversò con le ormai famoìigerate iniziative di “aperture” a Milano, Bergamo (a posteriori, i primi – e non unici – errori commessi nel controllo della pandemia in quesi giorni). In Italia la zona rossa è stata poi istituita su tutto il territorio nazionale il 12 marzo, intrecciando così anche temporalmente i destini dell’Italia e della Spagna in questa vicenda cosí drammatica.

La prospettiva dall’Andalusia in quei giorni era abbastanza simile a quella dalla Puglia nelle prime settimane di diffusione del Covid. Poca chiarezza sulla reale portata dell’evento, attenzione e apprensione crescente fino alla necessità da parte delle autorità pubbliche, nazionali e regionali, di intervenire con misure mai sperimentate prima (dalla creazione di ospedali Covid al reperimento del materiale sanitario fino a misure di controllo della produzione in settori strategici e la limitazione della libertá di movimento personale). In Spagna la sanità è di competenza delle comunità autonome – ovvero le regioni – con un sistema di assicurazioni obbligatorie pubblico/privato (è un sistema comune a tanti altri Paesi europei come Belgio, Olanda, Germania). 

Nelle ultime due settimane prima dello stato di allarme la vita a Siviglia scorreva regolarmente. Il 28 febbraio, come ogni anno, si è festeggiato il “Día de Andalucía”, ovvero la celebrazione del referendum sull’istituzione dell’autonomia regionale del 1980, il risultato delle grandi manifestazioni autonomiste e democratiche del dicembre 1977 che contribuirono all’archiviazione dell’infame dittatura franchista e la transizione verso la Spagna moderna che sarebbe poi entrata nell’Unione Europea nel gennaio 1986.

Quello del primo marzo è stato l’ultimo weekend relativamente libero dall’ormai necessario quanto incessante bombardamento informativo sul Covid. Alle 12 siamo andati a vedere quella che poi sarebbe diventata l’ultima partita della stagione del Siviglia nel suo stadio (il Ramón Sánchez-Pizjuán) mentre a distanza di 3 ore il Lecce avrebbe iniziato la sua infausta partita contro l’Atalanta. Il fine settimana seguente ci si predisponeva alle prime misure di contenimento a causa della scoperta del primo grave focolaio a Madrid. Misure definitive che sarebbero arrivate, come detto, sabato 14 marzo a reti unificate.

In quei giorni si è scatenata la corsa all’accaparramento dei beni di (varia) necessitá nei supermercati (effetto subito rientrato dopo pochi giorni) come ad esempio farina, lievito, uova, conserve. Date le resistenze al consumo della pasta liscia in Italia, mi sono avventurato al piú vicino "Mercadona" per capire quale fosse il prodotto alimentare che piú generava repulsione tra i consumatori spagnoli. Ora posso affermare con ragionevole certezza che si tratta dei famosi cavoletti di Bruxelles, informazione che ho diligentemente trasmesso in Belgio perché se ne traggano le dovute conseguenze.

Siviglia oggi vive un tempo fermo, immobile, una primavera che è iniziata dal punto di vista climatico ma non nelle abitudini e nelle tradizioni che caratterizzano l’aprile andaluso. Niente celebrazioni della Semana Santa e, soprattutto, niente Feria de Abril de Sevilla, con il suo straordinario, esplosivo carico di vita, flamenco, umanità (manzanilla e rebujito), rimandata a settembre perché non ci si vuole ancora dire la verità, ovvero che quest’anno non si celebrerà una tradizione annuale che ha resistito per piú di un secolo e mezzo, nata nel 1846 dall’idea di un catalano ed un basco e che si è convertita oggi in un evento di dieci giorni che ospita su 75mila metri quadrati più’ di mille casetas con centinaia di migliaia di visitatori ogni anno – tradizione e innovazione - .

foto-67-20La Spagna sta reagendo con dignità, serietà, trasparenza alla crisi del Covid. Alle conferenze stampa quotidiane dei ministri si affianca un atteggiamento responsabile di gran parte dei media. Si tende a dare risalto ai contenuti scientifici, al parere degli esperti e all’informazione che emerge dalla raccolta dei dati territoriali di natura epidemiologica ed economica. Come in tutti i Paesi europei, anche qui si subisce l’attacco quotidiano di fake news – poi rilanciato dalla parte più irresponsabile della societá spagnola come, ad esempio, lo sciacallaggio continuo dell’ultradestra di Vox (che qualche giorno fa, ad esempio, ha rilanciato un fotomontaggio con la Gran Via – la strada principale di Madrid - piena di bare). Questa ondata di informazioni false è molto simile nei contenuti a quella che circola in altri Paesi europei. Fortunatamente i media stanno facendo uno sforzo importante di contenimento mentre si è anche arrivati alla detenzione di diffusori di fake news sulle reti sociali.

Mentre concludo questo breve scritto, e ogni Paese è impegnato nella lotta a questa pandemia, il Parlamento spagnolo sta discutendo l’ulteriore proroga dello stato di allarme per altri 15 giorni e la Commissione Europea ha appena invitato gli Stati Membri a prolungare le restrizioni sui voli non essenziali fino al 15 maggio (tenderei ad argomentare l’essenzialità del volo Ryanair Siviglia-Bari – pur non essendo convinto di poter avere successo -).

Mai come in queste settimane, si ha la percezione che la soluzione al problema che l’umanità sta vivendo sia di natura collettiva, da ricercare nella scienza, nella medicina, nella cooperazione internazionale. E’ profondamente sbagliato paragonare questi tempi ad una situazione di guerra perché l’unico modo di sconfiggere la pandemia non sarà attraverso le tante superstizioni o le chiusure identitarie o nazionaliste bensí attraverso la cultura, la conoscenza, la solidarietà e l’apertura internazionale. Il sistema di sanità pubblica italiana, quello spagnola, quello europeo in generale, sono tra i più inclusivi ed efficienti al mondo. La cooperazione – e soprattutto la cooperazione scientifica – tra i Paesi europei èè eccellente e all’avanguardia a livello mondiale. Ne usciremo, spero migliori, il piú presto possibile e con un rinnovato ottimismo verso il futuro.

Andrea Conte, economista, coordina un gruppo di ricerca alla Commissione Europea. Vive e lavora tra Siviglia, Lecce, di cui è originario, e Bruxelles.

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