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“Londra deserta ma più disciplinata”: il racconto di un salentino all'estero

Alessandro di Lizzanello, in Inghilterra per lavoro: "Gli inglesi hanno accettato bene le regole. La sanità italiana resta un'eccellenza"

LECCE - Londra, Capitale cosmopolita per eccellenza, a dispetto dei suoi 9 milioni di abitanti oggi è diventata una città semi-deserta, come tutte le altre.

“Non avrei mai potuto immaginare una situazione del genere: abituato a uscire nella folla e a scontrarmi con le persone nell'ora di punta, oggi, durante i miei giri solitari in bicicletta, non incontro quasi nessuno. Le saracinesche dei negozi sono abbassate e lungo le strade principali si incrocia solo qualcuno che si muove velocemente, per motivi di necessità. Quando esco a volte ho l'impressione di essere tornato nel mio paese d'origine: Lizzanello”.londra 2-2

È il racconto, dai tratti surreale, di una metropoli spettrale che sembra essersi ristretta, sicuramente difficile da riconoscere. Le parole sono quelle di un ragazzo salentino di 38 anni, Alessandro Aralla, emigrato in Inghilterra 4 anni or sono per diventare direttore dell'ufficio marketing di una società italiana che si occupa di gas ed energia.

A Londra è rimasto anche se avrebbe potuto lavorare in remoto dal Salento: “Avevo la possibilità di tornare in Italia ma non l'ho fatto perché, venendo dall'estero, mi sarei dovuto mettere in quarantena per due settimane e non avevo intenzione di esporre i miei famigliari ad alcun rischio”.

La prudenza ha vinto, dunque, ed Alessandro dalla capitale inglese ha continuato a seguire le notizie che arrivavano dal proprio Paese, il primo ad adottare misure così drastiche per il contenimento del contagio da Coronavirus. L'Inghilterra è arrivata poco dopo e il governo guidato dal premier Boris Johnson, come noto, ha adottato una linea più morbida e graduale.

Ma i londinesi, spiega Alessandro, sono diversi: “Sono più disciplinati e rispettosi delle regole, per quanto liberali. Qualcuno che trasgredisce ovviamente c'è e non è escluso che il governo arrivi a prendere misure più drastiche, ma la situazione è sotto controllo: il picco non è stato ancora raggiunto e il sistema sanitario nazionale non è saturo. Aumentano i contagi, però, e il livello d'allerta. Londra è diventata un focolaio perché il numero dei contagiati è triplicato in una settimana: erano mille e 200 il 19 marzo, oggi sono 3 mila e 900”.

Come hanno vissuto sinora l'emergenza sanitaria i londinesi e i concittadini emigrati?

“Direi che la popolazione ha risposto bene, con disciplina, alle misure progressive dal governo. La prima conferenza stampa di Boris Johnson (peraltro risultato positivo al test, ndr.) è stata travisata all'estero ma accettata dagli inglesi. Il premier ha voluto procedere per gradi, invitando gli inglesi a limitare le occasioni di socialità, poi chiudendo bar e ristoranti e limitando gli spostamenti. Tutti hanno diritto, però, a praticare un'ora di sport all'aria aperta ogni giorno, con le dovute precauzioni, e questo ci aiuta psicologicamente: lo sport è parte della cultura della popolazione, è un'abitudine consolidata per tutti e non poteva essere eliminato dalla routine. Anche i parchi sono ancora aperti, come Hyde Park, ma progressivamente li stanno chiudendo per evitare gli assembramenti”.

Come si sta muovendo il governo sul versante economico?

“Qui le imprese internazionali hanno avviato il telelavoro con un certo anticipo, dettando le medesime regole per tutte le sedi sparse in Europa. Ieri il governo, in conferenza stampa, ha chiarito i dettagli di una manovra finanziaria mai fatta prima: per i prossimi tre mesi tutte le persone che hanno perso il lavoro potranno usufruire dello stipendio, ridotto del 20 percento. L'obiettivo è quello di preservare sia i dipendenti, sia le aziende. Londra vive di turismo e di imprese internazionali e il governo è consapevole di quanto sia importante non farle scappare via”. londra 3-2

Quali sono le principali differenze con la gestione dell'emergenza in Italia?

“Devo dire che anche qui comincia a diventare più difficile trovare materie prime come uova, latte e farina. Ma di sicuro fuori ai negozi non si vedono le classiche file all'italiana. Del resto la varietà e la quantità dei negozi è molto ampia, si trova facilmente uno store o un megastore aperto a poche decine di metri. È sicuramente diversa, però, la gestione della comunicazione: le notizie in televisione sono date in forma più asettica e asciutta, con meno sensazionalismo e in modo meno drammatico”.

Il servizio sanitario inglese come si sta organizzando?

“Il governo sta riconvertendo in ospedale Covid-19 il più grande centro congressi londinese, che può accogliere 4 mila posti letto. Sono stati richiamati in servizio i medici e gli infermieri che erano in pensione e arruolati gli studenti insieme a 250 mila volontari. Ma la sanità inglese non è paragonabile a quella italiana che continua a rappresentare un'eccellenza. A Londra i dottori italiani sono ricercati come il pane: molti di loro, anche giovani, sono primari e gestiscono interi reparti in modo impeccabile”.

Come vivi tu la lontananza da casa, in questo momento così difficile?

“Con apprensione, inevitabilmente. Sento i miei genitori e i miei parenti più volte al giorno per sapere come si evolve la situazione e ascolto i notiziari italiani. Vivo a Londra come tutti, rispettando le regole e lavorando da casa, ma non è escluso che nelle prossime settimane, se l'allarme e i contagi diminuiranno e cambieranno le disposizioni, io non decida di tornare in Salento”.

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