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Nella pandemia una opportunità di integrazione: l’intervista all’Imam di Lecce

La guida spirituale, ex studente di Medicina, è il riferimento della comunità musulmana salentina. “La società come una fragile casa di vetro che svela anche il fallimento di un sistema capitalistico, proteso al guadagno dei più ricchi a discapito del povero”

LECCE - Mentre in questa grande, collettiva tensione verso il “dopo” ci si comincia a interrogare sulla forma che la società potrà assumere, tanti i possibili dubbi: (r)esisterà ancora l’Europa di Schengen? La sanità sarà potenziata? Sarà di “destra o di sinistra”? Il Paese, schiacciato dalla fase recessiva, si risolleverà? I cittadini avranno maggiore o minore fiducia nelle istituzioni? Ci sarà una inedita ripartizione di competenze tra Stato e Regioni?

Nelle nuove geometrie di un mosaico che si ridisegna, vale la pena anche considerare il tema delle integrazioni tra i popoli. Nella lama dentata di una pialla che sta appianando differenze sociali, potrebbero imbattersi anche le diverse comunità religiose, che hanno ora una grande opportunità davanti: quella di una autentica compenetrazione sociale. Giorni addietro, abbiamo in tanti avuto modo di intercettare sul web una emblematica immagine, scattata in Israele (nella foto d’apertura).

Ritrae due paramedici: uno musulmano che guarda in direzione della Mecca e l’altro, ebreo, rivolto verso Gerusalemme. Entrambi intenti alla preghiera. Assieme. Senza conflittualità. La comunità islamica del Salento conta oltre 23mila fedeli, dei quali circa settemila solo nella città di Lecce. In una chiacchierata con l’imam di Lecce, Saifeddine Maaroufi, alcuni spunti di riflessione. La “fotografia” locale di una porzione di popolazione che, come per quella di fede cristiana, sta combattendo contro le paure e le paranoie del mostro invisibile chiamato Covid-19.ddbb41a6-bbb1-4715-bcc0-55d3be51702d-2

 Imam, anche la comunità islamica locale (composta da migliaia di fedeli) privata della possibilità di funzioni pubbliche e di momenti di preghiera collettiva. Per una volta le religioni vengono livellate, uniformate: tutte, inesorabilmente, sullo stesso piano. Sarà questo il momento della vera integrazione?

Anche se ci sono stati momenti storici in cui alcune comunità non avevano la possibilità di praticare dignitosamente i loro riti, perché si rifiutava loro un luogo di culto, non mi piaceva affrontare la questione contrapponendo il paragone con chi gode di questo diritto costituzionale! Probabilmente, la situazione attuale dove tutti noi, a prescindere della nostra fede, non riusciamo ad assolvere i riti collettivi, in congregazione, farà capire a chi si rifiutava di farlo, che è incredibilmente doloroso per un credente, desiderare quei momenti di pace, solenni, in cui siamo tutti uguali davanti a Dio e che la preghiera non può che unirci e renderci più forti. Il numero dei musulmani che ha citato, è relativo a tutto il Salento, e come tutti i nostri concittadini stiamo affrontando questi momenti difficili di distanziamento sociale, con pazienza e responsabilità”.

Venendo meno il diritto di culto "tradizionale", come si sta attrezzando la vostra comunità? State facendo squadra con gli altri gruppi religiosi nel Salento come quello cristiano o con quello dei Testimoni di Geova?

Direi, sta venendo di meno la possibilità di culto in congregazione, e non quella di culto, ed è molto importante sottolinearlo perché per noi musulmani la preghiera non ha bisogno di un posto specifico, cioè non decade, anzi tutte le nostre case sono diventate moschee, dove le famiglie si stringono intorno all’orazione. Ci manca tremendamente la preghiera del venerdì, ma come hanno fatto altri gruppi religiosi, ci siamo rivolti alla tecnologia dello streaming e ai social per diffondere i sermoni registrati e trasmettere la speranza tramite la fede. A Lecce esiste da anni un gruppo di dialogo interreligioso (Associazione Dialogo), consolidato anche con un documento firmato con il Comune e promosso dall’assessore Silvia Miglietta, perciò abbiamo ottimi rapporti e ci sentiamo e ci scriviamo in questi momenti difficili per chiedere come stiamo, come persone e come comunità, anche per coordinare aiuti o azioni sociali”.

Che cosa ha pensato della messa celebrata dal Papa pochi giorni addietro? A dicembre, incontrando la Curia romana, il pontefice ha affermato che la cristianità è finita. La Chiesa rappresenta in questo momento una delle tante realtà all’interno di un mondo laico...

 “La messa celebrata da Papa, da solo, rappresenta sicuramente uno dei momenti che rimarranno impressi nelle menti, quando tutto questo finirà. Il pensiero verso i malati e la gente che soffre, ma anche quello rivolto ai medici e gli infermieri, è certamente condivisibile, perché la fede deve impregnarci di Misericordia sopratutto per chi soffre come in questi giorni. Per quanto riguarda il discorso rivolto alla curia romana a dicembre, in cui diceva «Non siamo nella cristianità, non più! » spiega che l’Occidente, oramai, non è più “mono-culturale” e non per forza dovuto all’immigrazione, sottolineiamolo, perché una grande parte della società occidentale, aveva scelto la secolarizzazione o anche altre vie spirituali. Anche se credo che sia un modo per stimolare “una nuova evangelizzazione della società” in cui si vive, prima di pensare agli altri popoli, resta sempre una realtà non innegabile che il Papa ha voluto ricordare, sopratutto per chi è intollerante al diverso”.

L’Isis, la scorsa settimana, ha indicato nel Coronavirus una punizione che incombe sulla testa degli infedeli "nostrani", soprattutto visto l’elevato tasso di  mortalità di un Paese occidentale come l’Italia. Quanto è concreto il rischio di un ritorno ai fanatismi?

Purtroppo la piaga che stenta a risolversi nel nostro mondo, è quella dell’odioso fanatismo, spesso promosso da chi è intellettualmente impotente, spiritualmente sterile: Non potendo capire il messaggio di Dio, non potranno mai presentarlo come il Misericordioso, l’Affettuoso, ma come Punitore specialmente contro i loro avversari o chi è diverso da loro. Questi estremisti fanatici appartengono a tutte le fazioni, ci basta ricordare che nel mese di febbraio, il Pastore cristiano Rick Wiles aveva dichiarato che il coronavirus è la punizione divina contro i matrimoni civili e i peccati. Un discorso simile era stato tenuto anche dal rabbino Meir Azuz o per punire l’arroganza umana come ha detto il rabbino Shlomo Aviner (che sono citati nel Jerusalem Post). Questo non assolve assolutamente nessuno, ma voleva dimostrare che in mancanza di compassione e dell’autocritica, si usa qualsiasi avversità come punizione per il diverso, allorché la si vive insieme senza discriminazione alcuna”.

Da religioso, attribuisce un ultrasignificato alla pandemia in corso? È il fallimento di un sistema capitalistico? È dovuto dall’aver attinto irresponsabilmente dalla mangiatoia della natura?

Da religioso, cerco sempre di vedere la saggezza divina dietro ogni avvenimento. Consapevole che la vita è fatta di prove, che ci portano a fare delle scelte o a correggere alcuni nostri comportamenti. Da religioso, ci vedo un invito al cambiamento, al pentimento, un ricordo della debolezza dell’uomo che si vedeva ormai come onnipotente padrone del mondo, e ci vedo anche un invito a vedere noi stessi nel prossimo: tutti, senza distinzione alcuna, né di cultura, né di etnia, né di religione, abbiamo bisogno di aiutarci vicendevolmente. Stiamo vivendo una situazione che dimostra la fragilità della nostra vita o piuttosto della società che l’essere umano ha costruito intorno a sé, una società simile ad una casa di vetro, dove ci osserviamo tutti, ci influenziamo a vicenda anteponendo spesso la materia allo spirito, sfruttando all’insopportabile questa creatura che è la terra. Ma a questa casa di vetro, è bastato un sassolino microscopico per fessurarsi e rischiare il crollo. Non possiamo negare che svela anche il fallimento di un sistema capitalistico, proteso verso il guadagno dei più ricchi a discapito del più povero, dove anche il diritto alla sanità disugualmente ripartito. Innegabile anche il maltrattamento della natura e l’invasione dell’habitat di alcuni animali, portando oramai i virus a fare salti di specie”.

Ad di là del mostro sanitario, il vero male che minaccia di stagliarsi all’orizzonte potrebbe essere l’individualismo. A oggi, viste le maratone della solidarietà, non sembra rappresentare un pericolo immediato…

Anche se l’individualismo nelle sue diverse sfaccettature (nazionalismi, razzismi, egoismi) già macchiava la nostra moderna società umana, le situazioni come quella che viviamo oggi con la pandemia covid19, fa emergere quel bene innato in ogni creatura di Dio, ed ogni giorno, con le lacrime agli occhi, guardiamo scene di solidarietà inaspettate tra popoli, tra classi sociali.. Ammiriamo il sacrificio di alcuni per il bene di tanti, come stanno facendo medici, infermieri, forze dell’ordine e tutti quelli che stanno facendo scudo con le loro vite letteralmente, affinché il resto del mondo si salvi”.

Come può combattere la paura un non credente? Anche il timore costituisce una minaccia per l’umanità e il bene comune: si pensi al modo col quale sono stati trattati spesso i migranti o il “diverso”…

Il miglior modo per combattere la paura in questo caso, è la conoscenza. Oggi, finalmente la parola è stata data a chi ha la conoscenza, la competenza e l’esperienza per poter indicarci i modi corretti per affrontare la paura generata da questo nuovo virus, ignoto fino a poco tempo fa. Quasi ignoravamo l’esistenza di tutte queste competenze, di questi luminari (personalmente non avevo più visto ed ascoltato medici e professori, con frequenza quotidiana, sin da quando studiavo alla facoltà di Medicina), e questo perché altre facce e altri menti, molto più ignoranti, avevano per anni e anni occupato tutto lo spazio mediatico e come pifferai magici modellavano l’opinione pubblica in un format ermetico, impaurito dal diverso, le conseguenze le conosciamo tutti (xenofobia, intolleranza e purtroppo anche violenza)”.

Sembra di assistere a una adesione totale e acritica, come fosse un atto di fede, alla scienza. Da guida spirituale di una comunità vasta, qual è la sua posizione?

“È vero che si divinizza la scienza, nel senso che gli si attribuiscono tutti i poteri e gli si affidano tutte le speranze. Ma che cosa si farebbe se la scienza fallisse? Un sentimento di smarrimento, di incomprensione, di caos, sommergerebbe questa frangia di gente. La scienza è un mezzo nelle nostre mani, un’ottimo strumento, ma resta sempre una delle creature di cui ci ha provvisto L’Altissimo. Da credente musulmano, non vedo nessun contrasto tra la mia fede e la scienza, perché lo stesso Corano ci ordina di chiedere a chi ha la conoscenza, quando non sappiamo, e promuove l’osservazione della natura e lo sfruttamento del nostro intelletto. Il profeta Mohammad diceva {in verità Dio ha creato la malattia e la cura, pertanto curatevi}, cioè cercare le cure con i mezzi a vostra disposizione, come noi oggi disponiamo della biologia molecolare e della virologia. Ciononostante, dobbiamo sempre tenere in mente, che tutto ciò è opera di Dio e che bisogna fare uso della scienza per tutelare la vita umana {Chi salva una vita, è come se avesse salvato l’umanità intera}”.

L’allerta resta alta, in questa fase, anche relativamente al fenomeno delle violenze e dei maltrattamenti domestici, in una convivenza forzata e prolungata. La comunità religiosa islamica è vicina alle famiglie?

Certo! La pressione psicologica è altrettanto pericoloso quanto lo è lo stesso contagio con il Covid19. Tra le mura domestiche possono esasperarsi gli animi con questa reclusione volontaria forzata e credo che questo ossimoro esprima al meglio ciò che vivono le famiglie, in cui le tensione possono trasformarsi in violenza. Ci sentiamo molto spesso tra le diverse famiglie, di parenti, amici o conoscenti... Credo che non siamo mai stati così vicini da quando siamo stati obbligati ad allontanarci gli uni degli altri... Perciò cerchiamo subito di smussare le situazioni difficili e se le motivazioni sono difficoltà economiche, la catena della solidarietà si è già messa in moto e stiamo distribuendo viveri alle famiglie più bisognose (oggi stesso, grazie al fratello Mohamed Diouf e sua moglie, abbiamo aiutato 12 famiglie, portando loro la spesa, prendendo ovviamente tutte le precauzioni del caso).  Nella nostra comunità, almeno come cerco di sempre di insistere io stesso, non ne facciamo un problema delle nostre diverse provenienze, dei muri, e ci consideriamo tutti fratelli e questi si estende ormai al resto della cittadinanza”.

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