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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Cromo esavalente nel cantiere: i pareri tecnici di Arpa e Asl

Abbiamo contattato i due dirigenti a capo, rispettivamente, di Arpa Lecce e del Dipartimento di prevenzione di Asl. Un focus sul metallo nocivo con l’ingegnere chimico Roberto Bucci e col medico Giovanni De Filippis

LECCE – Che cosa è il cromo esavalente le cui tracce, assieme a quelle di altri metalli pesanti, hanno dato vita a una nuova inchiesta sul gasdotto Tap? Le tracce rinvenute all’interno della falda acquifera del cantiere di San Basilio sono nocive per l’uomo? Le risposte di carattere tecnico ci sono state fornite direttamente da Roberto Bucci, a capo di Arpa Lecce e peraltro ingegnere chimico di formazione. I dubbi sugli effetti del metallo in questione sul corpo umano sono stati invece sciolti da Giovanni De Filippis, direttore del Dipartimento di prevenzione della Asl di Lecce. Il primo ci ha illustrato le caratteristiche tecniche del composto. Il secondo ha puntato il dito sulla pericolosità del metallo, al tempo stesso sgonfiando però la concentrazione di cromo esavalente rintracciato nella falda del cantiere: a San Basilio non ci sarebbero dunque pericoli.

Cromo esavalente, di cosa si sta parlando

Ingegner Bucci che cosa è, praticamente, il cromo esavalente?

E una forma specifica del composto del cromo.  Un metallo pesante che si presenta in due forme: cromo esavalente, o trivalente.  Quello esavalente, decisamente più nocivo, è presente nelle acque, così come nel suolo e dunque in natura. Ciò che deve accadere (e ciò su cui noi come Arpa siamo chiamati a vigilare) è che le concentrazioni di quel metallo restino fra i parametri contenuti nelle apposite tabelle previste dalla legge. Si monitorano quei valori attraverso analisi e valutazioni di tipo tecnico.

Ma se il cromo esiste in natura, quali interventi dell’uomo possono allora innescare la sua pericolosità o l’innalzamento della sua concentrazione?

L’alterazione può essere provocata da sversamenti di sostanze che contengono cromo 6 ad elevate concentrazioni. L’utilizzo di composti chimici che lo contengono, per esempio, può immettere cromo 6 dolosamente, o colposamente, in una falda. Ma non è tutto. Materiali come il cemento possono inoltre contenere del cromo. Quando quel cemento sarà esposto all’effetto delle acque, accadrà un fenomeno che viene definito come “lisciviazione”. Significa che l’acqua o la prima pioggia, a contatto con un composto solido, tenderà a raccogliere le sostanze più “sporche” di un terreno o dell’oggetto che incontrerà. Non a caso, la prima pioggia viene considerata alla stregua di un vero e proprio rifiuto. Se vi è dunque un cantiere sporco di sostanze varie, tracce di saldature o lastre in cemento, questi materiali potranno trasformare il più innocuo cromo trivalente in cromo esavalente. La presenza del cromo esavalente, inoltre, è riscontrabile nelle lavorazioni di cromatura dei metalli, eseguiti per renderli più resistenti davanti al processo di ossidazione. Lasciando quei metalli cromati sotto la pioggia, dunque, l’acqua provocherà il fenomeno della “lisciviazione”. Potrebbe accadere dunque che, a seguito di piogge cadute nei cantieri , l’acqua possa lisciviare il cromo dal composto solido, trasferendolo in una falda.

Quali sono le soglie di tollerabilità di cromo accettabili per l’ecosistema, secondo l’attuale impianto normativo?

Dicevamo che il cromo esavalente si può rintracciare nelle acque e nei terreni. Il valore definito dalle norme, inteso come quantità massima tollerata e che non crea dunque allarme, si chiama concentrazione soglia di contaminazione (anche abbreviata nell’acronimo csc, ndr). Noi abbiamo una normativa di riferimento, che è una sorta di bibbia ambientale. Si tratta del decreto legislativo numero 152/2006, che contiene due tabelle: una coi parametri relativi al monitoraggio delle acque, l’altro per quello relativo alla qualità dei suoli. Questi ultimi si dividono, a loro volta, in due tipologie: quelli residenziali e agricoli, nella tabella A e quelli industriali elencati nella tabella B. Sui terreni di fascia A, il cromo 3 tollerato è di 150 milligrammi per chilogrammo. Nelle zona industriali, invece, la soglia da non superare è di 800. Per il cromo 6, invece, la situazione cambia. Sui terreni privati o agricoli, il livello massimo è 2. Quindici, invece, per le aree industriali. Un dato che illustra perfettamente l’dea delle nocività di questo elemento. I valori che riguardano le acque ce ne danno conferma. Mentre il cromo 3 è tollerato per 50 microgrammi per litro, quello esavalente rasenta invece il valore 5. E’ tollerabile dieci volte in meno, per una tossicità evidente. Su come poi quei numeri incidano sulla salute dell’uomo non è più compito di Arpa, che si occupa di valutazione tecnico-ambientali.

Le conseguenze sull'uomo

La nocività del metallo è cosa arcinota. Gli effetti negativi sono stati riscontrati, nel corso degli anni, sulla funzionalità della tiroide, sulle neoplasie, su patologie respiratorie e sull’incidenza di tumori alla vescica. Che tipo di conseguenze provoca all’uomo? Lo abbiamo chiesto a Giovanni De Filippis, dirigente medico a capo del Dipartimento prevenzione della Asl del capoluogo salentino. 

Il cromo esavalente - ha risposto - è cancerogeno e causa di certe nepolasie, su questo non ci piove. Tuttavia nella zona del cantiere Tap non sono state riscontrate concentrazioni allarmistiche e, sempre in quell’area, ricordiamo che non si tratta della presenza di pozzi dell’Acquedotto pugliese, ma realizzati "in proprio". Nel dubbio, sono stati realizzati anche dei controlli sul depuratore vicino, nel timore che potessero esserci problemi, ma è risultato tutto nella norma. Se qualcuno scava per realizzare una buca per se stesso, può accadere di imbattersi in acqua non potabile. Le acque attinte dai pozzi (che dovrebbero essere per legge realizzati su autorizzazione della Provincia) spesso vengono attinte con finalità differenti dalla destinazione d’uso. Non sono quasi mai destinate all’uso domestico. Invece, nella zona del cantiere, così come nel resto del Salento, notiamo la presenza di queste cisterne da cui poi si attinge acqua, direttamente dalla falda, per altri scopi che non sono quelli esclusivamente irrigativi, ma usata anche per abbeverare gli animali, per esempio Acqua superficiale munta dalla falda che, va detto, si sta anche esaurendo, oltre ad essere inquinata. Con un danno notevole per l’ecosistema, oltre che per la sanità pubblica.

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