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Si urla al complotto per un photored, ma sulle regole poi ci si autoassolve

Abbiamo analizzato per mesi un angolo di Lecce. La sfida quotidiana al codice della strada, visto dal cittadino come un nemico

Di giorno e di notte, con il sole cocente, la pioggia scrosciante o la neve battente, non c’è condizione che freni l’istinto: quando la fretta chiama, il rispetto delle regole va a farsi friggere. Incrocio maledetto, chi se ne frega di cartelli e sensi di marcia, quando non esiste nemmeno il senso di colpa. Presto che è tardi, presto che è tardi: meglio sfidare la sorte, creare un imbuto, rischiare un frontale, che perdere un istante di più. Che c’ho la pentola sul fuoco, c’ho il bimbo al nido, c’ho semplicemente i fatti miei. E voglio il parcheggio proprio lì, nah!, sotto il negozio, meglio se dentro il negozio.

Rivoluzionario sperimentatore del posteggio improbabile, indefesso solcatore di corsie preferenziali, inguaribilmente allergico all’uso delle frecce direzionali, l’automobilista medio leccese, si sa, appena gira le chiavi nel quadro e innesta la marcia, avverte su di sé la chiamata alle armi. In guardia, codice della strada, questa città è troppo piccola per tutti e due.

La verità? Non c’è sempre una causa di forza maggiore per giustificare anche solo dentro se stessi un comportamento ingiustificabile, fino alla sospirata autoassoluzione (e amen). L’automobilista leccese, il più delle volte, rompe le regole e basta. Perché non le conosce, perché se ne fotte, perché ha solo noia di fare un giro più ampio.  E c’è un punto della città, vicino al tribunale, che sembra studiato apposta per mettere a nudo tutta la negatività di cui son colmi gli abitacoli. La summa dei comportamenti (pericolosamente) scorretti la trovate all’incrocio fra via  Vito Mario Stampacchia e via Colonnello Archimede Costadura.  

Video | La danza contromano dell'automobilista frettoloso

Chi arriva dalle spalle del tribunale e supera lo slargo in cui si divide via Stampacchia, in prossimità di via Costadura è obbligato a svoltare a destra. Avete presente quel cartello tondo, con una freccia bianca in campo blu? Bene. Ora che l’avete presente, dimenticatelo. E’ quello che fanno in tanti, ogni giorno, decine di volte. Perché molti vorrebbero tornare indietro, ma provano un immenso, insopportabile, insopprimibile, intollerabile, fastidio a raggiungere via Duca D’Aosta, poi da qui una prima rotatoria in via Giusti, quindi una seconda in piazza Ariosto, per risalire da via IV Novembre e ritornare all’incrocio fra le vie Costadura e Stampacchia. Un paio di minuti d’orologio contati persino con le condizioni di traffico peggiori. Ma per il frettoloso automobilista medio leccese equivalgono a un’eternità.

Orrori quotidiani: come ti violo il codice

Così, ecco il valzer al contrario, un bel giro contromano attorno al piazzale, e oplà. Fa niente se davanti o di lato arrivino altre autovetture, che magari hanno a loro volta pure visuale scarsa, fra parcheggio selvaggio, in doppia fila, sui marciapiedi, dove capita. E, anzi, forse è proprio questa commistione di infrazioni, la consapevolezza di essere circondati da concittadini non proprio virtuosi, a incoraggiare il malcostume. Così fan tutti. Ergo, posso anche fare di peggio.

E’ tutta la zona, per la verità, a celare insidie. L’incrocio fra le vie IV Novembre e Costadura probabilmente svetta nelle classifiche cittadine per il tasso di incidenti. La complessità è dovuta anche al fatto che persino i parcheggi regolari, racchiusi fra le strisce, non siano a norma con le distanze rispetto all’intersezione. Così, chi arriva da via IV Novembre deve sporgersi con serio rischio che il cofano venga decapitato. Meglio accompagnare la manovra con un segno della croce. Fra realtà e leggenda, nei bar circolano voci persino di frontali-laterali fra biciclette.  

Ma questo quadrante di vie, in fin dei conti, è solo un angolo, per quanto emblematico, di un più vasto universo, in cui domina la maleducazione dei salentini al volante. Lesti a strapparsi i capelli e a urlare allo scandalo e al complotto per un photored –magari a torto, magari a ragione, non è questo il punto -, ma mai pronti al mea culpa, mai persuasi che le norme esistano per un motivo, mai inflessibili verso se stessi.

Che volete che siano, minuzie. Fin quando le carrozzerie non cozzano e qualcuno ci rimette un braccio, una gamba, la vita. Poi arrivano le lacrime e con le lacrime i dibattiti a posteriori. E durante i dibattiti, si continua comunque con i comportamenti malsani. Aspetti “culturali” che nessuno si prende davvero la briga di correggere. Parliamoci chiaro: si accusano spesso i Comuni di far cassa con  parcheggi e sfruttando diavolerie tecnologiche, ma le multe per le valanghe di infrazioni che si vedono a ogni angolo, sono mosche bianche. Lo status quo resta il caos. Sarà che conviene a tutti. Il cane che si morde la coda, in un bagno d’ipocrisia e strafottenza generale.

“It must be a nightmare to drive in Italy”, sbottò una volta una mia cugina inglese, davanti all’anarchica interpretazione collettiva della rotatoria in piazzale del Bastione. “In Lecce”, la corressi subito. “In Lecce”.

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