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“Lecce ha risposto in maniera straordinaria. Ora più tamponi e sanità sul territorio”

Intervista al sindaco, Carlo Salvemini, dopo 50 giorni di lockdown. Commercio in crisi, aiuti alle famiglie, liquidità per garantire i servizi pubblici. Senza coesione, dice, una tragedia sociale e non solo economica

LECCE - Tutela della salute pubblica e ripresa delle attività economiche: tra questi due obiettivi fanno la spola i pensieri di tutti i sindaci d'Italia. Non ci sono differenze di schieramento, perché i primi cittadini sono i diretti interlocutori dei cittadini, per qualsiasi tipo di problema, anche di quelli che a livello locale non possono essere risolti perché i poteri necessari per farlo risiedono altrove.

Certo, c'è sempre qualcuno che per spirito di gregge si comporta in maniera più lealista del re - più per ricerca di visibilità o per eseguire qualche ordine di partito -, ma nella maggioranza dei casi i sindaci si stanno preoccupando di tenere unita una comunità che attraversa il caleidoscopio dei sentimenti passando dal terrore per l'infezione all'insofferenza per il lockdown e le misure di distanziamento nel giro di poche settimane. Molte famiglie, del resto, fanno i conti con la mancanza di liquidità, molte attività sono paralizzate - comprese quelle in nero - e allora la preoccupazione comprensibile è quella di arrivare a non avere un piatto in tavola. Non c'è solo un contrasto tra bianco e nero in questa vicenda epocale che ha cambiato i destini dell'Italia e di mezzo mondo, tra i sostenitori del "rimaniamo a casa" e quelli del "riaprire tutto", ma ci sono infinite sfumature che hanno a che fare con la vita di ciascuno di noi e le aspettative di un futuro dignitoso. E di questo un primo cittadino deve tenerne conto più di altri.

Video: l'estratto dell'intervista

Sindaco Salvemini, prima l’incontro con i gestori dei locali pubblici, che le hanno consegnato simbolicamente le chiavi delle attività e poi il confronto con i commercianti ambulanti: la situazione inizia a farsi molto pesante dal punto di vista economico e sociale.

“È pesante da un po’ a dire il vero: c’è stata una rinnovata richiesta di attenzione, di aiuto da parte di operatori economici che soffrono comprensibilmente. Da oltre 40 giorni non possono lavorare, alzare le saracinesche, posizionare i banchi: questo ha conseguenze serissime sui bilanci familiari, sulla possibilità di vivere e sopravvivere. Come sindaco avverto la responsabilità piena e sono anche emotivamente coinvolto. Devo agire, come tutti i miei colleghi, per essere rispettoso delle disposizioni del governo, dei decreti che sono costruiti per la tutela della salute pubblica, e verificare se e come si possa garantire nell’osservanza delle misure di distanziamento la ripresa di queste attività. Sono situazione diverse, con approcci di merito diversi: una cosa sono i commercianti in sede fissa o i pubblici esercizi o la vendita al dettaglio, altra gli ambulanti. Tutti hanno un minimo comune denominatore, quello di aver necessità di tornare a lavorare. Il presidente Conte oggi ha ripetuto che il rischio di contagio è alto, che siamo in piena epidemia Bisogna trovare un punto di equilibrio che, da una parte tuteli la salute di tutti, quindi anche degli stessi operatori e delle loro famiglie, dall’altra garantisca a queste persone di sopravvivere visto che per milioni di italiani si tratta di questo”.

Per una città a vocazione turistica come Lecce, il danno è ancora maggiore: viene meno l’imposta di soggiorno, ma mancano come per gli altri Comuni voci importanti di entrata. L’Anci ha chiesto risorse straordinarie per continuare a garantire i servizi: di quanto stiamo parlando, anche nel caso specifico di Lecce che ha una situazione finanziaria già di suo difficile?

“Siamo in una fase di sofferenza che naturalmente si è ulteriormente aggravata con questa emergenza che colpisce tutti gli enti. Secondo una prima valutazione fatta con gli uffici economico-finanziari e l’assessorato ai Tributi, abbiamo minori entrate per circa 20 milioni di euro. Significa che non si possono recuperare in altro modo. Il gettito da imposta di soggiorno, tassa di occupazione di suolo pubblico, tassa sui rifiuti, imposta sulla pubblicità, introiti da sanzioni derivanti dal Codice della strada, oneri di urbanizzazione è crollato clamorosamente. Dall’altra abbiamo bisogno di poter garantire i servizi pubblici che sono diritti di cittadinanza senza i quali le nostre comunità vanno gambe all’aria. L’Anci ha chiesto circa 5 miliardi di euro: ufficiosamente ne sono stati impegnati 3,5 che però devono essere ancora riportati nel decreto in attesa di approvazione. Poi vedremo quale importo sarà destinato alla nostra città: è complicato, ma i Comuni sono come aziende che però assicurano servizi pubblici. Se non ci sono entrate bisogna trovare la maniera per venirne a capo. Del resto lo Stato vive la stessa emergenza e allora che fa? Negozia con le autorità sovranazionale, in applicazione dei trattati sottoscritti, la possibilità di un disavanzo ulteriore. Noi, invece, abbiamo l’obbligo del pareggio di bilancio, quindi se ci vengono meno 20 milioni di entrate o troviamo il modo di recuperarle oppure dovremmo drammaticamente tagliare i servizi ma è una scelta che non intendo minimamente immaginare perché non voglio che l’emergenza economica si trasformi in tragedia sociale”.

Il suo manifesto politico amministrativo, con il quale ha vinto al primo turno dieci mesi fa, è stato “l’agenda del cambiamento”. Pensa che questa emergenza imprevista e profonda la costringa ad accantonale le linee strategiche di quel programma – piano urbanistico, piano delle coste, piano del commercio - per passare al “piano di sopravvivenza”?

“Gli indirizzi strategici restano inalterati: a breve porteremo in giunta il piano comunale delle coste per l’atto di adozione, cui seguirà la fase delle osservazioni prima dell’approvazione in consiglio comunale, andremo avanti con tutti i piani strategici di settore, come quello sulla mobilità, come il piano urbanistico. Stiamo lavorando su delibere importanti, parliamo di scelte per il futuro della città che non vogliamo in alcun modo sospendere. Naturalmente viviamo un tempo sospeso che vale anche per la vita politico-amministrativa: poi entreremo in un tempo nuovo nel quale bisognerà ricalibrare la propria prospettiva. Faccio un esempio: abbiamo approvato pochi mesi fa il nuovo regolamento dei dehors che definisce per la prima volta regole chiare, modelli rispettosi del patrimonio storico e monumentale. Ecco, quelle scelte oggi dobbiamo adattarle a un tempo diverso, quello che verrà scandito dalle regole del governo per i pubblici esercizi che vorranno riaprire e che però dovranno rispettare le misure di distanziamento: questo ci porta alla necessità di aumentare le superfici occupabili e quindi di sospendere il regolamento sui dehors per poter intanto definire regole adeguate al tempo e che sottoporremmo al consiglio comunale, che è sovrano”.

Molte forze politiche a livello nazionale parlano di un deficit di democrazia, con procedure troppo centralizzate, e anche a livello locale si alzano voci di scontento. Quando potranno ripartire i lavori degli organi consiliari?

“Poco fa abbiamo fatto un test di simulazione dello svolgimento del consiglio comunale. Le piattaforme ovviamente all’inizio bisogna conoscerle perché presentano difficoltà di utilizzo, che sono le stesse dei nostri figli che a un certo punto hanno dovuto fare i conti con la didattica a distanza, ma anche dei docenti e di tutti coloro che nella pubblica amministrazione si stanno confrontando col lavoro agile. Per noi c’è il dovere di rispettare le indicazioni del governo che sospendono le riunioni pubbliche e quindi di assicurare lo svolgimento delle funzioni democratiche in streaming. È chiaro che è faticoso, ma dobbiamo misurarci con questa necessità”.

In queste settimane che idea si è fatto sulla reazione della cittadinanza? Immagino che in una situazione così estrema abbia scoperto anche lei delle cose che non sapeva della città di cui è sindaco e nella quale i casi accertati dall'inizio dell'epidemia sono stati una settantina su oltre 90mila residenti.

Ho avuto conferme di questo vincolo solidaristico, comunitario, che si è esaltato in un momento di grande difficoltà. Stiamo reggendo grazie al lavoro prezioso degli uffici, naturalmente, dei volontari e delle associazioni che si sono affiancate a noi per dare una mano a chi ne ha bisogno, alle donazioni di molto benefattori oltre che con le risorse che abbiamo ricevuto dal governo nazionale e regionale. Questo è un valore importantissimo che considero una ricchezza da proteggere e che sarà importante preservare anche per il futuro. L’altra conferma è che la città ha risposto in modo straordinario: non saprei dirti se in modo sorprendente o meno. Io vedo che tutto il Paese ha manifestato una forma di resistenza civile collettiva che è straordinaria. I dati diffusi dal Viminale sul numero dei controlli effettuati e la percentuale di sanzioni effettuate lo stanno a dimostrare, ma c’è un dato che è ancora più importante: un Paese in emergenza economica e sociale è sotto controllo, questo non va dimenticato. È un atto di riconoscimento che le classi dirigenti devono alla collettività per la grandissima resistenza, per la tempra con la quale stanno vivendo questo tempo drammatico”.

Dopo “restiamo a casa” e “restiamo ancora a casa”, qual è il messaggio per la fase che dal 4 maggio vivremo e che, per certi versi, è stata anticipata dall’ordinanza regionale del 28 aprile?

“Io continuo a dire “faremo tutto bene” perché la gestione della fase uno e mezzo, chiamiamola così per convincimento, e poi quella della fase due, potrà garantire benefici al Paese solo se si assicurano due elementi: il primo è una grande prova di responsabilità individuale. Una cosa è infatti poter controllare con le forze di polizia una comunità alla quale si chiede di stare a casa, con i parchi e le piazze e le strade vuote; un’altra sarà quando si dirà ai cittadini che potranno, seppur motivandolo, tornare a fare una parte di ciò che si faceva prima. Quindi è una libertà condizionata che ora ci tiene insieme. È come se le autorità sanitarie nazionali avessero detto “secondo me il paziente deve restare ancora a casa” e il governo avessi risposto “firmo per le dimissioni”. Ecco noi siamo quel paziente che sa di dover essere attento. L’altro elemento è di tipo sanitario: questi due mesi devono essere serviti per dare al Paese alcune certezze: intanto dobbiamo saper assicurare un determinato numero di tamponi al giorno in modo da individuare le catene di contagio partendo dalle persone infette, i cosiddetti tracciamenti, come si sta facendo in Puglia grazie al lavoro coordinato dal professore Lopalco; poi i trattamenti, con le cure a domicilio con l’assistenza dei medici e con le unità di terapia intensiva e gli altri reparti dedicati che sono stati potenziati. Stiamo lavorando per aumentare il numero di tamponi per la cittadinanza, vedremo come l’applicazione scelta dal governo – Immuni – potrà aiutare le autorità sanitarie competenti per territorio. Quindi responsabilità individuale e organizzazioni dei servizi sanitari, ospedalieri e territoriali: senza queste gambe qualsiasi Fase 2 diventerebbe terribilmente complicata”.

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