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Sabato, 20 Aprile 2024
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Lottare in casa con il Covid: lettera aperta al presidente Emiliano

Numerosi i malati che da tempo stanno sostenendo uno sforzo molti impegnativo, eppure la loro condizione, complice l'emergenza, fino a ora è rimasta in secondo piano. Serve una svolta nella politica sanitaria

LECCE - Gentile presidente della Regione Puglia, il mio essere cronista e allo stesso tempo cittadino interessato dalla tempesta Covid-19 per esperienza a me molto vicina mi ha convinto, dopo diversi giorni di incertezza, a scrivere la riflessione che segue. Mi sono deciso a farlo dopo che, il 16 aprile, ho letto il comunicato stampa con il quale lei ha annunciato il varo delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale: ho tirato un sospiro di sollievo, infatti, ma sono anche rimasto perplesso leggendo, subito dopo, la data presunta di avvio del servizio, il 24 aprile.

Lei sa meglio di me che in questa fase emergenziale – nella quale sono convinto degli sforzi e delle migliori intenzioni da parte di più o meno tutti - l’assistenza domiciliare dei malati rappresenta uno degli anelli più deboli della catena. Ci sono persone che, praticamente da sole, hanno combattuto e stanno combattendo da molte settimane una battaglia a dir poco impegnativa, con prostrazione dal punto di vista fisico e grande sofferenza da quello psicologico.

Le chiedo, se possibile, di accelerare l’operatività delle USCA e di valutare – se già non lo sta facendo – il loro inserimento, almeno nel medio periodo, come struttura sanitaria flessibile e in grado di creare un nesso di congiunzione fondamentale, credo, sia per ridurre il numero dei ricoveri, che per migliorare il benessere dei pazienti. Si tratta di prendersi maggiore cura dei nostri concittadini, amici, familiari, di persone per certi versi fortunate rispetto all’evoluzione dell’infezione, ma sappiamo anche, oramai per esperienza, che in ambito domestico alcuni quadri clinici peggiorano in maniera tangibile e che dopo diventa difficile recuperare la situazione. E, più in generale, sono persone che percepiscono un senso di abbandono.

Il sistema dei medici di base, del resto, è stato colto alla sprovvista, sia per una oggettiva difficoltà di avere idee chiare sul piano terapeutico e sulle opzioni disponibili – e questa considerazione, ovviamente, mi sembra valga anche per le strutture sanitarie -, sia per una disarticolazione del sistema nel suo complesso che è stato sbilanciato tutto, e con ottime ragioni, sul contrasto della prima linea nel regime ospedaliero. Non sono mancati solo i dispositivi individuali di protezione, che hanno impedito, per esempio, un contrasto porta a porta, ma anche strategie preventive di organizzazione sul territorio.

Il mio scopo non è addossare colpe a nessuno e anzi, essendo abituato al rispetto dei ruoli e delle competenze, guardo con ammirazione allo slancio e alla professionalità di tante figure, perché anche del loro coraggio abbiamo esperienza diretta in quanto amici, parenti: dal professor Luigi Lo Palco, leccese di adozione e formazione, all’infermiere che gira per le case a fare i tamponi e che dice “nessun grazie, è il mio dovere”, dai volontari e dalla protezione civile che garantiscono servizi essenziali ai medici che anche nei reparti No Covid stanno garantendo uno sforzo enorme e prolungato, assicurando una vita normale a neonati venuti al mondo con diagnosi molto critiche, a pazienti che necessitano di trapianti urgenti, salvando, insomma, ogni giorno vite umane, sebbene il loro lavoro non faccia parte dei bollettini di questa emergenza.

Vorrei che la mia regione fosse indicata, in un tempo non molto lontano, come una di quelle che avranno saputo mettere in piedi un sistema di gestione - di questa e di altre eventuali emergenze - fatto di politiche sanitarie lungimiranti, in grado, nei limiti del possibile, di far sentire tutti, anche il paziente chiuso tra le quattro mura della sua abitazione, come membro di una comunità veramente solidale e in cammino verso un'efficienza che non possiamo solo invidiare ad altri.

Convinto come sono che non servano i toni della polemica né lo stile dell’insistenza aggressiva per avere delle risposte, mi affido a quanto le istituzioni della mia regione – col Dipartimento di Promozione della Salute in testa – sapranno fare da subito per garantire un lento ma solido ritorno alla normalità, che significa non solo riaprire ciò che è chiuso e ridare ossigeno all'economia, ma garantire ai cittadino visite specialistiche e consulti frequenti, perché questa infezione – non sempre, ma in certi casi – assesta colpi davvero pesanti.

Nota: Al 17 aprile erano 2mila e 4 le persone in Puglia in isolamento obbligatorio a casa: alcune asintomatiche, certo, alcune lievemente sintomatiche, ma altre alle prese con sintomi giudicati complessivamente severi.

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