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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Portoselvaggio, alla ricerca delle origini dell'uomo

L'inizio della campagna di scavi coincide significativamente con il primo anniversario della scomparsa di Arturo Palma di Cesnola

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccePrima

Una grotta sino a oggi mai "indagata" a Portoselvaggio è al centro delle ricerche delle Università di Bologna (Dipartimento di Beni Culturali) e Siena (Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente – Unità di Ricerca di Preistoria e Antropologia) che, in convenzione con il Gruppo Speleologico Neretino (a cui si deve la scoperta della maggior parte dei giacimenti preistorici ad oggi noti in area neretina), hanno iniziato gli scavi (con la direzione del prof. Stefano Benazzi) dopo una segnalazione dello stesso GSN.

L'inizio della campagna di scavi coincide significativamente con il primo anniversario della scomparsa di Arturo Palma di Cesnola, il grande studioso che, insieme al collega Edoardo Borzatti von Löwenstern, avviò le ricerche preistoriche nella baia di Uluzzo. Le ricerche si pongono in continuità con le indagini pregresse che, a partire dagli inizi degli anni ’60 del secolo scorso, hanno contribuito ad accrescere notevolmente le conoscenze del mondo scientifico sul popolamento umano dell’Europa mediterranea nel corso del Paleolitico, portando spesso alla ribalta della cronaca le importanti scoperte avvenute in questo territorio. In particolare l’area neretina è nota a livello internazionale per aver ospitato, circa 45mila anni fa, alcuni fra i primi gruppi di uomini moderni giunti in Europa, forse direttamente dal continente africano.

Questa storia inizia nel 1963 durante la prima campagna di scavo alla Grotta del Cavallo (nella baia di Uluzzo) - con l'identificazione di un aspetto culturale sino ad allora sconosciuto e indicato come "uluzziano" - e prosegue nel 1964, quando Palma di Cesnola rinvenne nel più antico livello uluzziano due minuscoli denti decidui appartenenti rispettivamente a un infante deceduto all’età di circa un anno e a un fanciullo che perse il dente a circa 12 anni di età, che sono attualmente conservati presso il Museo della Preistoria di Nardò. Le metodologie in vigore a quel tempo non furono, però, in grado di attribuire questi reperti dal punto di vista tassonomico. Pertanto, in base alle conoscenze dell’epoca anche il complesso rinvenuto alla Grotta del Cavallo venne classificato come un’espressione del mondo neandertaliano.

Solo nel 2011, grazie all’applicazione di metodologie all’avanguardia, Stefano Benazzi, in un articolo sulla prestigiosa rivista Nature, identificò i due denti raccolti dal Palma di Cesnola come appartenenti a Homo sapiens, sancendo definitivamente la natura moderna del tecno-complesso uluzziano. Molte altre pubblicazioni si sono susseguite da quel momento in poi sull’Uluzziano e fra gli studi più recenti (2019) è da segnalare quello su “Nature Ecology and Evolution”, che spiega il modo in cui i classici strumenti semilunati uluzziani venivano utilizzati come punte di freccia o di giavellotto lanciati con armi meccaniche. Un ulteriore primato spetta dunque all’Uluzziano: quello di aver permesso di retrodatare la comparsa dell’arco/propulsore in Europa di almeno 20mila anni.

Oggi con i nuovi scavi si spera dunque di accrescere le conoscenze sull’Uluzziano ed altre fasi non meno importanti della preistoria, tanto da trovare risposte sempre più chiare ai molti interrogativi che riguardano le origini biologiche e culturali dell'essere umano. Le nuove metodologie di indagine sul campo e in laboratorio prospettano infatti la possibilità di raggiungere orizzonti mai visti nell’interpretazione dei dati raccolti durante lo scavo, fornendo elementi inediti sulla tecnologia, il comportamento sociale ed economico e la vita spirituale dei nostri antichissimi predecessori.

I due atenei operano su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, del Comune di Nardò e del Parco Naturale Regionale Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Beneficiano inoltre del supporto logistico, oltre che dello stesso Gruppo Speleologico, degli operatori dell’A.R.I.F. (Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali), nonché di un contributo economico dell’Ue.

"Dobbiamo a chi, prima di noi, ha gettato le fondamenta dell'attuale patrimonio conoscitivo - dicono dal Gruppo Speleologico Neretino - se adesso possiamo perseguire obiettivi così ambiziosi. Vogliamo pertanto fare un affettuoso saluto allo scopritore dell'Uluzziano da parte della terra meravigliosa e degli amici che lo hanno incontrato ancora giovane ricercatore"

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