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“Rispettate la distanza di un metro tra gli operatori”: l'appello ai call center

Cgil, Cisl e Uil denunciano problemi in alcune sedi e propongono di adottare il telelavoro per svuotare parzialmente i locali

LECCE – Le norme sulle azioni di contenimento da mettere in campo per bloccare l'avanzata del coronavirus sono severe e stanno creando non poche difficoltà alle aziende che si devono riorganizzare velocemente.

È questo il caso dei call center che rappresentano un polmone verde per l'economia locale e offrono un impiego stabile a centinaia di persone, in un Salento martoriato dalla crisi.

Ma proprio l'alta concentrazione di operatori nei luoghi di lavoro ha fatto scattare sull'attenti i sindacati che reclamano la massima attenzione sul mantenimento della distanza di sicurezza tra gli operatori telefonici per evitare il contagio.

I delegati di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil stanno verificando proprio in queste ore, metro alla mano, la situazione nelle aziende locali.

Le segnalazioni dei lavoratori non sono mancate, come spiega Andrea Schirinzi, rsu di Cgil: “I problemi ci sono e non sono di facile soluzione: alcuni locali rispettano le norme con sedute a scacchiera che lasciano libere alcune postazioni, onde evitare di lavorare gomito a gomito, ma non dappertutto. Abbiamo già avuto un primo confronto con gli amministratori di Comdata, il più grande call center del territorio, e l'azienda si è detta già disponibile a venire incontro alle esigenze dei lavoratori sfruttando ferie e congedi, ma la discussione è aperta. Oggi pomeriggio i delegati sindacali delle tre sigle incontreranno nuovamente l'azienda per cercare una soluzione”.

“Oltre alle sedute da rivedere, con una conformazione a scacchiera, infatti, non mancano le occasioni di assembramento: Comdata conta 1300 dipendenti e, con i lavoratori a progetto e somministrati, contiamo una platea di 1800 persone che si danno il cambio e inevitabilmente si incontrano, quanto meno nei corridoi”, osserva il sindacalista.

“L'azienda ha intanto distanziato i lavoratori con familiari che presentano patologie o immunodepressi, ma riteniamo che sia necessario svuotare parzialmente le sedi, lavorando da remoto – puntualizza Schirinzi -. Tra il dire e il fare, però, c'è di mezzo il committente perché i call center lavorano per conto terzi e devono essere proprio i committenti ad autorizzare la fuoriuscita dei propri dati dalla sede di lavoro”.

Questa riorganizzazione non è semplice da mettere in atto, da un giorno all'altro, anche in assenza di strumenti legislativi ad hoc: “Gli operatori devono gestite tutte le piattaforme dei clienti, i data base e non tutti dispongono di connessioni internet e computer nelle proprie abitazioni”.

Secondo Schirinzi la situazione potrebbe persino precipitare da un momento all'altro: “Se entra in crisi il settore delle telecomunicazioni avremo un contraccolpo pesante sull'economia salentina e sulla vita di migliaia di famiglie. Intanto siamo anche in attesa dei decreti sulla cassa integrazione in deroga perché il comparto non è coperto da ammortizzatori strutturali: così rischiamo di restare senza una copertura finanziaria che possa tamponare una crisi prossima ad esplodere”.

“La situazione è in divenire, tutto cambierà in base alle nuove direttive ministeriali – aggiunge il collega Gianni Bramato di Fistel Cisl -. Da giorni abbiamo chiesto alle aziende il rispetto delle norme sulla distanza e l'intensificazione delle operazioni di pulizia. La distanza di un metro è naturalmente garantita nelle postazioni classiche dotate di divisori, ma non tutte le postazioni sono attrezzate e alcune sono anche più piccole”.

“Non vogliamo certo che le aziende chiudano i battenti ma bisogna tutelare la salute di tutti. Stiamo intervenendo in modo duro, verificando tutte le situazioni e chiederemo alle aziende di seguire una linea comune. Se un call center rispetta le norme e un altro no, si creano condizioni di dumping e l'azienda virtuosa rischia di essere penalizzata, perdendo i volumi che verrebbero girati ad un concorrente meno attento”, precisa l'esponente Cisl.

Massimo Passabì di Uilcom Uil conferma le difficoltà: “Incontreremo Comdata nel pomeriggio di oggi, 10 marzo, ma, dal mio punto di vista, l'unica soluzione passa dall'attivazione del telelavoro per almeno una parte degli operatori: è necessario far lavorare da casa almeno il 30 o il 40 percento del personale, così da svuotare parzialmente le sedi e distanziare le postazioni degli operatori. A Casarano la società Covisian, per esempio, ha chiuso l'accesso agli estranei proprio per evitare assembramenti e sta predisponendo gli elenchi che raccolgono le disponibilità informatiche dei dipendenti”.

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