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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Un leccese su tre è a rischio povertà: il lato oscuro del Natale fotografato da Caritas

Sono 36mila gli abitanti con reddito troppo basso e 9 mila i poveri assoluti. Tra loro anche pensionati e padri separati. Le mense distribuiscono 550 pasti al giorno. "Un allarme sociale"

LECCE - Da un lato l’opulenza del Natale, le luci, gli addobbi, lo shopping frenetico in centro, il traffico ingolfato. Dall’altro le file alle mense della Caritas, gli alloggi di fortuna per strada, le case coloniali occupate nelle campagne, i cartoni ammassi su di una panchina, le notti all’addiaccio con coperte sbrindellate.

È la doppia faccia del Natale. Il lato oscuro delle feste che quasi nessuno vuole vedere a Lecce, come altrove. Il capoluogo è una delle tipiche città del Sud in cui la soglia del reddito medio si è così tanto abbassata da collocare nella fascia a rischio di povertà interi nuclei famigliari, single, separati, 50enni che hanno perso improvvisamente il lavoro e migranti, tanti.

L’Istat ogni anno diffonde una fotografia inquietante del Paese, che preoccupa in particolare il Mezzogiorno d’Italia a causa della diffusa disoccupazione. E la capitale del barocco rientra perfettamente nella media statistica.

“Non c’è lavoro, le persone sono cadute in disgrazia e nel corso degli anni è aumentato soprattutto il numero di italiani a rischio povertà. La situazione è allarmante”, commenta don Attilio Mesagne, direttore della Caritas Diocesana. Un parroco di provincia che si fa carico degli ultimi, erogando servizi primari e praticando concretamente la carità.

Una persona che ha il polso della situazione e che può fornire dati significativi: su una popolazione leccese di 96mila persone, 36 mila sono a rischio. Un terzo degli abitanti del capoluogo, quindi, ha un livello di reddito basso che è pari a circa 6 mila/ 7 mila euro l’anno. Mensilmente guadagna, quindi, circa 600 euro ed è bel sotto la soglia di povertà fissata, proprio dall’Istat, a 812 euro.

Ci sono poi i residenti che cercano di tirare avanti con un reddito addirittura inferiore o pari a zero. E sono circa 9 mila. Interi nuclei famigliari che non possono contare su alcuna entrata economica e si appoggiano alla misera pensione dei nonni oppure alle pensioni di invalidità che pure sfiorano i 300 euro mensili.

“Il numero dei poveri sta avanzando in tutta la provincia, anziché arretrare. E anche a Lecce esistono i cosiddetti nuovi poveri, ovvero le persone separate che lasciano la casa coniugale a moglie e figli e si ritrovano senza un letto e un tetto. Talvolta persino senza un lavoro”, racconta don Attilio.

Le mense e gli alloggi per i poveri

La disperazione si tocca con mano nelle mense della Caritas: 12 diurne e 7 notturne che offrono colazione, pranzo e cena a chi ne ha bisogno. In totale vengono erogati circa 550 pasti al giorno. Gli italiani che prima erano il 20 percento, ora sono raddoppiati, superando il 40 percento del totale degli utenti abituali. Un dato importante.

“Esistono anche i frequentatori occasionali, come i pensionati e gli invalidi che non arrivano a fine mese. In fila si trovano intere famiglie con bambini minori. Un vero disastro – prosegue lui -. Per aiutare tutti abbiamo aperto anche 2 empori della solidarietà in cui distribuiamo i pacchi dono che contengono indumenti e generi alimentari e 2 ambulatori medici per distribuire farmaci a chi non se li può permettere. In alcuni casi, particolarmente gravi, ci facciamo carico del pagamento del ticket per le visite mediche”.

Un altro capitolo spinoso è quello dell’accoglienza: la rete di assistenza messa in piedi dalla Caritas regge a fatica. Il numero di posti letto è del tutto insufficiente a soddisfare le richiese che arrivano alle parrocchie e che possono essere prese in carico.

“Disponiamo di circa 50 posti letto divisi tra la Casa della carità che si trova nel centro storico e due distaccamenti in periferia, uno presso la casa canonica della parrocchia San Massimiliano Maria Kolbe e l’altro presso la parrocchia San Vincenzo De’ Paoli”, spiega don Attilio.

Gli interventi delle istituzioni che latitano

E gli altri dove vanno? “Qualcuno trova alloggio presso la Masseria Ghermi, bene confiscato alle mafie e che il Comune di Lecce ha dato in gestione alla Croce Rossa, una struttura che ospita migranti e non solo. Sono tanti, poi, quelli che cercano riparo in case abbandonate e masserie fuori porta”.

Un vero e proprio allarme sociale, dunque. Che pure non sembra essere affrontato con misure strutturali e risolutive, come spiega il referente della Caritas: “Servono interventi forti da parte delle istituzioni che ormai, invece di lavorare per il bene comune e la giustizia sociale, si preoccupano esclusivamente del benessere individuale senza misura. Così si allarga la forbice sociale: c’è chi muore di fame e chi ha la pancia troppo grossa”.

“La carità deve presupporre la giustizia sociale altrimenti diventa elemosina”. E la Caritas, sostiene lui, non è nata solo per donare pacchi e mance ai più deboli. “Il nostro primo servizio è di tipo formativo e spirituale, dobbiamo rieducare alla giustizia sociale dinanzi a tanta povertà culturale e mentale. Abbiamo compiuto troppi passi indietro: dobbiamo tornare a sentirci tutti fratelli e sorelle, nell’ottica di una multiculturalità perché appartenenti ad un’unica razza umana”.

In occasione del Natale poi la Caritas ha organizzato un cenone il 18 dicembre nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola: “Tre anni addietro abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con l’amministrazione penitenziaria e ci siamo accorti di come i detenuti consumino il pasto ciascuno da solo, nella propria cella. Il cenone sarà un’occasione per riunire tutti e sarà preparato dai ragazzi delle V classi dell’Istituto superiore Presta-Columella di Lecce”.

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