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Cronaca

Accusò Barba di usura, finisce condannato per calunnia

Per colpa sua il senatore si era visto ingiustamente accusato di usura. Ma una volta che la sua totale innocenza è emersa, l'ex patron del Gallipoli calcio a sua volta ha accusato 57enne di calunnia

LECCE - Per colpa sua il senatore Vincenzo Barba si è visto ingiustamente accusato del reato di usura. Ma una volta che la sua totale innocenza è emersa, l'ex patron del Gallipoli calcio a sua volta l'ha accusato di calunnia. E per questo giudice Pietro Baffa ha condannato ad un anno e mezzo di reclusione Salvatore Magno, 57enne residente nella cittadine jonica.

Il pubblico ministero onorario Tonia Rossi aveva invocato una pena di due anni di reclusione; inoltre il Tribunale ha stabilito un risarcimento danni in favore della parte civile di 30mila euro. La vicenda prese il via diversi anni fa. Tra il 1997 e il 2000 il senatore prestò a Magno, che era in difficoltà economica, la somma complessiva di circa 160 milioni di lire, senza mai pretendere nulla in cambio o chiedere interessi. Nel dicembre 2001 Barba gli effettuato un ulteriore prestito, questa volta di 50 milioni di lire, dietro richiesta dell'odierno imputato. Oltre ad essersi reso garante per Magno nei confronti della Unicredit, sottoscrivendo una fideiussione bancaria dell'ammontare di cento milioni di lire.

Nel 2003 Magno deposita una denuncia contro Barba in Procura accusandolo di usura: secondo la difesa, questa mossa sarebbe stata giustificata dall'intenzione di Magno di cercare di evitare di restituire quanto percepito. Ed in effetti il senatore fu sottoposto ad un'indagine penale, eseguita dalla guardia di finanza, al termine della quale era poi emerso che Barba non avrebbe mai chiesto un centesimo al 57enne, conclusasi poi con un'archiviazione chiesta dallo stesso pubblico ministero. Di qui poi la denuncia del senatore. Barba si era costituito parte civile con l'avvocato Silvio Verri, Magno era assistito dall'avvocato Viola Messa.

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