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Cronaca

Appalti e tangenti nella Marina Militare, ufficiale leccese ottiene i domiciliari

Ha lasciato il carcere il capitano di fregata Giuseppe Coroneo, 46enne leccese, vice direttore del Maricommi Taranto, uno dei sette arrestati nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte tangenti legate agli appalti della Marina Militare. Il gip di Taranto ha concesso all'ufficiale i domiciliari

LECCE – Ha lasciato il carcere il capitano di fregata Giuseppe Coroneo, 46enne leccese, vice direttore del Maricommi Taranto (la Direzione di commissariato militare marittimo, impegnata per rendere ogni idoneo supporto alle navi italiane ed alleate impegnate in diverse parti del mondo come parte integrante del sistema Marina), uno dei sette arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte tangenti legate agli appalti della Marina Militare. Il gip del Tribunale di Taranto Pompeo Carriere, ha concesso all’ufficiale i domiciliari. Accolta l’istanza  del suo legale, l’avvocato Massimiliano Petrachi. Coroneo ha difeso in maniera decisa il proprio operato, contraddistinto da rigorosità e trasparenza. Nei suoi confronti vi sarebbe un singolo episodio contestato sulla base delle dichiarazioni del capitano di fregata Roberto La Gioia. Dichiarazioni che non avrebbero, secondo quanto dichiarato da Coroneo, alcun riscontro, tanto da risultare fumose.

Sette le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite nei giorni scorsi dai carabinieri del comando provinciale di Taranto guidati dal colonnello Giovanni Tamborrino nei confronti dell'attuale e due ex vice direttori del Maricommi, un ex capo reparto, un sottufficiale capo deposito, un dipendente civile addetto alla contabilità del reparto e un capo ufficio del settore logistico dello Stato Maggiore della Marina militare, tutti accusati di concussione. Gli arresti sono stati eseguiti a Roma, Napoli e Taranto. Si tratta, oltre che di Coroneo, di Attilio Vecchi, di 54 anni (in servizio al Comando Logistico di Napoli); il capitano di fregata Riccardo Di Donna, di 45 anni (Stato Maggiore della Difesa-Roma); il capitano di fregata Marco Boccadamo, di 50 anni (Stato Maggiore Difesa-Roma); il capitano di fregata Giovanni Cusmano, di 47 anni (Maricentadd Taranto); il luogotenente Antonio Summa, di 53 anni (V reparto Maricommi Taranto); e Leandro De Benedectis, di 55 anni (dipendente civile di Maricommi Taranto).

Secondo l’ipotesi accusatoria, tuta da dimostrare, da più di dieci anni gli imprenditori erano tenuti a pagare il 10 per cento del valore delle commesse per aggiudicarsi i lavori. Un sistema ben collaudato per il gip del Tribunale di Taranto Pompeo Carriere, che nella sua ordinanza evidenzia il fatto che gli indagati imponevano agli imprenditori un “vero e proprio pizzo in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia, che ha causato nel complesso danni notevoli sia alle singole imprese che all’intera economia locale, sostanzialmente alla stregua dell’agire della malavita organizzata, ma con – in peggio e in più – l’aggravante dell’essere tali deplorevoli condotte poste in essere da dipendenti (civili e, in massima parte, militari) dello Stato, che hanno giurato fedeltà alla Repubblica e all’osservanza delle regole, innanzitutto deontologiche, dell’ordinamento di appartenenza”. Secondo gli investigatori le tangenti venivano riscosse dall'ufficiale alla guida del quinto reparto e poi divise in percentuali a seconda degli accordi con chi aveva seguito l'iter amministrativo della pratica.

L'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Maurizio Carbone, ha avuto una brusca accelerazione il 13 marzo del 2014 quando i carabinieri arrestarono in flagranza di reato il capitano di fregata Roberto La Gioia, 45 anni, comandante del quinto reparto di Maricommi, fermato nel suo ufficio subito dopo aver intascato una tangente di duemila euro da un imprenditore. Questo aveva già denunciato tutto ai carabinieri sostenendo di aver subìto per anni il "sistema del 10 per cento" e versato tangenti per circa 150 mila euro per mantenere l'appalto dello smaltimento delle acque di sentina delle navi militari. Fra casa e ufficio del militare, gli investigatori trovarono circa 44mila euro ma soprattutto alcune pen drive su cui era annotata la contabilità occulta e la lista delle imprese che pagavano tangenti. Da lì gli sviluppi dell’indagine che ha portato ai sette arresti. 

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