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Cronaca Vernole

In manette all'alba un 34enne. E’ accusato del rogo dell’auto del comandante

All'alba i carabinieri hanno tratto in arresto Antonio Cucurachi, originario di Caprarica di Lecce. L'uomo avrebbe dato fuoco alla Skoda "Octavia" del luogotenente dell'Arma, Carmine Schirinzi, che dirige la stazione di Vernole

LECCE – L’arresto è scattato alle prime luci dell’alba. Antonio Cucurachi, 34enne originario di Caprarica di Lecce ma residente a Vernole, è stato catturato dai carabinieri nella sua abitazione. Nei suoi confronti, l’arrestato è assistito dall’avvocato Silvio Verri, è stata emessa un’ordinanza di custodia cautela dal gip Carlo Cazzella. L'uomo è ora detenuto in regime di arresti domiciliari.

Su di lui, sin dalle prime battute, si erano concentrati i sospetti degli inquirenti (coordinati dal sostituto procuratore Roberta Licci) quale autore dell’incendio che aveva completamente distrutto l’auto del comandante della stazione dei carabinieri di Vernole, il luogotenente Carmine Schirinzi

La notte tra il 26 e il 27 febbraio scorso, poco prima dell’una, l’autovettura privata del comandante, una Skoda “Octavia”, era stata cosparsa di liquido infiammabile ed era poi stato appiccato il fuoco. Il militare dipendente dalla compagnia di Lecce l'aveva parcheggiata nei pressi di un'abitazione non lontana dalla sua, in via Enrico Toti. Le fiamme avevano anche annerito parte della facciata della palazzina di un cittadino.

CUCURACHI ANTONIO-2Un gesto che aveva suscitato preoccupazione e allarme, vista la probabile matrice intimidatoria dell’attentato incendiario. Troppe, infatti, le coincidenze (sotto il profilo temporale, geografico e investigativo) con l’operazione denominata “Network”, il blitz antimafia che meno di 24 ore prima aveva portato all'arresto di 43 presunti affiliati alla frangia leccese della Sacra Corona Unita. Coincidenze che facevano suppore si fosse trattato di una ritorsione nei confronti del comandante all'indomani degli arresti di un’indagine che ha visto il comandante operare in prima linea. Vernole, infatti, risulta una delle piazze principali coinvolte nell’operazione, indicata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia come la roccaforte di Andrea Leo, alias Vernel, reggente dell’omonimo clan.

Le indagini: ripreso da più telecamere. 

Nel mettere a segno l'attentato, Cucurachi, di mestiere barista, ha commesso molte leggerezze che gli sono valse l'arresto eseguito oggi. Il 34enne non si era infatti accorto che una telecamera di sorveglianza stava imprimendo nella propria “memoria” tutti i suoi movimenti: dall’ingresso in via Enrico Toti, con un contenitore in mano, fino alla fuga, poco dopo, mentre il bagliore delle fiamme testimonia il divampare dell’incendio. Dalla visione di quelle immagini i carabinieri hanno riconosciuto Cucurachi, perché già noto alle forze dell’ordine: nell’agosto del 2013 avrebbe tentato di dar fuoco all’abitazione di un uomo per ragioni passionali.

Cucurachi mentre prende la benzina-2Quando, nella stessa notte del 27 febbraio, i carabinieri hanno bussato alla sua porta,  il 34enne era intento a giocare alla Playstation con tre amici, tutti del posto, di cui uno minorenne. Si tratta di M.A., B.S., D.D.N., poi denunciati a piede libero per favoreggiamento personale. Il gruppo aveva concordato un alibi, che però è crollato durante gli interrogatori singoli: se in un primo momento era stato unanimemente dichiarato dai quattro di aver trascorso le ore precedenti al rogo in un locale, poco distante, e poi in un altro, nella frazione di Pisignano,  in seconda battuta i militari avevano rilevato ampie discordanze su orari, mezzi usati per lo spostamento, persino sugli abiti indossati. Anzi, proprio gli indumenti hanno contribuito ad incastrare Cucurachi: durante le ricerche nella sua abitazione, infatti, i militari notarono un paio di jeans e un giubbotto bianco appena lavati e distesi per asciugare, del tutto simili a quelli visti nei frammenti del video. Un fatto insolito, quello di fare il bucato a quell’ora in pieno inverno.

Cucurachi_fugge-3Altre immagini, acquisite poco dopo dai militari, hanno dimostrato che il 34enne aveva acquistato della benzina, versata in una tanica, giusto dieci minuti prima dell’incendio. Subito dopo la sosta presso l’impianto di carburanti, l’uomo era quindi transitato dall’abitazione del luogotenente con la propria vettura, come se stesse effettuando un sopralluogo. E al bar di Pisignano, l’autore del rogo si è effettivamente recato, ma solo dopo aver scatenato l’incendio: lì, ad attenderlo, c’erano i suoi amici.

I riscontri oggettivi delle immagini e tutte le conclusioni investigative hanno spinto il pubblico ministero Roberta Licci a richiedere l’arresto, perché dalla condotta del 34enne è emersa non solo la volontà del danneggiamento, ma quella di dar luogo a un incendio di vaste proporzioni, posta la vicinanza dell’auto ad un’abitazione, a dei contatori del gas, di fatto danneggiati e ad altre vetture. Il giudice per le indagini preliminari, Carlo Cazzella, ha accolto la richiesta anche in riferimento all’episodio del 2013.

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