Caso "siriani", Riesame respinge richiesta di arresto. Corretta la decisione del gip
Fu corretta la decisione del gip Carlo Cazzella di scarcerare, in sede di convalida dell’arresto, i cinque cittadini stranieri (quattro siriani e un iracheno) arrestati a metà febbraio perché trovati in possesso di documenti d’identità falsi. A stabilirlo i giudici del Tribunale del Riesame
LECCE – Fu corretta la decisione del gip Carlo Cazzella di scarcerare, in sede di convalida dell’arresto, i cinque cittadini stranieri (quattro siriani e un iracheno) arrestati a metà febbraio perché trovati in possesso di documenti d’identità falsi. A stabilirlo i giudici del Tribunale del Riesame (presidente Silvi Piccinno, relatore Antonio Gatto), che hanno rigettato l’appello presentato dalla Procura.
I cinque camminavano lungo la litoranea che collega le marine di Andrano e Castro. Una strada spesso battuta da migranti, approdati sulla costa salentina in cerca di speranze e futuro. I carabinieri della compagnia di Tricase individuarono 17 persone, sicuramente sbarcate poco prima sul litorale di Marina di Andrano. Cinque di loro, maschi adulti di età compresa tra i 19 e i 43 anni, esibirono quattro carte d’identità rumene e una patente di guida della Repubblica Ceca, intestate a nominativi di chiara origine di quei paesi.
Il particolare che attirò l’attenzione dei militari fu che nessuno dei possessori dei documenti parlasse la lingua dei paesi d’origine dei documenti. Pertanto i militari controllarono i documenti con l’ausilio delle strumentazioni del Reparto operativo (lampada di wood che evidenzia le informazioni latenti dei documenti genuini, quali codici alfanumerici, immagini e ologrammi). Gli esami evidenziarono che le carte d’identità erano palesemente false, mentre la patente della Repubblica Ceca, benché autentica, ritraeva l’effige di un soggetto, trovato in possesso di un passaporto iracheno e un tesserino militare. I cinque quindi, su disposizione della Procura della Repubblica di Lecce, furono arrestati con l’accusa di possesso e fabbricazione di documenti falsi, falsa dichiarazione sulle proprie identità e ricettazione. Il gip, pur convalidando l’arresto, ne dispose la liberazione affidandoli all’ufficio immigrazione. La sera del 18 febbraio i cinque si allontanarono dal centro don Tonino Bello di Otranto facendo perdere le proprie tracce.
La Procura di Lecce (del fascicolo è titolare il pubblico ministero Giuseppe Capoccia) ha poi presentato appello contro la scarcerazione dei cinque mediorientali, che potrebbero aver già lasciato l’Italia e che sono di fatto irreperibili. Una scarcerazione che ha suscitato dubbi e polemiche. Molti, secondo l’accusa, gli elementi sospetti a carico dei cinque. Da una perizia eseguita (pochi giorni dopo la scarcerazione) sui telefoni cellulari e su alcuni supporti in loro possesso, sono state estrapolate immagini e video di armi e combattimenti. Vi sono poi documenti e bonifici che gli inquirenti ritengono sospetti e interessanti sotto il profilo investigativo. Il sospetto è che non si tratti di semplici migranti ma soggetti legati in qualche modo a gruppi terroristici e fondamentalisti.
Secondo i giudici, però, non può essere contestato il reato di ricettazione (relativo ai documenti) perché commesso all’estero e non sussistono le esigenze cautelari. Per il possesso di falsi documenti di identificazione, inoltre, non è prevista la custodia cautelare preventiva e “allo stato – scrivono i giudici – non può certamente prevedersi l’applicazione, nei loro confronti, di una pena “in concreto” superiore a due anni di reclusione”. Riguardo alle immagini e ai video trovati sui cellulari di due degli indagati (un 18enne e un 21enne siriano) che “raffigurano uomini armati, un uomo ucciso a morte violenta e delle armi”, i giudici evidenziano come il consulente della Procura abbia affermato che “al momento non è possibile georeferenziare le immagini e stabilire con precisione se si tratta di immagini provenienti da scatti fotografici prodotti dal dispositivo che si analizza o aventi origine diversa”. “Sostanzialmente – scrivono i giudici – non è possibile affermare che le immagini in questione siano state riprese dai dispositivi sottoposti a sequestro o meramente trasferite da altri dispostivi o da Internet”. Per il Riesame non si può affermare che le immagini “si riferiscano certamente a gruppi terroristici di matrice islamica”. È condivisa, inoltre, la considerazione del gip secondo cui “appare irragionevole pensare che eventuali terroristi arabi giungano in territorio italiano in condizioni precarie e a bordo di una piccola imbarcazione di fortuna, correndo l’elevatissimo rischio di perire durante il tragitto”.