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Cronaca Tricase

Chirurgia estetica, per il Tribunale anche la clinica risponde dei danni

Risarcimento di 6mila euro e di spese per una paziente di Tricase che aveva lamentato alcuni insuccessi. Per il giudice anche la struttura deve risarcire

LECCE – In tema di chirurgia estetica, laddove non si parli di cure in senso stretto, ma di aspettative del paziente, non solo il medico, ma anche la clinica che mette a disposizione spazi e strumentazioni, è chiamata a ripagare per eventuali danni o risultati insoddisfacenti. L’ha stabilito il Tribunale di Lecce in una recente sentenza. Per inciso, il danno estetico è da liquidarsi in via equitativa. Non si può applicare il “Decreto Balduzzi”, che vale solo per la responsabilità extracontrattuale.

Interventi dal 2009 al 2011

Il caso in questione riguarda una donna di Tricase ed è segnalato in una nota stampa dallo Sportello dei diritti di Lecce, al quale la stessa pazienta si era rivolta. A seguire la vicenda, uno degli avvocati dell’associazione, Francesco Toto.  

In breve, è accaduto questo. La donna ha richiesto le prestazioni di un noto chirurgo estetico che svolgeva la propria attività in una clinica bolognese e tra il 2009 ed il 2011 si è sottoposta a una serie d'interventi. Compenso totale, 16mila 926 euro e 86 centesimi, così ripartiti: 4mila 416 in favore della casa di cura, 10mila 507,24 al chirurgo e 2mila 003,62 per gli anestesisti.

La causa ha riguardato nello specifico chirurgo e clinica. La donna, infatti, ha lamentato la mancata esecuzione di un intervento di lipoffiling e un risultato non migliorativo per tutte le altre prestazioni. Ha così richiesto il rimborso di quanto pagato al medico e il risarcimento dei danni.

Per il giudice anche la clinica in causa

Il giudice onorario Alida Accogli, analizzando il caso, prima ha rigettato l’eccezione d’incompetenza territoriale formulata da medico e clinica, rilevando la competenza del Foro del consumatore quale giudice inderogabile, poi ha accolto la domanda della paziente. Ad avviso del giudice, la responsabilità della casa di cura, infatti, è comprovata dalle fatture dei pagamenti effettuati a titolo di retta, degenza e utilizzo della sala operatoria. Di fatto, vi sarebbero state una serie esecuzioni chirurgiche che il professionista non avrebbe potuto erogare senza l'utilizzo di quel bene strumentale.

Due le linee di pensiero

Quanto alla responsabilità relativa alla prestazione, va detto che in materia di obblighi a carico del chirurgo estetico risultano al momento due filoni giurisprudenziali opposti, uno “di risultato” (sentenza di Cassazione 10041/1994) e l’altro come obbligazione “di mezzi” (Cassazione 12253/1997). Tuttavia, rileva il Tribunale di Lecce, che “al di là della configurazione giuridica del tipo di prestazione di cui dovrebbe rispondere il chirurgo estetico (se di mezzi o di risultato) nell'ipotesi d'insuccesso terapeutico, ciò che deve rilevare è l'aspettativa che il paziente ripone in un'attività medico corretta a cui ricorre, generalmente, come il caso in disamina, al solo scopo di migliorare l’aspetto estetico e, quindi, per raggiungere un determinato risultato e non per curare una malattia”.

La conseguenza di ciò, è “che il fine rappresentato dal miglioramento sperato non costituisce solo un motivo per cui il paziente ricorre all'intervento di chirurgia ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, determinandone la natura stessa del vincolo pattizio”.

Fondamentale la consulenza

Per il danno effettivamente risarcibile, fondamentale è stata la consulenza tecnica d’ufficio. Questa, da un lato ha rilevato un risultato estetico soddisfacente, almeno in parte, per quanto riguarda alcuni degli interventi eseguiti, anche per stessa ammissione della paziente; dall’altra, ha rilevato l’inutilità di uno di questi e il fatto che fosse rimborsabile, oltre alla sussistenza di un pregiudizio estetico risarcibile in via d’equità.

Per il giudice, dunque, “la pretesa risarcitoria di matrice contrattuale va quindi limitata al costo per l'asportazione del granuloma, stimato dall’ausiliario in euro 500, alla restituzione di parte dei compenso non giustificato da tale insuccesso e dall'assenza di indicazione e necessità chirurgica alla esecuzione del lipofilling alle braccia, oltre al danno estetico da liquidarsi in via equitativa, non potendo trovare applicazione il “Decreto Balduzzi” introdotto con Decreto Legislativo numero 158/2012 trattandosi di normativa che regola il solo aspetto risarcitorio extracontrattuale”.

In totale, la donna è stata risarcita di 6mila euro. Al chirurgo e alla clinica, nonché alle loro rispettive compagnie assicuratrice, la condanna anche alle spese di lite e della consulenza tecnica d’ufficio.

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