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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Gallipoli

Colpi da distanza ravvicinata. "Ma non volevo uccidere"

Il 52enne di Monteroni ha risposto al gip. "Il secondo colpo partito accidentalmente". Si era dato appuntamento con il marocchino dopo una lite con il cognato. Nel corpo trovati otto pallini e borre

GALLIPOLI - Abdellatif El Farissi, marocchino, 29enne, residente a Matino, quel giorno è andato ad un appuntamento con la morte (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=29386). Sicuramente, non considerava l'idea di potersi trovare di fronte un uomo armato. Era il pomeriggio del 10 agosto, e a Gallipoli, come altrove, i più pensavano già dove sistemarsi per scrutare il tetto di stelle ed esprimere un desiderio, di fronte a qualche cometa, nella notte di San Lorenzo. Lui, invece, aveva un conto in sospeso e un chiarimento urgente da fare con un altro commerciante ambulante.

"Non volevo ucciderlo", ha confidato oggi al giudice per le indagini premilitari Antonia Martalò, il reo confesso dell'omicidio. Sergio Rizzo, 52enne di Monteroni di Lecce, è in carcere, a Borgo San Nicola, con le accuse di omicidio aggravato, detenzione e porto abusivo di arma modificata e ricettazione. Il fucile con cui ha fatto fuoco due volte era stato rubato nel 2001 (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=29398).

Questa mattina, in carcere, a difendere Rizzo, c'erano gli avvocati Luigi Rella e Fabio Frassanito. L'uomo ha risposto alle domande del giudice ed ha raccontato la sua versione dei fatti. Chiarendo, però, subito, che il secondo colpo sarebbe partito in modo accidentale. Un aspetto, ovviamente, tutto ancora da vagliare. L'uomo ha ricostruito tutte le fasi dalla sua prospettiva, dalla furiosa lite, avvenuta non esattamente con El Farissi, ma con un altro commerciante, cognato del marocchino, fino alle ultime ore, quelle della sparatoria mortale. La vicenda si divide in due momenti principali, dunque, ma lo scenario è sempre lo stesso: l'area del mercato di via Alfieri, a Gallipoli. Dove i diverbi, per la collocazione delle bancarelle, non sarebbero stati infrequenti fra i vari protagonisti di questa drammatica storia. E anche quella mattina, sarebbe divampata una lite per i posteggi nell'area.

C'erano ovviamente molti testimoni, ed è anche per questo che i carabinieri del nucleo investigativo di Lecce e della compagnia locale, diretti dai capitani Biagio Marro e Stefano Tosi, sono riusciti a ricostruire tutta la vicenda a grandi linee, avendo già un quadro della situazione prima che lo stesso Rizzo si costituisse presso la caserma di Monteroni, dopo essersi consultato con i suoi famigliari. Sono stati proprio loro ad esortarlo a fare il passo e di non complicare ancor di più una situazione già di per sé molto delicata.

Al gip, Rizzo ha spiegato di aver fissato un appuntamento con El Farissi per le 18 proprio lì, nella pineta alle spalle del mercato, per definire tutta la faccenda. Lì, dove è stata trovata la Renault Clio del marocchino, aperta e con i finestrini abbassati. Segno, forse, che pensava di dover risolvere la cosa in pochi minuti. Ma semmai anche l'intenzione fosse stata quella di arrivare ad una qualche forma di accordo, la situazione è ben presto precipitata. Perché ci sarebbe stata una colluttazione, seguita poi dagli spari.

A proposito del fucile, calibro 12 con canne mozze e caricato con cartucce da caccia. Rizzo ha detto al giudice di avere quell'arma sempre con sé, da tempo, in auto, per sicurezza personale, perché nel suo mondo di commerciante ambulante i pericoli sarebbero sempre in agguato. E, dunque, sulla scorta di questa tesi, si potrebbe ritenere che il 52enne non sia partito volontariamente da casa con l'intenzione di ferire o uccidere il rivale.

Tant'è. Ad un certo punto, il fucile è spuntato fuori. L'avrebbe agguantato dall'auto per spaventare il rivale. Il primo sparo - sempre secondo il racconto dell'uomo - sarebbe stato indirizzato verso il basso. El Farissi, colpito alla gamba destra, presumibilmente s'è accasciato. Poi, il secondo colpo, al petto. Ma questo, a detta del monteronese, sarebbe partito involontariamente. Vero o meno che sia, gli spari si sono rivelati letali. Il marocchino ha fatto a tempo a comporre il 112, a dire ai carabinieri, con un filo di voce, di essere ferito. Poi, il silenzio. Morto dissanguato.

Dall'autopsia, eseguita nel tardo pomeriggio di ieri dal medico legale Alberto Tortorella, su incarico del sostituto procuratore Giuseppe Capoccia, arriva una conferma di rilievo, per l'inchiesta. Entrambi gli spari sono stati indirizzati verso El Farissi da una distanza ravvicinata. Lo dimostrerebbe il fatto che dal corpo non solo sono stati estratti ben otto pallini (e altri potrebbero ancora essere all'interno), ma anche e soprattutto due borre. Cioè, i cilindri di feltro che separano la polvere dal piombo. Questo, per gli investigatori, lascia ipotizzare che la distanza fra El Farissi e Rizzo non dovesse essere superiore al metro e mezzo circa. In caso contrario, molto probabilmente le borre sarebbero state rinvenute sul terreno, nei pressi del corpo martoriato, e non all'interno del cadavere. Si è ancora in attesa, intanto, delle analisi sugli stub, utilizzati per il prelievo dei residui di polvere da sparo sul corpo del 52enne. Di questo, se ne stanno occupando i Ris di Roma.

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