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Cronaca Parabita

Il commissariamento del Comune di Parabita è illegittimo: parola di Tar

Senza dei giudici laziali sul ricorso dell'ex sindaco Alfredo Cacciapaglia e di alcuni consiglieri. Il provvedimento era stato disposto per presunte infiltrazioni mafiose

PARABITA – Secondo il Tar del Lazio è illegittimo il provvedimento di scioglimento del Comune di Parabita firmato dal presidente della Repubblica, per infiltrazione mafiosa, e deliberato dal Consiglio dei Ministri il 17 febbraio del 2017.

La decisione era stata presa in seguito all’operazione condotta dai carabinieri ribattezzata “Coltura” e agli approfondimenti disposti per iniziativa del prefetto di Lecce, Claudio Palomba: tra le persone finite in arresto anche il vice sindaco, Giuseppe Provenzano, perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, poi scarcerato e in attesa di giudizio.

Per l’avvocato Pietro Quinto che insieme al suo collega Luciano Ancora ha difeso Alfredo Cacciapaglia, primo cittadino fino allo scioglimento e i consiglieri comunali interessati, “giustizia è stata fatta”. I legali hanno documentato e argomentato, evidentemente con successo, i vizi del procedimento, che sarebbe stato incardinato su un collegamento forzato tra i fatti oggetto delle indagini penali riguardanti un’ampia zona del territorio del Sud Salento e le vicende amministrative del Comune di Parabita, senza che vi fosse una prova del presunto condizionamento subito dalla giunta di Cacciapaglia.

Quinto e Ancora hanno sostenuto la linearità della condotta dei loro assistiti: né il sindaco, né altri esponenti dell’amministrazione – hanno fatto notare ai giudici laziali - erano stati chiamati in causa, nemmeno con la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini. Cacciapaglia aveva inoltre revocato l’incarico a Pronvenzano e dopo il decreto di scioglimento si era detto convinto della correttezza dell’azione amministrativa del governo cittadino, preannunciando il ricorso che ora ha trovato accoglimento, almeno nel primo grado di giudizio.

“In termini istituzionali – ha dichiarato l’avvocato Quinto – lo scioglimento del Consiglio Comunale è un atto straordinario perché incide su una delle istituzioni fondamentali della Repubblica Italiana. Come si legge nella Carta Costituzionale infatti la definizione della Repubblica comprende innanzitutto il Comune, quale luogo dove si esprime nella forma più diretta la volontà popolare. Perché lo Stato possa intervenire sciogliendo il Consiglio Comunale devono sussistere elementi certi e indiscutibili che dimostrino come la gestione amministrativa dell’ente sia effettivamente inquinata o possa esserlo per effetto di infiltrazioni malavitose. Nel caso di Parabita non solo non vi era stata questa dimostrazione ma si era disconosciuto il ruolo di alta professionalità svolto dal sindaco Cacciapaglia, professionista affermato, che esercita l’attività di avvocato, eletto ben due volte e nei confronti del quale alcun addebito era stato mai sollevato in qualsiasi sede”.

"Sotto il profilo strettamente giuridico – ha aggiunto il noto amministrativista leccese  – le censure sollevate dalla Commissione di indagine su singole vicende amministrative si erano dimostrate del tutto insussistenti, come ad esempio la vicenda del mancato sgombero di due abitazioni di case popolari, dimenticando che la competenza non appartiene al Comune bensì all’istituto gestore degli alloggi, e che ancora oggi, a distanza di un anno dall’insediamento dei commissari, lo sgombero non è neppure avvenuto”.

Una vicenda centrale riguarda il servizio di nettezza urbana: la relazione della commissione che era stata insediata dal prefetto di Lecce avrebbe ignorato del tutto le iniziative assunte dal sindaco Cacciapaglia per sollecitare l’Ambito Ottimale comprendente il territorio del Comune di Parabita (ARO 9) affinché venisse pubblicato il bando per l’affidamento del servizio. Proprio per iniziativa del sindaco, hanno ricordato gli avvocati, era intervenuta l’Autorità nazionale anticorruzione.

Scarica la sentenza sul Comune di Parabita

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