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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Complici dei Cerfeda": una condanna e due assoluzioni

Cinque anni di reclusione per Angelo Campanile, 36enne. Assoluzione per insufficienza di prove nei confronti di Oronzo Falbo, 47enne di Lecce, e Gianfranco Levante, 31enne di San Pietro Vernotico

LECCE - Cinque anni di reclusione per Angelo Campanile, 36enne leccese. Assoluzione per insufficienza di prove nei confronti di, Oronzo Falbo, 47enne anch'egli di Lecce, e Gianfranco Levante, 31enne di San Pietro Vernotico. E' stato questo il verdetto dei giudici della seconda sezione penale (presidente Pietro Baffa, a latere Michele Toriello e Giuseppe Biondi) davanti ai quali si è svolto il processo che ha visto i tre imputati del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Affiliati della Scu, presunti fiancheggiatori del clan Cerfeda: i fratelli Filippo e Simone sono stati i loro principali accusatori. Le dichiarazioni dei pentiti hanno fatto in modo da far finire i loro nomi nel registro degli indagati. Sono infatti risultate fra loro concordanti quelle che vedevano il coinvolgimento di Campanile, che ha ricevuto una pena più aspra di quella chiesta nella scorsa udienza dal pubblico ministero Guglielmo Cataldi. Il 5 febbraio scorso al termine della sua requisitoria, Cataldi aveva invocato quattro anni di reclusione per tutti gli imputati. Ma nel caso di Falbo e di Levante la richiesta non è stata accolta: per il Tribunale non sono emersi elementi volti a provare la loro colpevolezza. E questo perché gli indizi più gravi nei loro confronti erano proprio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che nel loro caso però si sono rivelate essere contraddittorie.

Si è detto che facevano parte della Scu, e che la loro partecipazione sarebbe stata provata da alcuni vaglia postale che erano stati emessi dai membri del clan Cerfeda per "mantenerli" durante il loro periodo di detenzione in carcere. Ma quest'accusa è stata smontata dai difensori. Nel caso di Falbo, è emerso come abbia ricevuto quattro vaglia, che gli erano stati inviati dai familiari; Levante ne avrebbe poi ricevuto uno solo dal fratello. A difenderli gli avvocati Giancarlo dei Lazzaretti, Antonio Savoia e Luigi Rella; Campanile era difeso dall'avvocato Paola Scarcia.

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