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Cronaca Castro

Crollo di Castro, sette condanne e sei assoluzioni in primo grado

Sono sette gli imputati condannati nel processo per il crollo che il 31 gennaio del 2009 sfregiò il volto di piazza Dante a Castro. Gli imputati erano finiti a giudizio con l'accusa di concorso in disastro colposo. Sei le assoluzioni. Le parti civili saranno risarcite in separata sede

LECCE – Sette condanne e sei assoluzioni. E’ questo il verdetto del processo di primo grado per il crollo che il 31 gennaio del 2009 sfregiò il volto di piazza Dante a Castro. Gli imputati erano finiti a giudizio con l’accusa di concorso in disastro colposo, “per colpa consistita in imprudenza, imperizia, negligenza e inosservanza di regole di sicurezza nell’esecuzione di lavori edili”. Per loro il pubblico ministero Giuseppe Capoccia aveva chiesto, al termine della lunga requisitoria con cui aveva ricostruito con precisione e dettagli tecnici le cause del crollo, pene tra i due e un anno.

Due anni la pena inflitta a Martino Ciriolo, Marcello Baccaro e Maria Fedele, proprietari e conduttori degli immobili coinvolti nel crollo. Un anno e sei mesi la condanna per Angelo Rizzo, Antonio Fersini, Luigi Fersini e Gabriele Fersini, progettisti e titolari delle imprese che hanno eseguito i lavori. Il giudice Pasquale Sansonetti ha condannato gli imputati al risarcimento delle parti civili, da stabilirsi in sede civile. Pena sospesa e non menzione della condanna per tutti.

Assoluzione, invece, “perché il fatto non sussiste” per Giovanna Lazzari (assistita dall’avvocato Annagrazia Maraschio), Fernando Schifano, Rinaldo Coluccia e Gaetano Ciccarese. Assoluzione, “perché il fatto non costituisce reato”, per Domenico Fersini e Francesco Rizzo. Infine, assoluzione per un capo d’imputazione, per Angelo Rizzo e Antonio Fersini.

E’ stata la perizia depositata dai consulenti tecnici d’ufficio nominati dalla Procura della Repubblica di Lecce, i professori Amedeo Vitone e Carlo Viggiani, e gli ingegneri Fabrizio Palmisano e Pietro Foderà (ex comandante provinciale dei vigili del fuoco di Lecce) a stabilire che il crollo è stato causato dall’attività dell’uomo e non da cause naturali. I quattro esperti hanno dimostrato come la mano dell’uomo intaccò gradualmente la collinetta tufacea prossima al porticciolo della località balneare.

L’accusa ha puntato il dito contro i lavori che furono eseguiti in alcuni esercizi commerciali: lo “Speranbar”, “Sport pesca mare” e la pasticceria “Le delizie”. Lavori che indebolirono gravemente una parte strutturalmente molto importante dell’edificio contiguo all’area del crollo, e in esso parzialmente coinvolto, realizzati in parziale difformità rispetto al progetto originario. Era il tardo pomeriggio del 31 gennaio 2009 quando piazza Dante, fiore all'occhiello della località marina, si trasformò in un cumulo di macerie. Ad essere coinvolti nel crollo furono diversi immobili fra negozi ed abitazioni private. Solo alcune fortunate coincidenze e il fatto in quel gelido sabato pomeriggio di gennaio il luogo fosse pressoché deserto, evitarono che la vicenda assumesse i contorni della tragedia. Fu una delle persone poi finite a giudizio ad accorgersi della presenza di strane crepe e a invitare tutti i presenti a fuggire dal luogo del crollo.

Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Amilcare Tana, Luigi e Roberto Rella, Angelo Pallara e Luigi Corvaglia.

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