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Cronaca Squinzano

Dalla Francia al Salento, sulle strade della droga anche una scia di sangue

L'indagine "Déjà vu", cui è poi seguita quella denominata "Vortice", ha delineato le nuove rotte del traffico di sostanze stupefacenti. Tanti gli intrecci, con un recente agguato, e accordi capaci di appianare i contrasti, dopo quasi un quarto di secolo, tra due clan storici: i Tornese e i De Tommasi

LECCE – Il blitz scatta il 10 maggio del 2009. Un pomeriggio tiepido di primavera in cui i carabinieri arrestano per concorso in traffico e detenzione illecita di sostanza stupefacente cinque persone: Salvatore Milito 42enne di Campi Salentina; e i francesi Patrizio Manso 37enne; Cyril Cedric Savary, 37enne (residente a Lecce); Marina Ayad, 31anni e Samira Bellal 33enne. I cinque, tra l’altro, coltivavano piante di marijuana in una serra nascosta in un appartamento nel centro di Lecce, sorvegliato da telecamere a circuito chiuso.

E’ il primo importante sviluppo investigativo di un’inchiesta nata alcuni mesi prima, nell’ultimo trimestre del 2008, e condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Lecce. Si tratta della prima (di una lunga serie) operazione condotta dal capitano Biagio Marro, subentrato al comando del Nucleo.

L’operazione, denominata “Déjà vu”, delinea pian piano movimenti e dinamiche di un traffico di sostanze stupefacenti che dalla penisola salentina conduce sino alla Francia. Un’inchiesta che sembra portare indietro le lancette del tempo, agli anni settanta e l’epopea criminale del “clan dei marsigliesi”.

Così come allora, sono alcuni pregiudicati francesi, capeggiati secondo gli inquirenti da Cyril Cedric Savary, a gestire i contatti con la criminalità locale e a fare da intermediari con i trafficanti di droga, non più tunisini ma colombiani e spagnoli. Tra arresti e sequestri di droga l’indagine subisce una nuova impennata nel duplice tentato omicidio di Luca Greco e Marino Manca, avvenuto nel pomeriggio dell'8 settembre del 2012 (18 anni di reclusione la condanna inflitta a Salvatore Milito in primo grado).

Milito avrebbe estratto una pistola, cercando di colpire Manca, ma invano, perché l'arma si sarebbe inceppata, permettendo a questi di fuggire. Più sfortunato sarebbe stato Greco, intrappolato in casa e impossibilitato a fuggire: l’arrestato lo avrebbe prima colpito con il calcio della pistola e poi con un coltello, ferendolo gravemente. L’agguato sarebbe maturato, secondo l’ipotesi accusatoria, proprio nell’ambito di contrasti legati alla supremazia territoriale di gruppi criminali operanti nel comune di Squinzano e nelle zone limitrofe. Un regolamento di conti commissionato, secondo quanto emerso nell’operazione odierna, proprio da Sergio Notaro e Cyril Cedric Savary.

Cinquantaquattro anni, noto nell’ambiente con il soprannome di “Panzetta”, Notaro ha un lunghissimo curriculum criminale, fatto di precedenti per furto, violazione obblighi da misure di prevenzione, rapina, sequestro di persona, porto abusivo di armi, detenzione di sostanze stupefacenti, oltre ad altri reati minori. Soprattutto, però, per la condanna subita nel 1992 per associazione per delinquere di tipo mafioso per aver fatto parte della Sacra corona unita, al clan che faceva capo a Giovanni De Tommasi. Ed è considerato un punto di riferimento per le dinamiche malavitose a Squinzano e zone limitrofe, ancora in grado di infondere timore anche solo con il proprio nome.

L’indagine “Déjà vu”, cui è poi seguita quella denominata “Vortice” e condotta dai carabinieri del Ros, al comando del colonnello Paolo Vincenzoni, ha delineato le nuove rotte del traffico di sostanze stupefacenti. Un mercato fiorente destinato a rifornire le piazze del nord Salento, fino a Lecce, Brindisi e Taranto. Un mercato redditizio capace di portare a una nuova della nuova fase della Scu salentina: la pax mafiosa. Una nuova strategia dell’appianamento dei contrasti e dell’abiura della guerra, capace di fornire un nuovo terreno fertile alle strategie criminali che, seppur in forma molto più sommersa rispetto al passato, tendono alla conquista del territorio e degli interessi economici.

Accordi e interessi capaci di appianare i contrasti, dopo quasi un quarto di secolo, tra due clan storici: i Tornese e i De Tommasi. Una rottura e una guerra scoppiata con l’omicidio di Ivo de Tommasi (fratello di Gianni, “capo bastone” di Campi Salentina), assassinato nel lontano 1989

Un’esecuzione che aveva, di fatto, scatenato la guerra tra i due clan, un tempo alleati, lastricando di sangue e proiettili le strade del Salento). Franco Santolla, condannato all’ergastolo per quell’omicidio, aveva pagato a caro prezzo la sanguinosa lotta tra sodalizi criminali. Nel maggio del 1996 un commando armato di quattro persone aveva assassinato il figlio Romualdo, appena 18enne. Una vendetta trasversale che aveva spezzato la vita di chi con la mafia salentina non c'entrava assolutamente nulla. Lui non aveva altra colpa che essere il figlio del presunto boss, estraneo per il resto a qualunque gioco di potere della criminalità organizzata nel Salento. Forse anche per quello i genitori decisero di donare gli organi del ragazzo assassinato. 

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