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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

De Santis: chiesto l'ergastolo per presunto omicida

E' stato chiesto il carcere a vita per Vito Nestola, 63enne di Copertino, accusato di essere l'assassino dell'imprenditore. Diversi sarebbero gli indizi a carico, ma l'imputato si proclama innocente

LECCE - E' stato chiesto il carcere a vita per Vito Nestola, 63enne di Copertino, accusato di essere l'assassino dell'imprenditore Antonello De Santis, ritrovato carbonizzato e parzialmente mutilato all'interno del furgone aziendale lungo la strada che collega Copertino a Nardò il 14 marzo 2005. Il pubblico ministero Paola Guglielmi ha invocato l'ergastolo al termine della sua requisitoria davanti ai giudici della Corte d'Assise, durata circa due ore, nel corso delle quali ha ricostruito le indagini e gli indizi che a suo avviso porterebbero ad identificare Nestola come presunto carnefice.

Secondo l'accusa, il 63enne avrebbe ucciso la vittima poiché Antonello De Santis sarebbe stato d'intralcio al suo piano per rilevare l'azienda oli vinicola Martinelli; Nestola infatti era suo socio in affari, e nell'ultimo periodo sembra che tra i due ci fossero delle acredini. Pare, infatti, che l'azienda stesse attraversando un periodo di difficoltà economica, e furono così avanzate alcune richieste di finanziamento per risanare la situazione. Quei soldi però non furono mai concessi, poiché Nestola risultava protestato. L'uomo aveva inoltre un grosso debito con De Santis: gli aveva, infatti, consegnato assegni per un ammontare complessivo di 240 mila euro per l'affitto dei capannoni aziendali, che però la vittima non aveva mai riscosso, e che sono stati poi ritrovati nel suo ufficio.

Quel pomeriggio, De Santis si sarebbe dovuto recare con Nestola da un avvocato leccese, il quale stava curando le pratiche per la riabilitazione dell'uomo al fine di ottenere i finanziamenti. Ma proprio quel giorno la vittima aveva ricevuto una telefonata dagli istituti di credito i quali gli annunciavano di aver respinto le loro richieste proprio per la condizione di Nestola. Dall'avvocato non arrivarono mai. Intorno alle 19 i vigili del fuoco trovarono a soli otto chilometri dall'azienda il furgone in fiamme con dentro il corpo carbonizzato di De Santis. Nel suo ufficio le luci erano ancora accese, dentro vi erano i cellulari ed i suoi oggetti personali, inclusi gli assegni che Nestola gli aveva dato. Secondo le indagini del commissariato di Nardò, pare che fu proprio il presunto assassino a vedere per l'ultima volta vivo l'imprenditore. Poi c'è la testimonianza di un poliziotto, il quale passò occasionalmente vicino al camion in fiamme.

L'agente disse che nelle immediate vicinanze vide una Fiat Brava di colore scuro con a bordo un uomo mentre un altro entrava velocemente nell'abitacolo. E pare proprio che il nipote di Nestola, con il quale l'imputato era in contatto telefonico quel pomeriggio, possedesse quel modello di auto. Inoltre, dall'esame delle celle telefoniche sarebbe emerso come il 63enne intorno alle 18 fosse stato nei pressi della strada dove poi è stato trovato il furgone. Nestola però si è sempre proclamato innocente. Uno dei legali di parte civile, l'avvocato Diego Mansi, ha chiesto 700 mila euro di risarcimento. Nella prossima udienza che si terrà il 15 discuteranno l'altro legale della famiglia De Santis, Giuseppe Bonsegna, ed il difensore dell'imputato, l'avvocato Angelo Pallara. Al termine delle arringhe si dovrebbe poi arrivare a sentenza.

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