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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Gallipoli / Via Lazzari

Ordigni contro auto della polizia e due carabinieri: denunciati tre minorenni

La sera dell'11 dicembre, a Gallipoli, due esplosioni a distanza ravvicinata. Le indagini condotte dagli agenti del commissariato e dalla Digos hanno consentito l'identificazione degli autori

GALLIPOLI – Piccoli uomini. Con una personalità spiccata. E la capacità di reggere il confronto. Si sono posti con freddezza, davanti alle domande incalzanti della polizia. Nonostante due abbiano solo 15 anni e un terzo 16, hanno sempre mantenuto lo sguardo alto, rispondendo, ricostruendo e alla fine ammettendo le proprie responsabilità. C’erano troppi elementi a loro svantaggio per negare. Gli indumenti, immortalati dalle videocamere e sequestrati, tanti fotogrammi, altri dettagli.  

Il movente? Non n’esiste uno specifico. O meglio, è da ricercarsi nell’avversione generica verso le forze dell’ordine. C’è l’istinto ribelle adolescenziale, certo, e gli investigatori l’hanno visto anche da certe espressioni colorite sui loro profili Facebook. Ma è unito, in questo caso, a un vissuto già forte sulla propria pelle. I ragazzi in questione, uno gallipolino, gli altri di comuni limitrofi, sono già noti al Tribunale per i minori di Lecce. E provengono a loro volta da famiglie con disagio, in cui sono diversi i parenti che hanno avuto esperienze con la giustizia.

Una miscela esplosiva, in un ragazzino. E dal vandalismo puro, il lancio di petardi solo per il gusto di farlo, infastidire e provocare soprassalti, fino all’atto criminale vero e proprio, il passo è stato breve.

Un’indagine minuziosa ha permesso agli agenti del commissariato di Gallipoli e alla Digos di Lecce di arrivare, in tempi relativamente brevi, a identificare gli autori del lancio di veri e propri ordigni, bombe carta di potenziale non indifferente, prima contro due carabinieri del Norm, rimasti contusi, poi, nell’arco di poco tempo, sotto una volante di polizia parcheggiata di fronte all’ingresso del commissariato, in via Lazzari.

Tutto in una notte, praticamente, quella fra sabato 10 e domenica 11 dicembre. Vicenda che aveva destato vivo allarme, vuoi perché Gallipoli, in qualche modo, è spesso nell’occhio del ciclone (basti pensare che il pluripregiudicato Marco Barba, ritenuto vicino al gruppo di Rosario Pompeo Padovano della Scu, era stato arrestato solo pochi giorni prima dai carabinieri della compagnia locale per una serie di  crimini, non ultimi presunti tentativi d’estorsione al politico e imprenditore Sandro Quintana), vuoi perché, con certi chiari di luna in giro, un attacco così violento alle forze dell’ordine cela un’insita gravità.

Il tutto, peraltro, in un momento prefestivo, con la vendita già in atto, sottobanco, di ordigni artigianali. E con tutti i rischi connessi che si corrono a ogni Natale. E, a proposito: è proprio a questo florido mercato parallelo che i tre si sarebbero rivolti per fare la scorta, sia di petardi, sia di vere e proprie bombe carta, micidiali involucri pieni di polvere pirica compressa, più grandi di un pugno e con miccia lunga. I nomi dei fornitori, però, non li hanno fatti.

Colpisce la storia, soprattutto perché si è passati in un baleno dall’atto istintivo (la prima bomba carta, lanciata contro due carabinieri) a quello pianificato: per par condicio, centrare anche la polizia, “abbattendo” una volante. Con tanto d’interminabile appostamento di cinque minuti dietro alle auto in sosta, in attesa che non passasse nessuno per affondare il colpo.

GLI ATTACCHI A CARABINIERI E POLIZIA

IMG-20161211-WA0012_1481459291308-5I fatti da cui si è sviluppata l'indagine sono ben noti. Quella sera intorno alle 22,40, presso la centrale operativa dei carabinieri era giunta la telefonata di un anziano. Lamentava esplosioni continue nella zona di piazzetta Carducci. I due carabinieri arrivati per un controllo, però, non avevano trovato persone sospette. Inoltrandosi in via Chiaiese per una verifica più accurata, erano stati colti di sorpresa dal lancio di un grosso ordigno da parte di un giovane con cappuccio, appostato in fondo alla strada, e fuggito con altri due. Evidentemente, l’arrivo di una pattuglia doveva aver seccato, e non poco, i tre, costretti a sospendere i loro “giochi pericolosi”.

Scoppiando, quell’ordigno aveva quasi scaraventato per aria i militari. Uno di loro, addirittura, si era dovuto aggrappare alla ringhiera di una scala per non cadere. Sotto choc e costretti a ricorrere alle cure mediche, la prognosi era stata di nove giorni per “traumi acustici alla regione auricolare”.

Ed era solo l’antipasto. Sovreccitati dall’impresa, i tre, a quel, punto, avevano organizzato anche un raid davanti al commissariato. Chissà, forse solo perché, qualche minuto più tardi, avevano incrociato una volante di polizia. Probabilmente, dovevano aver pensato che fosse già stata sguinzagliata proprio in cerca di loro. Invece, gli agenti erano solo di ronda e nemmeno avevano ancora saputo quanto accaduto ai loro colleghi carabinieri.

Tant’è: verso mezzanotte, il secondo atto. Arrivati in via Lazzari, avevano collocato un nuovo ordigno rudimentale sotto una Seat Leon in dotazione al commissariato. La deflagrazione aveva fatto saltare il fanalino posteriore destro, il paraurti e persino una grata di metallo a protezione di una finestra dell’edificio. Un’esplosione di rara potenza.

LA FASE INVESTIGATIVA

IMG_0571-2Da qui sono partite le indagini, delegate a commissariato di polizia e Digos. Che non sono state facili, come hanno spiegato i rispettivi dirigenti, i vicequestori aggiunti Marta De Bellis e Raffaele Attanasi.

Le immagini in mano alla polizia, estrapolate dal sistema di videosorveglianza, mostrano tre giovani fermi per almeno cinque minuti dietro le auto, attendendo l’attimo propizio. Il che già ha lasciato intuire che si trattasse di una bravata, per quanto pericolosa, e che non dovessero essere sondate piste più importanti: un attentatore non si lascia riprendere con tanta semplicità e di certo non sosta a lungo davanti all’obiettivo. Prepara l’azione in modo più meticoloso.   

Tutti e tre, però, quella sera, indossavano cappucci e cappelli. Difficile riconoscerne le fattezze. La scientifica ha recuperato sul posto alcuni frammenti di carta di un giornale locale, usata per avvolgere la polvere pirica. Soprattutto, però, gli investigatori, approfittando delle giornate prefestive, con i negozi aperti anche di domenica, hanno potuto acquisire subito molti altri video, dai sistemi di vari negozi, ricostruendo tutto il percorso con un confronto incrociato. In realtà, quello più semplice e immediato: da piazza Carducci lungo corso Roma, svoltando in via Lazzari. Ma non è stato comunque semplice risalire all’identità dei ragazzi, perché, visto il periodo, molti passanti erano abbigliati in modo simile, con cappelli e cappucci. E, in quei giorni, Gallipoli era invasa di gente.  

Un primo scatto in avanti si è avuto quando la squadra di polizia giudiziaria, da alcuni aspetti fisici e da certe movenze, ha intuito quale potesse essere almeno uno dei tre ragazzi. E arrivati al primo, scavando a fondo fra la cerchia di conoscenze, si è giunti anche agli altri due. Iscritti nel registro degli indagati e ottenuta dalla Procura minorile (titolare del fascicolo, il pm Imerio Tramis) l’autorizzazione a una perquisizione nelle varie abitazioni, la polizia ha così recuperato gli abiti usati nell’occasione. Corrispondenti a quelli immortalati dai “grandi fratelli” sparsi per Gallipoli.

Ieri mattina, fino a pomeriggio, gli interrogatori, alla presenza di avvocati e tutori. I tre, alla fine, hanno ammesso tutto. Sia il danneggiamento della volante, sia il precedente attacco ai carabinieri, chiamandosi anche in correità. Ovvero, spiegando anche le varie parti sostenute da ognuno di loro.

Insomma, tutto è stato un crescendo di esplosioni, per puro divertimento malsano, dai comuni petardi di fattura industriale, fino agli ordigni artigianali, con la virata imprevista dovuta all’arrivo dei carabinieri in piazzetta Carducci, che ha innescato altri diabolici pensieri.

Curiosità: un attimo prima di collocare la bomba carta sotto la Seat Leon della polizia, il ragazzo che ha agito, 15enne, s’è scambiato il berretto con uno dei due compagni di scorribande. Forse un tentativo un po’ maldestro di mescolare le carte, qualora fossero stati notati da qualcuno. Gesto, anche questo, ripreso dalle telecamere del commissariato. E ora, oltre al danneggiamento aggravato, rischiano di rispondere anche di lesioni.

“Un gesto assolutamente intollerabile, che non è stato in nessuna fase sottovalutato e per il quale era necessario profondere ogni sforzo investigativo al fine di chiarire la motivazione ed assicurare, comunque, alla giustizia i responsabili”, dichiara il questore Pierluigi D’Angelo. “Per tale motivo esprimo il mio plauso al personale del commissariato di Gallipoli e della Digos”.

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