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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Guagnano

Morì dopo diagnosi di tumore al fegato errata, in aula depongono i consulenti

Bruna Perrone di Guagnano morì di leucemia. Per anni fu curata per un inesistente cancro, rivelatosi un angioma benigno. Per la famiglia l'invasiva chemioterapia sarebbe all'origine. Ieri le consulenze della parte civile e di uno dei due imputati, medici del "Sambiasi". A gennaio forse la sentenza

LECCE – Si è ormai quasi agli sgoccioli nel caso in discussione presso il giudice monocratico del Tribunale di Lecce, Marcello Rizzo, che verte sulla morte di Bruna Perrone, di Guagnano, avvenuta a 58 anni. 

La donna si spense nel giugno del 2008, dopo una lunga agonia, forse dovuta – stando almeno a quanto denunciato dalla famiglia -, anche a una serie interminabile di cure invasive. Oggetto della contesa una diagnosi tanto infausta, quanto palesemente errata: nel luglio del 2004 le fu detto di essere affetta da un tumore al fegato, rivelatosi (ma questo solo molto tempo dopo), un innocuo angioma gigante, in altre parole una massa benigna della lunghezza di 18 centimetri.

Curata per un male che non aveva, si spense piuttosto per una leucemia mieloide acuta e per disturbi del sistema cardiocircolatorio, dopo un trapianto di midollo che quindi si dimostrò, purtroppo, inutile.

Nel caso, due medici radiologi sono già stati assolti nel maggio del 2012, nel processo con rito abbreviato, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di omicidio colposo “per aver provocato, con colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, la morte di Bruna Perrone”. Al vaglio, ora, ci sono però ancora le posizioni ritenute preminenti, quelle di altri due medici, entrambi dell'ospedale “Sambiasi” di Nardò: l’oncologo Dario Muci e il radiologo Manrico Delli Noci.

Ieri, nel procedimento, s’è svolta un’udienza interlocutoria – l’accusa è rappresentata dal pm Stefania Mininni -, durante la quale sono state acquisite tre consulenze. Per le parti offese, è stata consegnata quella del medico Piero Grima, specializzato in medicina interna, microbiologia clinica e malattie infettive.

Nella sua relazione scritta, Grima ha sostanzialmente ratificato l’errore diagnostico, il fatto che la donna sia stata sottoposta inutilmente a sedute di chemioterapia, e la morte sopravvenuta per leucemia. Per l’imputato Delli Noci, invece, hanno deposto i consulenti nominati dalla sua difesa, gli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto. Si tratta del medico legale Lorenzo Polo e del radiologo Giusppe Di Giulio, entrambi dell’ospedale “San Matteo” di Pavia, i quali hanno sostenuto l’estraneità del radiologo da responsabilità, in quanto chiamato a svolgere due esami, ma con diagnosi formulata da altri.  

La prossima udienza si svolgerà il 9 gennaio. In quella sede, si valuterà la consulenza dell’oncologo Muci, che, tramite il suo avvocato, Giuseppe Bonsegna, ha chiamato il medico legale Roberto Vaglio. Sempre il 9 gennaio è possibile – ma ancora non certo – che si possa arrivare anche alla formulazione di una sentenza.  

Il caso di Bruna Perrone, fu portato alla luce sul finire del 2009 dai legali dei parenti della vittima, gli avvocati Rocco Vincenti e Stefano Prontera, che hanno anche chiesto e ottenuto la citazione per responsabilità civile dell'Asl di Lecce, assistita dall’avvocato Paolo Pellegrino. Nel luglio del 2004 alla donna fu diagnosticato un cancro al fegato, senza che fossero eseguite analisi approfondite.

Fu sottoposta a chemioterapia fino all’aprile del 2007. Solo allora un altro medico, eseguendo una nuova Tac, si accorse che la donna non era affetta da carcinoma, bensì da un angioma. La conferma definitiva, grazie ad altri due esami radiologici, arrivò nel settembre 2007. Poco dopo, però, alla paziente fu diagnosticata una “citopenia del sangue periferico” causata, con ogni probabilità, dal trattamento chemioterapico. La donna fu sottoposta a un trapianto del midollo, che non riuscì a scongiurare il decesso. 

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