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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Ex Apisem, uno dei residenti della zona: "Valori di inquinamento aumentati"

Dopo als entenza della Cassazione interviene ilk cittadino che con le sue denunce ha dato inizio all'inchiesta e segnalato l'inquinamento

LECCE – Dopo la sentenza con cui i giudici della Corte di Cassazione hanno annullato, per intervenuta prescrizione, la condanna a due anni e sei mesi di reclusione per Giovanni Semeraro, per il reato di “avvelenamento colposo della falda acquifera sottostante il cantiere dell'Università del Salento”, confermando la condanna a quattro mesi d’arresto, con pena sospesa, per mancata comunicazione dell'evento inquinante alle autorità competenti, sulla vicenda interviene Sergio Fiorentino (assistito dagli avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna), proprietario di un’abitazione adiacente all’ex deposito Apisem, che con le sue denunce ha dato avvio all’inchiesta.

“I giudici – commenta Fiorentino – hanno lavorato per circa dieci anni su questa indagine e ora posso ringraziarli, così come ringrazio i miei avvocati. Per parte mia, avendo per primo, insieme con la mia famiglia, nel lontano 2006, sollevato il problema dell’inquinamento innanzi al Tribunale civile che, poi, verificato il fondamento delle mie denunce, passò gli atti alla Procura della Repubblica, ritengo sia assolutamente importante, per i riflessi che la vicenda ha non solo sulla mia famiglia ma su tutta la sonnacchiosa comunità leccese, mettere dei punti fermi. La sentenza della Cassazione conferma che l’avvelenamento delle acque e dell’aria nelle zone circostanti l’ex distributore Apisem, nonostante tutti i tentativi di escluderlo o minimizzarlo, c’è stato”.

“Lo Stato non è intervenuto tempestivamente per punire il reato, ma la Cassazione ha definitivamente accertato che l’inquinamento c’è e ha avuto origine dalla proprietà Semeraro e riguarda la nostra proprietà e le zone circostanti. Semeraro, scoperti i fatti, all’epoca, non ha fatto le dovute comunicazioni e solo a processo civile iniziato ha intrapreso la bonifica, che è ancora in corso. Aggiungo io, senza timore di essere smentito, che, nel frattempo, alcuni valori delle analisi dell’aria, come quelli registrati questa estate all’interno di casa mia, in prossimità di uno dei pozzi intrisi di residui di idrocarburi, sono addirittura aumentati. Lo dice l’Arpa, non lo dico io, che, intanto non sono stato più invitato alle rituali Conferenze dei servizi”.

Il cittadino punta il dito contro il Comune di Lecce, “che ha brillato per la sua assenza nel processo, deve, a mio parere, prendere finalmente atto, anche indipendentemente dalle iniziative di altri Enti, dell’assoluta gravità della situazione di inquinamento che interessa la falda superficiale e quella di profondità nonché l’aria e continua a mettere in pericolo la salute di tutti i cittadini. Io continuerò ad essere vigile e rispettoso della pronuncia giudiziale anche se le regole del processo mi costringeranno ad intraprendere nuove iniziative, anche a tutela del mio diritto al risarcimento dei danni, ma vorrei tanto che accanto a me, nella lotta per la bonifica della zona e la salvaguardia del diritto alla salute e alla serenità di tutti, continuassero ad esserci le associazioni ambientaliste e la Regione Puglia che mi hanno sin qui accompagnato ma, soprattutto la mia città, con in testa l’amministrazione comunale”.

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