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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Melpignano

Il nipote massacrato con il calcio del fucile in faccia

Melpignano: Pasquale Luigi Blasi, 53 anni, ha confessato l'omicidio di Antonio. Prima ha sparato dalla Tipo bianca. Poi, avrebbe assestato dei colpi sul volto. Fino a spaccare il calcio del fucile

Lo hanno braccato fin dalle prime battute. Gli investigatori non avevano dubbi. Tanti gli indizi, come voluminose tessere di un puzzle disseminate in tutta questa tragedia dai contorni già nitidi e in attesa solo di essere ricomposte con il tassello principale, quello di un'ammissione che avrebbe fugato anche le ultime ombre. Nessun vero giallo, piuttosto una storia da profondo Sud d'altri tempi, una desolante vicenda di coltelli in famiglia. Anzi, di fucili. Una faida legata a questioni di soldi e terreni. L'odio sordo, il rancore masticato fra i denti. Mancava solo la confessione. Alla fine è arrivata. La pressione che ha vissuto in questi quattro giorni Pasquale Luigi Blasi è stata troppo forte per poter resistere ad oltranza. Guardato a vista dai carabinieri, mentre sotto i suoi occhi si materializzavano di minuto in minuto nuovi elementi. Come chiodi che di volta in volta si conficcavano nel cervello. Ogni nuovo ritrovamento, un chiodo. Ogni chiodo, un passo in più verso una cella del carcere di Lecce.

Meccanico, 53 anni. Pasquale Blasi ha macchiato di sangue il Natale della sua famiglia con un omicidio spietato e rabbioso. Se c'è una novità vera, in questa storia, è la brutale dinamica, che ora sembrerebbe più chiara. La notte tra il 20 ed il 21 dicembre scorso i carabinieri della stazione di Corigliano d'Otranto e della compagnia di Maglie, coordinati dal capitano Andrea Azzolini, si sono ritrovati davanti ad un volto orribilmente sfigurato nelle campagne intorno a Melpignano. Una visione agghiacciante, avvolta dai chiaroscuri delle luci fioche dei lampioni di periferia. Antonio Blasi, 33 anni, era stato ucciso intorno alle 22. Un colpo di fucile da posizione ravvicinata al braccio sinistro. Poi un secondo, letale, in pieno volto.

Questa la versione più plausibile, al momento del ritrovamento del cadavere, secondo i militari, il pubblico ministero Maria Cristina Rizzo, intervenuta sul posto, ed il medico legale Alberto Tortorella. Ma la perizia compiuta ieri e le verifiche sul fucile, rinvenuto nelle campagne dai carabinieri della stazione di Corgiliano d'Otranto su segnalazione dello stesso assassino, hanno permesso di ricostruire quella che sembra un'altra dinamica, semmai ancora più feroce. Dopo l'ennesima, animata, discussione fra i due per quell'appezzamento di terra, proprio dove s'è consumata la tragedia, Pasquale Blasi, imbracciando il fucile da caccia, ha sparato un colpo direttamente dall'abitacolo della sua auto che ha ferito al braccio il nipote, Antonio. Un giovane dal fisico prestante, che avrebbe reagito a quell'offesa a mani nude. Ne sarebbe nata una colluttazione, terminata molto probabilmente con colpi furiosi e ben assestati inferti con il calcio del fucile in pieno viso. Tanto da spaccarne il legno, come si vede nelle foto.

Pasquale Blasi, costituitosi nel pomeriggio della vigilia di Natale presso la stazione di Corigliano d'Otranto dopo essere stato convinto a compiere quel passo dai suoi legali, Oronzo Carrozzini e Salvatore Abate, avrebbe motivato il suo gesto incolpando il nipote ormai defunto. Lo avrebbe sorpreso mentre stava sfondando il cancello d'ingresso della proprietà da dividere fra undici eredi che sorge nelle campagne di Melpignano (a tale proposito, un inquietante oggetto, una ruota di carro da traino con undici cappi, che lo stesso assassino aveva "addobbato" all'ingresso del terreno). Resta da spiegare perché girasse con un fucile in auto, la Tipo bianca "misteriosamente" scomparsa quella sera e poi ritrovata. Un fucile, oltretutto, risultato rubato a Cutrofiano il 14 ottobre del 2001 e per il possesso del quale è stato denunciato per porto abusivo d'arma comune da sparo e ricettazione. Due ulteriori capi di imputazione che si aggiungono alla gravissima accusa di omicidio aggravato.

La stessa notte dell'assassinio gli investigatori del nucleo operativo radiomobile di Maglie e della squadra rilevi del reparto operativo di Lecce sono riusciti a tracciare la vicenda in modo abbastanza chiaro da poter fermare il cognato e lo zio, Pasquale Blasi, appunto. Non trovando, però, elementi univoci, sebbene gli indizi fossero diversi e abbastanza evidenti (la sera dell'omicidio, fra le altre cose, Blasi s'è recato presso l'ospedale di Maglie per farsi medicare una ferita all'occhio, senza spiegare in modo chiaro come se la fosse procurata), la mattina del 21 i carabinieri hanno dovuto rilasciare i sospettati. Blasi, però, l'indiziato numero uno, è stato seguito in ogni suo spostamento, specie dopo il ritrovamento, avvenuto la mattina di domenica 23, della Tipo bianca scomparsa quella sera, con il finestrino del lato di guida in frantumi - che spiega in modo pressoché indiscutibile i vetri sparsi sulla scena del delitto - e le macchioline di sangue all'esterno. Da allora i carabinieri gli sono stati letteralmente con il fiato sul collo, e in un'occasione lo hanno anche fermato e riaccompagnato in casa. Pasquale Blasi a quel punto ha ceduto. Sapeva che le sue ore erano contate. Adesso sta trascorrendo questo piovigginoso Natale salentino nella casa circondariale di Borgo San Nicola.

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