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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Il processo Renda sarà spostato a Città del Messico

Una buona notizia per la famiglia del giovane bancario leccese morto in cella nel 2007 nel Paese americano. L'avvocato Pasquale Corleto annuncia: "La Procura generale ha avocato a sé l'inchiesta"

Il processo sul "caso-Renda" sarà spostato a Città del Messico. Era il messaggio più atteso dalla famiglia, l'ultima frontiera di una battaglia che in Italia non si può più condurre per l'impossibilità di portare Oltreoceano gli imputati nel processo sul caso bancario 34enne di Lecce trovato morto il 3 marzo del 2007 in una cella di Playa del Carmen, in Messico, dove s'era recato per una vacanza. Era quanto chiedeva a gran voce, fra gli altri, Leonardo Tedesco, il legale italo-messicano che segue la vicenda in prima persona, ritenendo che fosse impossibile proseguire il dibattito nella città dello Stato di Quintana Roo, a causa di una possibile copertura dei maggiori imputati da parte di fonti istituzionali che si sentirebbero direttamente coinvolte nello scandalo.

Il messaggio è stato consegnato dall'ambasciatore italiano in Messico Felice Scauso ai legali leccesi Pasquale Corleto e Fabio Valenti, perché giungesse a Cecilia Greco, la mamma di Simone, che con la sorella Elisa al fianco, sta combattendo una stoica battaglia per conoscere la verità e cercare i colpevoli di una tragedia che forse si sarebbe potuta evitare. Tecnicamente, dunque, come illustra Corleto, "la Procura generale ha avocato a sé l'inchiesta". Una notizia che accende un barlume di speranza dopo il buio pesto dei mesi scorsi, con il rischio di veder vanificato ogni sforzo per giungere all'incriminazione dei presunti responsabili di quello che i familiari ritengono sia un caso di omicidio doloso e in cui Tedesco nelle sue corrispondenze con Lecce ha paventato una palese "violazione dei diritti umani".

Come si ricorderà, Simone Renda venne prelevato la mattina del 1° marzo 2007 da agenti della polizia turistica direttamente dall'hotel Posada Mariposa. Il personale dell'albergo chiamò le forze dell'ordine credendo che il giovane, in stato confusionale a causa di un malore, fosse in preda ai fumi dell'alcol o sotto effetto di droghe (fatto poi escluso da due autopsie). Arrestato con una vaga accusa di "ubriachezza molesta", all'ingresso del carcere gli venne diagnosticato un infarto incipiente. I medici consigliarono il ricovero in ospedale, ma il giudice convalidò comunque il fermo. Non bastasse tutto questo, la porta della cella venne aperta la mattina del 3 marzo, con ben 6 ore di ritardo rispetto all'orario fissato per la carcerazione preventiva di 36 ore. Renda era già morto da diverse ore.

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