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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Due arresti per tentata estorsione ad un imprenditore. Ma è l’unica denuncia del 2014

Operazione della squadra mobile: ad un 45enne leccese e a un 31enne orginario di Nardò contestata anche l'aggravante con modalità mafiose. Per la polizia di Stato si tratta del primo caso dell'anno nel Salento in cui la vittima si è fatta avanti

LECCE – Due arresti per tentata estorsione, con l’aggravante del metodo mafioso. Ad eseguirli, ieri, il personale della squadra mobile, coordinato da Sabrina Manzone ed Elena Raggio, su disposizione del giudice per le indagini preliminari, Giovanni Gallo, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Carmen Ruggiero.

Sono finiti in manette Francesco Lipari, 45enne leccese, e Antonio Calò, 31enne originario di Nardò, nell’ambito dell’operazione “Sogliola”, così denominata per l’epiteto con il quale è conosciuto il primo, già noto per reati di tipo associativo legati al traffico di stupefacenti. I due avrebbero chiesto senza troppi complimenti il versamento di 5mila euro “per far mangiare gli amici” al titolare di un impresa che realizza opere per Acquedotto pugliese, ma la vittima delle minacce ha subito sporto denuncia.

Si tratta dell’unico caso registrato dalla questura leccese nel 2014: un dato significativo che, tra l’altro, richiama alla memoria recenti dichiarazioni del procuratore capo della Repubblica, Cataldo Motta, il quale aveva sottolineato la mancanza di segnalazioni da parte del tessuto economico locale. La dottoressa  Manzone, nel corso della conferenza stampa nella quale è stata illustrata l'operazione, ha rinnovato quindi l’invito agli imprenditori a farsi avanti, rassicurando sulle capacità delle forze dell’ordine di garantire vigilanza e protezione e anche un intervento rapido. Secondo le statistiche, d’altra parte, coloro che denunciano non subiscono più ulteriori richieste estorsive.

I fatti: le minacce per tre giorni consecutivi

Il 25 settembre il titolare dell’azienda, un leccese, si è presentato presso gli uffici della squadra mobile per raccontare quanto accaduto il giorno prima quando un suo dipendente era stato avvicinato da Lipari che aveva esplicitato la richiesta estorsiva, mentre l’altro era lipari2-2rimasto in auto. Nella circostanza il 45enne leccese si era dimostrato molto informato sui precedenti cantieri allestiti dall’impresa, facendo capire come, in un certo senso, ci fosse un conto da saldare per la tranquillità con cui era stato possibile portare a termine le commissioni.

Messo a conoscenza dell’inattesa visita, l’imprenditore si è rivolto alla polizia che ha subito avviato le procedure di identificazione. Ma il giorno dopo Lipari e Calò si sono ripresentati per sapere se, effettivamente, il dipendente si fosse fatto latore della pretesa economica intimando al lavoratore di non riferire la stessa per telefono. In questo secondo atto l’operaio ha riconosciuto l’accompagnatore del “Sogliola”, cioè Calò, che era sceso dal veicolo, come l’uomo coinvolto alcuni mesi prima in un sinistro che aveva interessato anche un mezzo presente nel cantiere.

20141217_104423-2Il 26 settembre è il giorno della terza visita, quella in cui lo stesso titolare è stato minacciato dal 45enne leccese, insieme al proprio dipendente. Nel faccia a faccia Lipari avrebbe detto di non aver alcun timore nell’affrontare sette anni di galera qualora fosse stato denunciato, ma che al termine della detenzione si sarebbe vendicato. E per far capire che non ha certo intenzione di scherzare, scaglia violenti calci contro un mezzo dell’impresa. E’ molto probabile quindi, hanno fatto intendere gli inquirenti, che il presunto estorsore fosse venuto a sapere della denuncia fatta il giorno prima dal titolare dell’azienda.

Proprio con riferimento alle minacce – quelle di bruciare i mezzi da lavoro, molti dei quali macchine dal costo elevato – e alla finalità di procurare denaro agli “amici”, un modo abbastanza consueto di riferirsi ai detenuti e alle loro famiglie, il gip ha ravvisato gli estremi dell’aggravante della condotta con modalità mafiose. 

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