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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

In manette rapinatori seriali di banche. Incastrati dalle riprese

Un 41enne e un 27enne arrestati dalla squadra mobile. Sarebbero gli autori degli assalti alla Carime di via D'Annunzio, alla Carige di via Oberdan e all'Arditi Galati di via San Cesario. La polizia ha trovato pure eroina e cocaina

LECCE – Una sorta di canovaccio, sempre lo stesso, con i ruoli ben definiti, come nelle scene di un poliziesco: due rapinatori s’improvvisano clienti di fronte agli impiegati di istituti bancari. Salvo poi svelare all’ultimo momento le loro vere intenzioni. Il primo entra in banca, si avvicina allo sportello, chiede informazioni su come aprire un conto corrente. E mentre l’impiegato inizia a spiegare, l’altro complice lo raggiunge e tira fuori il taglierino. Sotto la minaccia dell’arma, il cassiere non può fare altro che consegnare ai rapinatori il denaro in quel momento disponibile. Poi, la fuga dei due. Niente passamontagna, al massimo una parrucca, un paio di occhiali. Tutto vero, però.

E così facendo, tre rapine in meno di venti giorni nel capoluogo, in qualche caso anche a volto scoperto, oppure indossando parrucche: Il 22 agosto nella filiale Carime di via Gabriele D’Annunzio, il 7 settembre nella Carige di via Oberdan e  il 10 settembre nell’Arditi Galati di via San Cesario. Sono questi gli assalti contestati a Mauro Manicardi, 41enne e Antonio Conte, 27enne, il primo genovese ma residente da qualche anno a Lecce, il secondo salentino, arrestati dagli agenti della squadra mobile. In tutto, avevano messo da parte un bottino di circa 8mila euro.

Manicardi, oltre ad essere stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, così come Conte, su disposizione del gip Vincenzo Brancato ed eseguita ieri pomeriggio dalla squadra mobile della questura di Lecce, dovrà rispondere anche dell’arresto, in flagranza, per droga: 150 grammi di eroina e 5 di cocaina rinvenuti dagli agenti in una vecchia Alfa Romeo di cui in quel momento era nella sua disponibilità. I particolari dell’operazione sono stati resi noti questa mattina nell’ambito di una conferenza stampa in questura dal capo della squadra mobile Michele Abbenante e dal capo dell'ufficio di Gabinetto della questura Massimo Gambino.

Non è stato facile per gli investigatori ipotizzare la responsabilità dei due. Con la polizia scientifica che ha dovuto raccogliere una serie di indizi, oltre ai filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza presenti nelle banche. Ma non solo. Eppure, le telecamere installate davanti ad un concessionarie di moto, nei pressi di una banca, avrebbe ripreso in modo nitido i due. 
 
Tutto è comunque ruotato intorno alle impronte digitali lasciate durante i colpi messi a segno dalla coppia di rapinatori. Ma anche qui, vi è, come dire, una soglia che consente agli inquirenti di procedere poi alla richiesta di arresto in Procura: l’impronta digitale lasciata deve contenere necessariamente ben sedici caratteri uguali, perfettamente combacianti, con il polpastrello dell’indagato. Tant’è che gli accertamenti dattiloscopici tratti al momento dalle impronte digitali, non si rivelano utili, poiché non conducono a nessun nominativo. Tuttavia, quegli elementi restano memorizzati nella banca dati e si riveleranno utili in un secondo momento. 
 
Ma altri elementi hanno aiutato gli investigatori ad incastrare i rapinatori. Per esempio: il fatto che Manicardi, già noto per una serie di colpi i danni di istituti bancari e farmacie, in quel di Genova, era stato notato, in passato , insieme a Conte, in città.
 
Quando ormai gli inquirenti hanno certezza di essere sulla buona strada, rintracciano i due, uno per strada, l’altro nella sua abitazione. Sono accompagnati in questura e lì iniziano i confronti con i fotogrammi estratti dalle registrazioni video dei sistemi di sicurezza nelle banche alle quali avevano fatto visita. Sono loro. Altra prova: Manicardi indossa un paio di scarpe da ginnastica e occhiali analoghi a quelli indossati nel corso della rapina perpetrata nella banca Carige lo scorso 7 settembre. Anche Conte, nel momento in cui viene rintracciato, calza le scarpe e indossa i jeans con cui avrebbe rapinato la banca Sella lo scorso 10 settembre. Indumenti e impronte digitali, le prove inconfutabili, secondo la questura, che incastrano definitivamente i due.
 

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