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Cronaca Guagnano

"Aequanius": assolto ex direttore di banca, condannato carabiniere in congedo

Luigi Albanese, ex dirigente della Bpp di Guagnano esce indenne. Quattro mesi per Claudio Bianco, ma cada l'accusa di favoreggiamento

LECCE – Si è chiuso con un’assoluzione e una lieve condanna il giudizio con rito abbreviato per gli imputati coinvolti nell’ambito dell’operazione “Aequanius” (il nome di un’antica famiglia che potrebbe aver dato origine al paese di Guagnano), Il gup Vincenzo Brancato ha assolto Luigi Albanese, 57enne originario di Casarano, direttore all’epoca dei fatti contestati della Bpp di Guagnano.

Per lui, assistito dall’avvocato Massimo Manfreda l’accusa aveva chiesto due anni. Quattro mesi (pena sospesa) la pena per Claudio Bianco, 51enne di Guagnano, carabiniere in congedo. Bianco, assistito dall’avvocato Antonio Degli Atti, è stato assolto dall’accusa più grave di favoreggiamento e condannato per la sola ipotesi di reato di omessa denuncia. Per lui l’accusa aveva chiesto una condanna a un anno e quattro mesi senza pena sospesa.

A giudizio sono già finiti Antimo Leone, 55enne di Guagnano; Antonio Fernando Olivieri, 61enne di Guagnano; Pasquale Giannotte, 40enne di Salice Salentino; Ciro Iaia, 78enne di Guagnano; Elio Quaranta, 52enne di Salice; Antonio Pacella, 47 enne di Salice; e Anna Palazzo, 41enne di Salice. Si ipotizzano, a vario titolo, i reati di usura, estorsione e attività finanziaria abusiva, per aver messo creato un giro di affari nella zona del nord Salento, tra Salice Salentino e, appunto, Guagnano, con tassi del 10 per cento mensile. L’inchiesta è coordinata del sostituto procuratore della Dda di Lecce Alessio Coccioli.

Due degli arrestati, Iaia e Olivieri, quest’ultimo già condannato definitivamente per 416 bis, e domiciliato nel vercellese ormai da tempo, rispondono anche dell’aggravante del metodo mafioso, avendo fatto riferimento a individui criminali, ritenuti vicini agli ambienti della Sacra corona unita, al fine di costringere una delle vittime a onorare i debiti usurari contratti, pena pesanti ritorsioni personali. Inquietanti le frasi emerse durante le intercettazioni, del tipo: “Pagherai con il sangue”.

Il funzionario, in particolare, sarebbe intervenuto secondo l’ipotesi accusatoria per ritardare alcune operazioni bancarie, o per favorirne altre a favore dei clienti in difficoltà. In cambio, ha ricevuto un paio di personal computer, un televisore da 32 pollici e diversi altri favori da parte degli imprenditori, in base al ramo di questi ultimi. Gli apparecchi sono stati posti sotto sequestro dai militari dell’Arma, durante le perquisizioni. Il bancario avrebbe agevolato il “canale” privato dei prestiti, suggerendolo come soluzione a coloro che non avevano accesso al credito.

Il prestito veniva, di solito, concesso tramite assegno postdatato, con scadenza a 30 giorni. La somma, però, veniva già preventivamente decurtata del tasso di interesse. Ma i contanti che l’imprenditore era tenuto a corrispondere, rimanevano gli stessi. La cosiddetta “usura a fermo”, come sottolineato dal comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri, Biagio Marro. Quando il prestito non era saldato per tempo, veniva erogato un altro importo, con scadenza più lunga, come 60 giorni, creando però un circolo vizioso e una spirale dalla quale le vittime non erano più in grado di uscire.

A dare avvio alle indagini, nel febbraio 2012, la denuncia sporta dal titolare di una concessionaria di automobili, hanno consentito di individuare l’esistenza di una piccola, ma ben organizzata compagine, dedita al mercato del credito “a strozzo”, che traeva la propria linfa dalle crescenti criticità economiche di piccoli imprenditori locali, con difficoltà ad accedere al credito. Dopo i primi riscontri, si sono aggiunte altre denunce, sempre da parte di titolari di piccole aziende, che hanno contribuito a chiarire il quadro socio-economico di riferimento e a chiarire le condotte criminali.

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