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Cronaca

Combine derby, citazione a giudizio per Semeraro jr e Carlo Quarta

Partirà il 10 maggio il processo sulla presunta frode sportiva nella sfida del 2011. A giudizio l'ex presidente del Lecce Pierandrea Semeraro, l'imprenditore Carlo Quarta e Marcello Di Lorenzo, amico di Andrea Masiello

LECCE – “Il sesso – ha scritto Nick Hornby, celebre romanziere britannico – pur essendo un’attività molto più piacevole di una partita di calcio, non può darti la stessa emozione di una vittoria nel derby all’ultimo minuto”. Una teoria che descrive a pieno la magia di questa parola speciale nell’immaginario di ogni tifoso, cinque lettere che raccontano novanta minuti di sogni e speranze, gioia o delusione, rabbia e amore. Il derby è spesso una partita difficile da dimenticare, qualcosa di cui continuare a parlare a lungo, arricchendo nel tempo i ricordi di particolari e sensazioni.

Perché, come ha scritto Osvaldo Soriano, altro superbo cantore del fùtbol: “La memoria ingigantisce ogni cosa”. Poco importa se quella tra Lecce e Bari non sia mai stata una sfida capace di assegnare trofei o successi prestigiosi, rimane comunque il confronto tra due formazioni e due città pronte a contendersi il primato calcistico della Puglia e ad alimentare una rivalità che ha origine dalla metà degli anni Ottanta. Perché la Puglia è due regioni fuse in una. Due popoli, con accenti e tradizioni diversissime, che si declinano nel territorio in maniera precisa. Il calcio, un po’ come la vita, è capace di disegnare destini fatti di geometrie impensabili, e di far convergere in una gara le storie di due città e di un’intera regione.

Una magia offuscata dai venti di tempesta del Calcioscommesse e delle inchieste giudiziarie, giunte a soffiare come tempeste sul mondo del pallone. Dopo la triste e dolorosa retrocessione del Lecce, il derby del 15 maggio 2011 (che sembra aver scoperchiato il vaso di Pandora con i mali del calcio nostrano) approda anche in un’aula di giustizia. Sono tre, infatti, le citazioni dirette a giudizio scaturite nel procedimento sul presunto derby truccato. Una gara comprata, secondo la Procura di Bari, dal club salentino per 230mila euro. Il processo si aprirà il 10 maggio dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Bari. A giudizio, con l'accusa di frode sportiva, l'ex presidente del Lecce Pierandrea Semeraro, l'imprenditore Carlo Quarta e Marcello Di Lorenzo, amico dell'ex difensore del Bari Andrea Masiello.

Gli altri indagati per questa partita, il calciatore Andrea Masiello, e due suoi presunti complici, Gianni Carella e Fabio Giacobbe, accusati anche di associazione per delinquere perché coinvolti in più di una combine, hanno patteggiato nell'ottobre scorso: Masiello una pena di un anno e 10 mesi, gli altri due un anno e 5 mesi per le presunte partite truccate Bari-Lecce, Palermo-Bari, Bari-Sampdoria e Bologna-Bari. A Semeraro, Quarta e Di Lorenzo il sostiuto procuratore della procura di Bari Ciro Angelillis contesta un solo episodio di frode sportiva, relativo al derby. I tre sono stati incastrati proprio dalle dichiarazioni di Masiello e dei suoi due amici.

Per truccare il derby – hanno rivelato agli investigatori – furono versati ai baresi circa 230mila euro, pagati in diverse tranche. La prima parte, che ammontava a 50mila euro, sarebbe stata versata durante un incontro all'Hotel Tiziano di Lecce. Le altre parti della cifra pattuita sarebbero state consegnate da Carlo Quarta a Carella durante incontri avvenuti in una stazione di servizio sulla tangenziale di Bari; e da Quarta a Masiello in una località del nord Italia dove l'ex calciatore biancorosso (poi passato all'Atalanta) viveva all'epoca dei fatti.

Andrea Masiello, ex capitano della formazione biancorossa, secondo i magistrati baresi, avrebbe, nel doppio ruolo di “corrotto e corruttore”, alterato il risultato di alcune gare, tra cui proprio quella con il Lecce. “Quando il risultato era sullo 0-1 a favore del Lecce – ha raccontato Masiello agli inquirenti –, ho sfruttato un'occasione che mi si è posta per poter cristallizzare definitivamente l'esito della sconfitta per il Bari e per poter, quindi, ottenere il pagamento promessomi, realizzando l'autogol con cui si è concluso l'incontro”. Se vendere un derby può essere considerato il peggior abominio da parte di un tifoso, realizzare volontariamente un autogol e sancire la salvezza dei rivali, sono la peggior infamia per un calciatore. Perché un autogol nel derby non è soltanto un tradimento, è un atto quasi blasfemo la cui ombra, inevitabilmente, si allunga anche sulla sponda giallorossa.

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