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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli / Via Varese

Kalashnikov e proiettili: pesca grossa nel palazzo alla vigilia di Natale

Il sequestro dei carabinieri a carico di ignoti, ma lo stabile è quello in cui risiede Marco Barba, alias "Tannatu", al momento detenuto in carcere

GALLIPOLI – Pesca grossa alla vigilia di Natale: un kalashnikov pronto a sferrare tutto il suo micidiale potenziale di morte in forza di ben ottantasette proiettili. Non era proprio sotto l’albero, impacchettato  con il fiocco, piuttosto nell’androne di un palazzo, nascosto nei pressi di una scala, ma si può dire ugualmente che i carabinieri della compagnia di Gallipoli si siano concessi un bel regalo.

Con questo sequestro, infatti, i militari salentini possono proseguire a ritmo serrato l’indagine a tutto tondo sugli ambienti della malavita locale, con tutti i movimenti, i riassestamenti e gli scossoni recenti.

Il palazzo stesso dove il sequestro è avvenuto, non è stato scelto a caso dal mazzo di carte: si tratta di quello di via Varese in cui risiede Marco Barba, alias “Tannatu”, il 43enne in odor di Scu, in seguito divenuto collaboratore di giustizia, e nuovamente arrestato di recente nell’operazione “Barbapapà”, al centro della quale vi sono, fra l’altro, le presunte richieste estorsive ai danni del politico e ristoratore Sandro Quintana.

Al momento Barba è detenuto ed è notizia proprio delle scorse ore che i giudici del Riesame hanno rigettato la richiesta di scarcerazione. Nessuna attenuazione della misura cautelare, dunque, e impianto di investigatori e Procura che per il momento regge.

Certo, va chiarito subito che il sequestro di oggi è scattato a carico di ignoti. Né a Barba, né ad altri a lui vicini, siano della cerchia familiare o delle amicizie, è possibile imputare alcunché, fino a prova contraria. Va comunque detto che proprio in occasione delle indagini che hanno portato al suo recente arresto, a Barba è stato accollato il possesso di un mezzo arsenale. E’ facile intuire, dunque, che con i prossimi accertamenti affidati agli esperti della scientifica del Ris di Roma, i carabinieri tenteranno di capire se anche questo kalashnikov e le relative munizioni possano o meno essere attribuiti al 43enne, ma anche se l’arma sia stata usata ed eventualmente in quali circostanze.

Aspetto particolare, il kalashnikov era conservato in modo pressoché perfetto. I proiettili, calibro 7,62 x 39, erano in parte custoditi in una busta di plastica (ben sessantadue) e altri nel caricatore a banana (venticinque). Dettaglio molto importante: pare che il fucile mitragliatore sia stato celato in quel punto dopo l’arresto di Barba. Il luogo in cui è stato ritrovato era stato già setacciato dai carabinieri, durante i precedenti sopralluoghi. Dunque, ci sono molti aspetti che dovranno essere misurati con cura in questa vicenda. Per il momento, è un vero e proprio giallo. 

Marco Barba, ritenuto appartenente alla frangia scissionista del clan Padovano, retto dal boss Rosario Pompeo Padovano, è finito in manette all’alba del 3 dicembre scorso. Quel giorno i carabinieri del Nucleo operativo della compagnia comandata dal tenente Francesco Battaglia, hanno bussato alle porte della sua abitazione per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare richiesta dal sostituto procuratore Alessio Coccioli della Dda di Lecce e firmata dal gip Simona Panzera.

Tutto è nato dalle denunce sporte da Quintana, oggi consigliere di minoranza del Comune di Gallipoli, dal 2009 al 2014 di consigliere provinciale, e comproprietario del noto ristorante “Mare Chiaro”. Sia Quintana, sia alcuni dipendenti del ristorante, fra agosto e settembre di quest’anno, sono stati vittime di continue minacce che si sono concretizzate, con il passare del tempo, in veri e propri atti persecutori. Non a caso, fra le varie accuse di cui risponde “Tannatu”, vi è quella di stalking.

Il movente sarebbe da imputare all’incapacità delle vittime di consentire a Barba, nel corso di più serate di fine estate, l’ingresso gratis nelle principali discoteche gallipoline. Come dire, secondo quanto riscontrato dai carabinieri, avrebbe voluto che facessero leva sulle conoscenze dei gestori di locali notturni per agevolarlo. Il 43enne si sarebbe così lasciato andare a minacce verbali, dirette o per telefono, via lettera, ma anche con intimidazioni su Facebook, in una curiosa commistione di metodi classici e altri più moderni. In più occasioni, avrebbe anche esibito una pistola, e inviato un paio di proiettili calibro 7,65.

A Quintana, soprattutto, avrebbe richiesto soldi per acquistare un furgone da adibire al trasporto di prodotti ittici. Il monitoraggio dell’utenza telefonica intestata e in uso a Barba, avrebbe permesso di accertare anche il potenziale di armi a disposizione. Come riscontri dell’attività tecnica, durante due perquisizioni del 20 e del 27 settembre, i carabinieri hanno rinvenuto due pistole con proiettili dello stesso calibro di quelli inviati alle vittime, e ben otto ordigni esplosivi artigianali, con miccia e confezionati con nastro isolante. Alle mani di “Tannatu” sono attribuite anche le fiamme appiccate a un’autovettura parcheggiata vicino casa. Stalking, tentata estorsione, detenzione di armi e munizioni comuni da sparo e materiale esplodente, oltre che danneggiamento seguito da incendio, sono le accuse per cui è finito in cella ai primi del mese. E ora spunta questo kalashnikov, che per il momento, però, è ancora orfano di proprietari.   

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