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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

L'altra faccia del social network, un "like" porta al processo per diffamazione

In 23 sono finiti a giudizio per aver interagito con un post in cui l'autore, dopo aver subito il sequestro della moto, offendeva un carabiniere

LECCE – Like, commenti, offese e condivisioni sui social network possono costare caro e portare a conseguenze in ambito penale, fino a un processo per diffamazione. Come dimostra la vicenda giudiziaria legata alla figura di Marco Antonio Giannelli, 31enne di Parabita, figlio del boss ergastolano Luigi e condannato in appello a 20 anni di carcere nell’ambito dell’operazione denominata “Coltura”.

Nel novembre del 2013 Giannelli fu fermato dai carabinieri per un controllo mentre viaggiava a bordo della sua moto. Il mezzo risultò sprovvisto di assicurazione e fu sequestrato da un brigadiere dell’Arma, appartenente alla compagnia di Casarano. Il 31enne scattò una foto del sequestro, in cui era ripreso anche il militare, e la pubblicò sul proprio profilo Facebook, corredando il tutto di insulti nei suoi confronti, compreso un “morirà tra atroci sofferenze”. Il post non solo ottenne “like” e condivisioni, ma provocò una serie di offese nei confronti del carabiniere, che presentò querela per diffamazione.

Da lì si è sviluppata l’inchiesta della Procura del capoluogo salentino, coordinata dal sostituto procuratore Massimiliano Carducci. Le indagini condotte dagli agenti della polizia postale hanno portato all’individuazione di 23 titolari di profili Facebook, accusati di diffamazione per aver interagito con il post di Giannelli nel periodo tra il 17 novembre e il 9 dicembre del 2013. Per i 23 imputati il processo inizierà il prossimo 8 marzo dinanzi al giudice della prima sezione del Tribunale monocratico di Lecce, Alessandra Sermarini.

Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Stefano Stefanelli, Luca Laterza, Luca Puce, Stefano Palma, Mario Ingrosso, Maria Greco, Federico Troisi, Marco Costantino.

Un processo che mette sul banco degli imputati l’utilizzo dei social, sempre più porto franco dell'hate speech, ossia dell'aggressione verbale e dell'insulto all'indirizzo dell'altro.

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