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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

La città barocca da 1000 giorni appesa al filo(bus)

L'idea filobus Made in Salento, costata 22 milioni di euro, è già vecchia, se pensiamo all'economia dei trasporti basata sull'idrogeno. Ma qui si conosce solo l'elio, buono per gonfiare i palloncini

Qualcuno obietterà che poi non sono mille giorni di ritardo. Forse ‘solo' a giugno saranno un migliaio, se si considera che l'ultimazione dei lavori della metropolitana di superficie, niente più che filobus, pali e cavi pompati a 700 Volt, diciamo le cose come stanno, era stata fissata a giugno 2007.

Ma poco importa e perdonate la leggera forzatura. Che nulla toglie ad un progetto nato jurassico ancor prima del suo varo: la geniale idea filobus Made in Salento, costata 22 milioni di euro (di cui 13 milioni e 218mila sono dello Stato, 3 milioni della Regione Puglia, 5 milioni e 750mila euro del Comune di Lecce), è già roba vecchia, se pensiamo all'economia dei trasporti basata sull'idrogeno. Ma qui si conosce solo l'elio, buono per gonfiare i palloncini delle bancarelle nella festa di Sant'Oronzo.

E allora cosa si fa per una piccola cittadina del sud, chiese e barocco e una circonvallazione, staccata come un'isola dal resto del mondo se togli tre mesi l'anno? Per decongestionare il traffico e combattere l'inquinamento, importiamo idee dal Nord: si pensa al filobus, piantando pali e stendendo cavi tra cielo e asfalto per oltre 26 chilometri. Il fallimento non è solo in questi mille giorni, scivolati veloci sul "contatore" del nostro giornale, ma Lecce che si risveglia ad un tratto dal suo torpore malata di traffico e smog, senza politiche urbanistiche davvero innovative, puntuali e che sappiamo accarezzare il territorio più che violentarlo.

Eppure, in questi 1000 giorni, nonostante tutto, ne abbiamo viste sì di autocelebrazioni a fini propagandistici. Mica si possono dimenticare. Certi, che dicevano, guardate come siamo bravi a scegliere le poltroncine dei mezzi in pendant con l'azzurro del mare e poi finalmente ridurremo lo smog in città; altri, che invece ringraziavano il fato per avere mandato sulla politica delle parole, un argomento tosto da ribattere, salvo poi attaccarsi al palo e finire all'opposizione per come gli erano andate le amministrative del 2007, in piena campagna pro-filobus.

Insomma, la domanda che un semplice cittadino si pone oggi è questa: ma davvero possiamo credere che la politica firma programmi e progetti per la gente con due "g", oppure i programmi e i progetti vengono pensati per la politica? Credete forse che l'argomento filobus evaporerà con un contatore che segna quota 1000 giorni? Oppure da queste stesse ceneri c'è già chi affila le armi per cavalcare una nuova fenicia?

Il balletto dei battibecchi non vede l'ora di potersi ancora una volta esprimere con tutta la sua forza sul palcoscenico della città. Lava che spinge. Anche perché, i segnali malati di autocelebrazione politichese, in questi anni di ritardo, li abbiamo già avuti, eccome. Ora sono in stand by, ma immaginate cosa sarà quando finalmente partirà per davvero la prima corsa. Se partirà. Dio ce ne scampi.

Immaginate. Con un colpo di spugna verrà cancellato il ritardo accumulato, come si fosse trattato di un fatto endemico, tipico dell'Italia. Si scherzerà pure sopra. Anzi, non sarà ricordata nemmeno come un'opera incompiuta, vuoi mettere? Sicuro. L'importante è esserci, qui, ancora, pur cambiando accorpamenti politici, poltrone, incarichi, fondamentale è esserci, qui, a Palazzo, per il bene della Città. Mai mollare l'osso.

Perché fino ad ora, se qualcuno è salito a bordo del filobus, non sono stati i cittadini, se un giorno decideranno mai di salire, ma sempre lei, la politica casereccia, a 360 gradi, bene inteso. Chi più, chi meno. Quella che si fregia dei "successi", a volte mai successi, una volta quelli, una volta quegli altri, in concomitanza, per esempio, con le campagne elettorali.

E allora, tutti sul tram, pardon, sul filobus, per il giro panoramico di Lecce. E dietro codazzi di giornalisti, flash e taccuini, microfoni e operatori. E mentre quello risponde alla domande, canticchia tra sé e sé: "Se potessi avere mille giorni al mese… sai che défilé?".

Ora, se immaginate che dietro 1000 giorni di ritardo qualcuno abbia provato imbarazzo, si sia ricreduto, o che ogni qualvolta ha alzato gli occhi al cielo si sia chiesto se abbia potuto o meno contribuire a deturpare l'azzurro salentino, vi sbagliate di grosso. Anzi. Magari ci fossero 1000 giorni al mese, per mille conferenze stampa, mille interviste, mille inaugurazioni, mille vari di mille prime corse, mille strette di mano. Magari, magari, magari, altri 1000 flash. Se uno è politico, può fare solo questo.

Lecce è una città sola, siamo soli, borbottava l'altra sera uno che si lamentava di quanto la città fosse piccola, dove si conoscono tutti e il giro lo chiudi presto. Lecce è una città sola? Chissà. Di certo, Lecce non trova nemmeno la forza di indignarsi. Qui, le cose si raccontano in casa, tra le mura domestiche, mai per strada, che razza di "artisti" saremmo. Non c'è detto più triste e squallido di cui fregiarsi: "Lecce città d'arte, se ne fotte di chi arriva e di chi parte". L'immagine, prima di tutto, certo, come quella sventolante e vuota di una città che tristemente resta appesa ad un filo. Di acciaio
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