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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Racale

La scomparsa di Mauro Romano, un mistero lungo quarant'anni

Un bambino di appena sei anni, svanito nel nulla il 21 giugno del 1977. Una storia complessa e intrisa di silenzi e omertà

LECCE – Ci sono storie che a distanza di quarant’anni continuano a essere avvolte da un alone di mistero e tragicità, capaci di cambiare la storia di una famiglia e di un’intera comunità. Storie destinate a rimanere, forse per sempre, irrisolte. Storie avvolte da una fitta nebbia di omertà e silenzi, che nemmeno gli inquirenti, in lunghi anni d’indagini e riscontri, di ricerche e investigazioni, sono riusciti a diradare.

Come quella di Mauro Romano, il bambino di sei anni svanito nel nulla a Racale la sera del 21 giugno 1977, una ferita profonda che nemmeno il tempo è riuscito a rimarginare. Un “cold case”, una di quelle vicende destinate a essere sepolte tra i casi insoluti, nei faldoni di un archivio e depositata negli annali della cronaca nera come un giallo in attesa di un raggio di luce. Dopo 39 anni trascorsi tra indagini, false rivelazioni e piste che non hanno portato a nulla, la scomparsa di Mauro resta ancora un mistero. Un mistero creato da chi ha visto e ha preferito non raccontare, nascondendosi dietro la comoda e rassicurante protezione della dottrina religiosa. “Gli investigatori – ha scritto nel 2012 il gip Annalisa De Benedictis nell’ordinanza di archiviazione del procedimento – hanno verificato un generale clima di latente omertà nell’ambito della comunità religiosa di cui denuncianti e denunciato facevano parte. Tale aspetto ha avuto un ruolo non trascurabile nella risoluzione della vicenda”.

Per la seconda volta, infatti, l'ex sostituto procuratore della Repubblica di Lecce (oggi procuratore della Repubblica di Crotone), Giuseppe Capoccia, aveva chiesto l’archiviazione del procedimento. Una richiesta di archiviazione accolta dal gip, nonostante l’opposizione del legale della famiglia dello scomparso, l’avvocato Ezio Garzya, che aveva chiesto che fossero eseguiti nuovi accertamenti. Era stata la denuncia presentata dai genitori di Mauro, i coniugi Natale Romano e Bianca Colaianni, a portare alla riapertura delle indagini nel maggio del 2010. Una denuncia basata sul racconto, avvenuto nel 1998, di un amico dei genitori di Mauro, morto poi in un incidente stradale circa dieci anni fa. “Non sporgemmo denuncia – scrissero i coniugi Romano – perché la nostra religione non lo permetteva e non lo permette. La nostra religione, infatti, non consente a un fratello di portare in giudizio un altro fratello della stessa religione”. Quel vincolo però era finalmente caduto: quell’uomo non faceva più parte della congregazione. L’uomo, testimone di Geova come i coniugi Romano, riferì che a rapire il bambino era stato una persona vicina ai genitori, che all’epoca della scomparsa di Mauro frequentava la loro casa assiduamente. Il motivo del rapimento era da ricercarsi nel denaro promessogli da qualcuno in cambio del bambino. La denuncia aveva portato all’iscrizione sul registro degli indagati di un 71enne, il barbiere amico della famiglia Romano.

A luglio 2010 la Procura aveva chiesto l’archiviazione del procedimento, ma il gip aveva rigettato l’istanza disponendo un supplemento d'indagini. Per uno strano caso del destino, come in un romanzo giallo, la tragica storia di Mauro Romano si è intrecciata a quella di Vito Paolo Troisi, boss della Sacra Corona Unita, 41enne, in carcere dal 1997 e condannato all’ergastolo per l’omicidio di Luciano Stefanelli. In quell’afosa giornata d’estate Mauro, poco prima di sparire, aveva giocato con degli amici nei pressi di un deposito di rifiuti e tra quegli amici c’era proprio Troisi, che aveva dichiarato di conoscere Mauro ma di non ricordare nulla di quel pomeriggio. Successivamente l’ex boss aveva chiesto al gip, attraverso un telegramma, di essere ascoltato, affermando di avere nuove rivelazioni da fare. Una pista che non avevatrovato, però, riscontri investigativi. La Procura aveva chiesto nuovamente l’archiviazione del procedimento nei confronti del 71enne, accolta questa volta dal gip, che aveva sottolineato come il clima di omertà della comunità religiosa dei Testimoni di Geova avesse contribuito in maniera evidente a non far emergere la verità.

I genitori di Mauro in tutti questi lunghissimi anni, non hanno mai dimenticato, hanno continuato a vivere nelle loro menti e nei loro cuori una scomparsa dolorosa e un vuoto incolmabile, provando a dare una spiegazione e un volto all’autore di un simile gesto. Una ferita mai rimarginata neanche dai decenni trascorsi, un arco di tempo lunghissimo che è servito solo a provare a ricostruire, tassello dopo tassello, un mistero mai risolto. L’ultimo mistero poco nel 2015, con il furto subito dai genitori dello scomparso. Da una cassaforte è stata sottratta, oltre a cinque orologi svizzeri, la copia del fascicolo d’inchiesta relativo alla scomparso del figlio. Ancora più strana e misteriosa è la sparizione di una lunga lettera della madre al figlio scomparso, in cui la signora Colaianni ha scritto la propria verità riguardo alla dolorosa vicenda. Qualcuno ha trovato il quaderno in cui la donna aveva scritto la lettera, ne ha strappato i fogli, e lo ha rimesso a posto. Un atto, oltre che strano e misterioso, dai contorni inquietanti.

Quel 21 giugno del 1977 era un pomeriggio caldo, afoso, pieno di luce e di mistero come ogni solstizio d’estate. Mauro con il fratello Antonio, di pochi anni più grande, si trovava a casa dei nonni materni, in vico Immacolata a Racale. Natale Romano e Bianca Colaianni, infatti, erano partiti per Poggiomarino, un piccolo comune in provincia di Napoli, per assistere ai funerali del papà di Natale. Antonio si allontanò in compagnia di uno zio per assistere ad una gara ciclistica. Mauro, invece, scomparve nel nulla. Le indagini, condotte dai carabinieri di Casarano, grazie anche all’ausilio di alcuni cani, indirizzarono le ricerche nella località denominata “Castelforte”. Qui in un trullo, precisamente su un giaciglio di erba secca, fu trovato un batuffolo di ovatta, usato, presumibilmente, come tampone narcotizzante. Pochi giorni dopo la scomparsa, i genitori di Mauro ricevettero diverse richieste di riscatto, pari a circa 30 milioni delle vecchie lire. Le indagini in tal senso portarono all’arresto di Antonio Scala, che raccontò che il piccolo Mauro era nella località di Castelforte, in custodia presso una donna con i capelli biondi. Tale riscontro non ebbe però alcun esito. L’uomo fu poi condannato per tentata estorsione.

Quella di Mauro Romano è una scomparsa che in paese nessuno ha dimenticato. E’ tracciata sull’asse Racale-Castelforte, con ogni probabilità, la soluzione di un mistero che ha sconvolto un’intera comunità, facendo leva su omertà e connivenze. Chi sapeva ha preferito tacere, portando nel fondo della coscienza un peso difficile anche da immaginare. Forse, come sostengono nella denuncia i genitori di Mauro, la chiave di questo caso è proprio nella figura di un uomo, così vicino alla famiglia Romano, che potrebbe aver portato via il loro bambino a bordo di una Vespa. Oppure la sua non fu una scomparsa misteriosa ma un tragico incidente, con una giovane vita finita tragicamente in uno dei tanti pozzi di cui è disseminata la campagna del Salento.

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