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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

La sentenza che fa discutere, cade l'associazione mafiosa per gli imputati

E' quanto sancito dal gup Stefano Sernia nel maxi giudizio abbreviato scaturito dall'operazione denominata "Vortice-Dèjà-vu"

LECCE – E’ una sentenza destinata a tracciare, con ogni probabilità, strascichi, polemiche e una nuova fase nella storia della criminalità locale. Il verdetto espresso dal gup Stefano Sernia nel giudizio abbreviato scaturito dall’operazione “Vortice-Dèjà-vu” ha sancito, di fatto, il mancato riconoscimento dell’associazione mafiosa per quasi tutti gli imputati. Il vincolo del 416bis è rimasto, infatti, solo per Antonio e Patrizio Pellegrino, e Sergio Notaro. Tre nomi vicini, secondo gli inquirenti, al clan di Francesco Pellegrino, alias “Zù Peppu”, 61enne di Squinzano (padre dei due), ergastolano, in cui Sergio Notaro avrebbe un ruolo di rilievo.

Assolti, invece, dal reato di associazione mafiosa Antonio Pierri; Ilde Saponaro (moglie del boss Gianni De Tommasi, ritenuta dall’accusa sua portavoce); Roberto Napoletano; Fabio Caracciolo; Danilo Campanella De Santis; Andrea Valentino; Paolo Scazzi; Gianluca Tamborrini; Alessio Fortunato; Salvatore Elia; Andrea Spagnolo; Emiliano Vergine; Luigi Vergine; Annamaria Lamarina; Cosimo Palma e Alessandra Bruni. Era stato lo stesso gup a evidenziare come l’accusa andasse riqualificata in associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

La caduta del vincolo associativo di stampa mafioso sembra fornire (in attesa delle motivazioni della sentenza) nuova linfa a chi sostiene che la Scu sia ormai definitivamente tramontata. Il traffico di sostanze stupefacenti rimane il più importante (e per certi verso unico) canale di approvvigionamento delle compagini criminali. Dall’altra parte la Procura di Lecce che, con le indagini e le operazioni condotte negli ultimi anni, sottolinea come la Scu, proprio come l’araba fenice, sia capace di morire e risorgere dalle proprie ceneri. A riprova di queste tesi alcune “sfoglie” sequestrate negli ultimi tempi e messe agli atti dal pubblico ministero Guglielmo Cataldi, che dimostrerebbero il processo riorganizzativo della criminalità organizzata a cavallo tra le due province, dopo i colpi inferti dagli arresti, le condanne e i “pentimenti”.

La sentenza evidenzia anche il presunto spessore criminale di due soggetti coinvolti nell’operazione: Sergio Notaro e Cyril Cedric Savary, entrambi condannati a vent’anni.

Sergio Notaro, 5e anni, noto nell’ambiente della criminalità con il soprannome di “Panzetta”, ha un lunghissimo curriculum criminale, fatto di precedenti per furto, violazione obblighi delle misure di prevenzione, rapina, sequestro di persona, porto abusivo di armi, detenzione di sostanze stupefacenti, oltre ad altri reati minori.  Soprattutto, però, per la condanna subita nel 1992 per associazione per delinquere di tipo mafioso per avere fatto parte della Sacra corona unita, nel clan che faceva capo a Giovanni De Tommasi (nome storico della Scu e “capo bastone” di Campi Salentina). Notaro è considerato un punto di riferimento per le dinamiche malavitose a Squinzano e zone limitrofe, ancora in grado di infondere timore anche solo con il proprio nome.

Considerato dagli inquirenti uno dei personaggi in ascesa della criminalità locale e figura di riferimento nel traffico internazionale di stupefacenti, il nome di Savary compare nelle cronache locali il 10 maggio del 2009. Un pomeriggio tiepido di primavera in cui i carabinieri lo arrestano per concorso in traffico e detenzione illecita di sostanza stupefacente con altre quattro persone. L’arresto del maggio 2009 è il primo importante sviluppo investigativo di un'inchiesta nata alcuni mesi prima, nell'ultimo trimestre del 2008, e condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Lecce. Si tratta della prima (di una lunga serie) operazione condotta dal capitano Biagio Marro, subentrato al comando del Nucleo. L'operazione, denominata "Déjà vu", delinea pian piano movimenti e dinamiche di un traffico di sostanze stupefacenti che dalla penisola salentina conduce sino alla Francia. Un'inchiesta che sembra portare indietro le lancette del tempo, agli anni settanta e l'epopea criminale del "clan dei marsigliesi".

Così come allora, sono alcuni pregiudicati francesi, capeggiati secondo gli inquirenti da Cyril Cedric Savary, a gestire i contatti con la criminalità locale e a fare da intermediari con i trafficanti di droga, non più tunisini ma colombiani e spagnoli. Tra arresti e sequestri di droga l'indagine subisce una nuova impennata nel duplice tentato omicidio di Luca Greco e Marino Manca, avvenuto nel pomeriggio dell'8 settembre del 2012.

Milito avrebbe estratto una pistola, cercando di colpire Manca, ma invano, perché l'arma si sarebbe inceppata, permettendo a questi di fuggire. Più sfortunato sarebbe stato Greco, intrappolato in casa e impossibilitato a fuggire: l'arrestato lo avrebbe prima colpito con il calcio della pistola e poi con un coltello, ferendolo gravemente. L'agguato sarebbe maturato, secondo l'ipotesi accusatoria, proprio nell'ambito di contrasti legati alla supremazia territoriale di gruppi criminali operanti nel comune di Squinzano e nelle zone limitrofe. Un regolamento di conti commissionato proprio da Sergio Notaro e Cyril Cedric Savary.

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