rotate-mobile
Cronaca

le strade assassine, il dolore e la rabbia di una mamma

Marco Presicce è scomparso il 30 giugno scorso nei pressi di Nardò. In una lettera commovente e a tratti dura, le riflessioni di sua madre. Nella speranza che possano essere un monito per altre vite

"Ora basta". Titolava così un giornale locale, qualche mese fa, dopo l'ennesima tragedia della strada. "Ora basta". Quanto sangue è stato versato da quell'"ora basta" in poi? Tanto ancora, troppo. Come prevedibile. Cinque, dieci altre vittime sacrificali al dio dell'acceleratore? Forse di più. Bisognerebbe trovare quella copia, nell'archivio del giornale, e iniziare la macabra conta dei nomi di chi non c'è più. Sorrisi che l'asfalto ha strappato via per sempre all'affetto di genitori, figli, amici. "Ora basta". Se due parole potessero salvare il mondo ci affacceremmo al balcone ed urleremmo con tutto il fiato che abbiamo in gola: "Ora basta!" E di colpo, niente più lamiere accartocciate, sirene spiegate che lacerano con lunghi lamenti elettrici le notti d'estate, lenzuoli bianchi macchiati di rosso stesi su corpi che hanno perso il respiro.

"Marco era nato a Nardò il 20 aprile 1975, amava la vita. Fin da piccolo era stato buono, leale, sensibile, altruista e, crescendo, non era cambiato. Aveva molte passioni, tra cui i cavalli e la pesca subacquea, amava molto la natura e gli animali. Infatti aveva cinque cani che accudiva giornalmente.

E… proprio quel giorno, come tutti gli altri giorni, stava andando da loro, non per una fatalità, ma per un comportamento prevedibile. E quindi prevenibile, purché lo si voglia seriamente. La sua vita in un attimo è stata spezzata e, in quell'attimo, anche la mia vita e quella della mia famiglia è stata spezzata da una crudele e spietata telefonata.

In un istante il cervello sembra scoppiare, il cuore frantumarsi, ho gridato il suo nome con quanto fiato avevo in corpo, volevo correre, andare da lui, ma dove? Volevo svegliarmi, forse era un sogno, un incubo. Tutto era finito. La sua esistenza, la sua fame di vita, i suoi sogni, la sua gioventù.

Ora il mio Marco non c'è più. L'investitrice ha detto di non averlo visto, come fosse stato un uccellino. Invece Marco era un ragazzo alto, grande. Nel mio cuore c'è tanta rabbia, dolore, odio, perché oltre al danno c'è anche la beffa (lo Stato, ovvero la Giustizia), perché per chi provoca questi incidenti non c'è nessuna vera pena da scontare.

Ancora non si sa se quella donna parlasse col telefonino o se fosse sotto l'effetto dell'alcool o di sostanze stupefacenti, perché non è stata sottoposta a nessun test dai carabinieri. Anzi, è andata via dal luogo dell'incidente e si è messa al sicuro, mentre il mio Marco giaceva a terra privo di vita, senza che io lo potessi stringere per l'ultima volta a me.

A Marco… grazie… per la tua serenità che hai trasmesso a chi era intorno a te, per i tuoi sorrisi… per esserci stato! Grazie.

Ciao amore mio, mi manchi. Sarai sempre nel mio cuore, ovunque andremo e chiunque saremo ti vorrò sempre bene. La tua mamma".

Luciana Cucci ha intitolato questa lettera per il suo Marco, Marco Presicce: "10 Agosto 2007. Ad una stella". L'ha inviata alla nostra redazione il giorno di San Lorenzo, chiedendo che fosse affidata alle onde di Internet. Come una bottiglia lanciata in mare, ha gettato un messaggio di dolore nell'oceano del web. Perché possa arrivare ovunque, nel mondo, perché possa essere un monito. Marco è scomparso il 30 giugno scorso, nei pressi di Nardò. Nessuno, purtroppo, lo può restituire alla sua mamma, nessun "ora basta" urlato ai quattro venti fra le lacrime potrà lenire il tormento. Però è importante che tutti quanti leggiamo, perché la mamma di Marco è la mamma di tutti noi che siamo a rischio, sempre, su queste strade assassine. Cerchiamo di essere più prudenti.

Ci sono due passaggi importanti, in questo articolo; uno è nostro, l'altro della mamma di Marco. Abbiamo usato entrambi il termine "prevedibile". Quell'"ora basta" era, probabilmente, soprattutto un invito alla prevenzione. Non sappiamo quante persone hanno chiuso gli occhi per sempre da allora, ma sappiamo che le pene sono state inasprite e che il pattugliamento su strada è raddoppiato, triplicato, quadruplicato. Però, resta questa prevedibilità di altri decessi, che è uno sguardo lungo e inquietante sul futuro. Nessuna pena, per quanto severa, potrà cambiare lo "status quo", se non si modificheranno innanzitutto gli atteggiamenti. Ma qui è dura, perché agire su comportamenti umani consolidati a volte è un'impresa.

Le strade sono piene di prepotenza. Un amico della polizia stradale mi ha menzionato un paio di aneddoti, a tale proposito. Mi ha raccontato di un'auto che, su una provinciale locale, iniziò a lampeggiare furiosamente alla sua pattuglia, che pure procedeva spedita, chiedendo strada sulla corsia di sorpasso. Ovviamente, i limiti di velocità erano stati ampiamente superati. Bisogna essere svitati per fare una cosa del genere, ergere un'arrogante e vuota stupidità a valore esistenziale.

E poi, quest'altra ancora, se possibile ancor più paradossale: qualche tempo addietro, mentre era di pattuglia in città, vide una donna al volante con il telefonino. Si avvicinò e, dal finestrino, la invitò ad abbassare il cellulare. La risposta? "Un attimo, agente finisco la telefonata".

Sembrano barzellette. Già. Specie l'ultima. E scommetto che avete anche sorriso, per un attimo. Bene, ricordiamoci tutti che è proprio per barzellette come questa che tanti, troppi Marco Presicce ora non sorridono più.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

le strade assassine, il dolore e la rabbia di una mamma

LeccePrima è in caricamento