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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Le rotte della droga fra Puglia e Albania: una guerra quotidiana

Ieri l'arresto di un leccese con 118 chili di marijuana. A fine luglio, l'inseguimento in mare fino a Monopoli con il super-sequestro di 12 quintali di droga. Italia e Paese delle Aquile collaborano sempre di più

LECCE – Un’economia in crescita che punta a cavalcare il volano del turismo grazie anche a paesaggi naturali ancora incontaminati, ambizioni di entrare in Europa pure in tempi di Brexit e una nomea che l’Albania desidera scrollarsi di dosso. Già tra la fine degli anni 90 e i primi del nuovo millennio addosso al Paese delle Aquile era stata incollata l’etichetta di Colombia d’Europa.

I traffici di stupefacenti non sono certo terminati da allora, anzi. E la Puglia, dalle coste baresi a quelle salentine, continua a essere la sponda di riferimento. Cambiano a volte gli attori, ma chi prende il testimone di generazioni passate nella criminalità organizzata (Scu in testa) continua a sancire accordi internazionali per muovere stupefacenti coast to coast.

Anche la collaborazione fra investigatori italiani e albanesi, però, è sempre più stretta. Insieme stanno portando avanti una battaglia energica. Gli aerei spesso sorvolano le impervie zone di montagna in cerca delle rigogliose vallate dove, nascosti agli occhi indiscreti, fioriscono campi di cannabis su decine di ettari di terreno.

Dietro a ogni maxi-sequestro di droga c’è, dunque, c’è una strategia che mira a stroncare o comunque rallentare i traffici, assestando colpi duri e sempre più frequenti e sondando, nel frattempo, fra reti e contatti, per ricostruire le organizzazioni. Di cui i corrieri spesso sono solo attori comprimari.

Il fatto stesso che ieri, dopo il fermo di Ivano Palermo, sommozzatore leccese, 51 anni a settembre, la guardia di finanza abbia continuato a operare fino a notte fonda, con attività collaterali (tanto che le informazioni sono uscite con il contagocce), è sintomatico di quanto ramificata sia l’indagine per riannodare tutti i fili.

L’intervento di ieri è stato avviato da una motovedetta delle “fiamme gialle” di Otranto e ha coinvolto, strada facendo, altri corpi della guardia di finanza. La vedetta era in pattugliamento davanti al litorale di San Cataldo, marina di Lecce, quando i militari hanno fermato un’imbarcazione di quasi 7 metri, del tipo open, ad alcune miglia di distanza dalla darsena di San Cataldo. Era dotata di un potente motore fuoribordo, arrivava dal largo. Era condotta dal solo Palermo e, in apparenza, vuota.

Il comportamento dell’uomo al timone ha però insospettito i finanzieri, perché appena li ha intravisti, pare che Palermo abbia modificato di colpo la rotta. La provenienza dal largo, la potente motorizzazione della barca, tipica di quei natanti impiegati anche per traversate con la sponda balcanica per il trasporto di droga e l’atteggiamento anomalo, sono stati indicatori che hanno spinto i finanzieri a raggiungere, abbordare e scortare il mezzo fino agli ormeggi della Sezione operativa navale di Otranto, attivando anche i colleghi del Gico di Lecce.

Tutti i sospetti sono diventati certezze quando i militari, in un doppio fondo ricavato sul pavimento dell’imbarcazione, hanno cominciato a estrarre, uno dietro l’altro, 34 grossi colli contenenti marijuana, per 118 chili. Merce che avrebbe fruttato oltre 1 milione di euro.

Stupefacente e barca sono stati sequestrati, mentre Palermo, con precedenti penali di vario tipo, è stato arrestato per traffico e detenzione di stupefacenti. Ora, dunque, sono in corso approfondimenti per individuare i destinatari della droga in Italia e i canali di approvvigionamento. La provenienza albanese è più che un sospetto. E, a tale proposito, gli stessi finanzieri hanno attivato ancora una volta i già citati e preziosi canali di collaborazione con la polizia del Paese delle Aquile per gli approfondimenti.

(Video: la droga sulla barca di Palermo)

foto gommone-4-2E che i traffici siano sempre più intensi, così come il fatto che dietro vi potrebbe essere un’unica regia, lo dimostra anche un altro episodio, che risale alla fine di luglio, con un intervento condotto dalle unità del Reparto operativo aeronavale di Bari, dal Gruppo aeronavale di Taranto e dal centro di coordinamento locale per l’operazione “Triton” dell’agenzia europea Frontex.

Giovedì 28 luglio, un grosso gommone era stato notato a poche miglia a largo di Mola di Bari. A insospettire i finanzieri, anche in quell’occasione, il comportamento degli scafisti che, arrivando dal largo, stavano puntando sulla costa barese a tutta velocità. Alcune motovedette, pertanto, si erano avvicinate per eseguire un controllo più accurato ma, per tutta risposta, gli scafisti a bordo del potente gommone, sul quale già s’iniziava a distinguere il carico di involucri, avevano aumentato la velocità.

Durante l’inseguimento, i fuggitivi, per guadagnare potenza, avevano anche iniziato a lanciare in mare parte del carico di droga. Vista ormai preclusa ogni possibilità di fuga, gli scafisti alla fine avevano deciso di puntare alla massima velocità verso la costa, ormai sempre più vicina, toccando terra nei pressi di Cala Corvino, vicino a Monopoli, per poi fuggire a piedi.

Il potente gommone era stato abbandonato con la marcia avanti inserita, cominciando così a girare pericolosamente su se stesso. Solo l’abilità dell’equipaggio di una vedetta aveva permesso di affiancare il mezzo sul quale un finanziere era riuscito a saltare e a bloccarne la corsa. Nel frattempo erano iniziate le ricerche a terre, proseguite nel buio. Dei trafficanti di droga, però, nessuna traccia. In tutto, erano comunque stati recuperati oltre 12 quintali di marijuana, per un valore superiore ai 12 milioni di euro. Uno dei sequestri più corposi degli ultimi tempi in Puglia.   

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