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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Addio al 2015, tra l'abbaglio dell'effimero e un'inesorabile rassegnazione alle sconfitte

Negli ultimi anni sono andati persi centinaia di ulivi, tutti i treni per la serie B, posti di lavoro, la sfida per la capitale europea della cultura e molto, troppo altro. Con la Procura che sta sempre lì a colmare i vuoti di una classe politica che a sua volta viene inghiottita di continuo dagli scandali

IL RACCONTO: IN SILENZIO DAVANTI ALL’INCIVILTA’

Notte fonda. Tre ragazzi davanti a una cornetteria. Li giudico sull’indefinita ventina. Mastice più che gel. Quei capelli sembrano duri come pietra, eppure vincono la forza di gravità, come tenuti in piedi da fili invisibili legati al balcone sopra le loro teste. Dai calzoni attillati e volutamente corti spunta una fastidiosa passerella di caviglie. Disapprovo in silenzio, e mi rendo conto che sto invecchiando. Chissà le risate alle mie spalle, giovincello, quando anch’io seguivo bislacche mode del momento.

Ma è altro a colpirmi davvero. I tre spilluzzicano i loro dessert all’esterno del locale, accerchiando un cestino per i rifiuti. Lo sforzo da compiere per gettare le carte inzaccherate di residui di crema sarebbe minimo, consisterebbe nell’allungamento parziale di un singolo braccio perché possano essere inghiottite dalle immobili fauci di metallo.

Niente.

I gomiti restano serrati quasi ad angolo acuto, e con perfetta sincronia ed estrema naturalezza, quasi mossi da un segnale segreto, scatta prima uno, poi l’altro, infine il terzo. E le carte scivolano via meccanicamente all’ultimo boccone, come succedeva al serbatoio dello Shuttle che si sganciava dopo aver fornito propulsione. La danza degli sporcaccioni produce un arazzo bianco sul palco improvvisato del marciapiede. Che coreografia.  

Non ne vado fiero. La mia protesta si limita a una battuta ad alta voce, ma da una lontananza di sicurezza. Mi rivolgo a un amico accanto che osserva con me la scena, ma voglio che il terzetto mi senta. “Hai visto? Il cestino davanti agli occhi e le carte sotto i piedi”. Il tono è sarcastico, con una punta d’asprezza. L’amico non mi dà sponda e la mia vaga protesta muore lì, mentre loro mi degnano appena di uno sguardo furtivo, ma che trasuda indifferenza.

Più tardi l’amico mi svelerà che abbiamo avuto pressappoco la stessa reazione. L’automatismo mentale è semplice. Tre sconosciuti in giro di notte, magari sono avvezzi alle risse, tipi comunque poco raccomandabili. E se avessero avuto un coltello? Se non stessero cercando altro che lo scontro? Mi ha ricordato tutti gli articoli che la nostra redazione ha prodotto su “liti per futili motivi” terminate con cric suonati in testa, calci e pugni alla cieca, sirene della polizia. E se, per assurdo, la polizia l’avessero chiamata loro per denunciarmi per minacce davanti alla ferma intimazione di ripulire il passaggio pubblico? Che fantasia malata. Già, però…

Sintomi di tempi cupi nell’era dell’Isis: ogni tipo antipatico è un potenziale terrorista. Ma non ci ho dormito sopra. Insieme con la coperta, mi ha avvolto anche un sentimento di vergogna. Che abbia perso il senso del giusto?

Mi è balzato all'improvviso alla mente quante volte le vittime di ben più seri soprusi non denunciano perché vinte dalla paura. E così, le indagini muoiono prima ancora di nascere e sui giornali non facciamo altro che abusare di sostantivi e aggettivi che diventato quasi marchi di fabbrica: “mistero, misterioso, inspiegabile”. Che in troppi abbiano perso qualcosa di superiore al senso stesso del giusto: il senso della giustizia?

PIZZO O VIZIO? LA TERRA DEI NON DETTI

Un ex collega che negli ultimi anni ha scelto una via professionale diversa, senza smarrire il gusto per l’approfondimento e la riflessione arguta, ha una sua idea a riguardo, che sposta l’attenzione del problema su un altro piano. Ho giurato che gli avrei rubato la frase. Me ne sono innamorato una sera, mentre al tavolo di uno dei tanti pub immersi nella chiassosa “movida”, commentavamo svariati episodi di cronaca. “Ma dai – ha sbottato -, lo sai che a Lecce non c’è il pizzo, c’è il vizio”.

Ci sono verità che non si possono sempre pronunciare per assenza di prove certe. Ma è così: più di qualche ordigno, pistolettata o incendio (è da Guinness il fenomeno delle auto in fiamme nel Salento), non sono denunciabili perché esporrebbero anche chi ha subito il danno alla lente dell’investigatore.  

Uno di questi vizi imperanti è la droga. Nel Salento, come altrove, ne scorre a fiumi. Questa terra, però, resta ancora e sempre anche crocevia per altri luoghi e non c’è verso di fermare il business che avanza di pari passi con la crisi che spinge troppi a prendere vie sbagliate e altri a rimanere incatenati a una schiavitù che è fonte di molti guai.

Giusto un esempio: fare caso al nuovo boom dell’eroina. Provate a scrivere la parola nel motore di ricerca di LeccePrima e ordinare per “i più recenti”. Pagine, pagine e pagine di arresti, denunce e sequestri di chili di sostanza solo per questo 2015 che volta per sempre pagina, portandosi però dietro appendici purulente. Quante solitudini ruotano attorno al fenomeno? Quanti hanno perso il senso del futuro e l’amore per la vita? Cosa sta facendo la società, al di là del pugno duro delle forze dell’ordine?  

IL SALENTO SI STA ABITUANDO ALLE SCONFITTE

La mente a un certo punto ha iniziato a viaggiare sempre più veloce sul binario di questo tema: quante sono le disfatte accumulate negli ultimi anni dalla terra delle eterne contraddizioni?

Lecce ha perso la sfida nella corsa al trono di capitale europea della cultura. I giallorossi hanno perso sistematicamente tutti i treni per la serie B. Le campagne hanno perso centinaia e centinaia di ulivi nel controverso caso del disseccamento. Nella decadenza economica che qui sembra eterna continuano a perdersi posti di lavoro. La sanità sta perdendo credibilità schiacciata sotto il peso di una politica che la governa male e a suo uso e consumo come bacino elettorale.

Ancora. La classe politica a tutti i livelli, quindi fino a quella regionale, sta perdendo la faccia sul gasdotto Tap con la sua azione lenta, ambigua e macchinosa. La tiritera infinita sulla strada statale 275 suona sempre più ridicola, segnando comunque vada a finire la sconfitta totale del buon senso. Un capoluogo delle dimensioni di una noce rispetto a una metropoli non è ancora stata in grado di vincere la sfida con il traffico. E i leccesi ci mettono del loro con l’ancestrale scarsa predisposizione alle regole e men che meno alle novità. Così, va a rilento anche un’opera pia come la raccolta differenziata, che a sua volta si mostra ancora un po’ traballante nell'organizzazione.

Il Salento si sta abituando pericolosamente alle sconfitte, senza mai lamentarsi sul serio, fatti salvi i comitati che fioriscono su ogni problema per tentare di rattoppare lo strappo sempre netto che si avverte fra problematiche d'ogni genere e capacità della classe politica di risolverle. 

Persino dove riesce a snocciolare buoni numeri, come nel turismo, questa terra ancora deve trovare la strada maestra, se è vero che a ogni cambio di prefetto si torna sempre a parlare del “caso Gallipoli”, a firmare protocolli, a smistare carabinieri in strada che a ogni week-end estivo fanno il pieno di patenti, che i trasporti restano fermi all'anno zero e che i visitatori non fanno altro che spararci in volto quell'attitudine all'incuria stigmatizzata persino dall'arcivescovo sotto le feste patronali.  

Bisogna dirselo. Il 2015 non è stato troppo diverso dagli altri anni. Vi sono analogie preoccupanti fra casi, situazioni che perdurano con ostinazione nei meccanismi di fondo: come dire, cambiano solo gli attori, non talune dinamiche. Ed è necessario avere il coraggio di guardare la polvere sotto il tappeto di luci sfavillanti di un Capodanno finalmente vivo nel cuore della capitale del barocco. Perché è preoccupante che in tante faccende debba intervenire sempre e comunque la Procura “a colmare i vuoti della politica”. L’hanno detto i vertici di Legambiente sul caos generato dal piano per contrastare la Xylella, ma il principio si può estendere.

NON PASSA UN ANNO SENZA SCANDALI: E' TUTTO UN "DEJA VU"

Eravamo rimasti un po’ di tempo addietro nel nord Salento, dove l’operazione del Ros “Dejà vu”, spalmata in più atti, aveva messo a nudo pericolosi accostamenti fra una criminalità in perpetua riorganizzazione ed esponenti della vita amministrativa, e abbiamo chiuso quest’anno nel basso Salento con l’operazione “Coltura”, che, pur come meno articolazioni e ramificazioni, sembra ripercorrerne qualche scenario di fondo. E a Lecce, non va dimenticato il bubbone esploso in estate, quell'inchiesta sulla gestione delle case popolari che ancora è tutta in divenire, ma che già ha proiettato, per l’ennesima volta, ombre sinistre su un Palazzo che ancora non ha digerito via Brenta e Boc. E con tutto il massimo e doveroso garantismo, è mai possibile che non passi un solo anno senza due o tre inchieste-scandalo? Tutte le operazione, a questo punto, dovrebbero chiamarsi “Dejà vu”.

Per non parlare della sicurezza percepita. Le trombe della propaganda hanno continuato a suonare la solita solfa: credeteci, i rinforzi negli organici arriveranno. Ma intanto le volanti s’inceppano durante un inseguimento o vanno in fiamme per un parco mezzi disastrato e un killer spietato condannato all'ergastolo può prendersi il lusso di provocare un far west in ospedale e scappare perché non si riesce nemmeno a creare un drappello di uomini dal numero adeguato per la scorta. Quello stesso ospedale dove gli operatori del pronto soccorso rischiano di diventarne i primi utenti viste le aggressioni continue dalle quali si difendono con porte di fortuna e la buona volontà di qualche vigilante privato. Ma voi credeteci, credeteci pure. I rinforzi arriveranno.  

IL CAMBIAMENTO PARTA DAI PICCOLI GESTI QUOTIDIANI

Non ci siamo. Speculatori e arrivisti continuano a stordire un Salento che, però, in larga parte si lascia narcotizzare o per indolenza o per speranza di tornaconto, perché ancora è radicata una sfacciata tendenza all'assistenzialismo. Un’eredità del passato che si lascerebbe volentieri indietro. Ma la battaglia per non perdere più terreno e assuefarsi alle sconfitte deve partire dal basso, dal recupero della  dignità individuale, per arrivare a coltivare un vero spirito collettivo di appartenenza a un territorio. Oltre gli slogan pubblicitari che ormai pullulano a tamburo battente – Salento di qua, Salento di là -, ma che rischiano di suonare sempre più goffi se al di sotto c’è un recipiente povero di contenuti.

A proposito di contenuti e contenitori. Io ripartirò nel 2016 proprio con quelli dei rifiuti. E se vedrò un’altra manica di cretini gettare cartacce per terra, correrò pure il rischio di prendermi qualche sberla e gli dirò, chiaro in faccia, di raccoglierle. Un piccolo atto d’amore per la mia città forse mi assolverà dalla vergogna di essermi trasformato per un’ora in uno di quegli individui strafottenti che io, per primo, non tollero. E allora, nel nuovo anno, la smetteremo tutti quanti di girare le spalle di fronte a ciò che non va? 

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