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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Lecce "espugnata" dai visitatori. Non solo un successo, ma un monito a guardare oltre

Diverse manifestazioni hanno richiamato nel centro storico migliaia di turisti: dagli appassionati di golf al pubblico di "Cortili aperti". Ma perché l'eccezione diventi la regola servono coraggio, programmazione e spirito di collaborazione nell'interesse della città e non degli appetiti di bottega

LECCE - Artigiani, artisti di strada, golfisti, molti stranieri, espositori, lettori, curiosi, passeggiatori distratti, ricercatori solitari. Manca solo il "leocorno" nel centro storico di Lecce preso d'assalto da una moltitudine umana che ha colorato una mattinata fresca e avara di sole. Le condizioni meteo incerte, del resto, sono state un incentivo a puntare sul capoluogo invece di rischiare escursioni al mare e la parte antica della città si è trasformata in una sorta di allegro suq. 

Cortili aperti, Festival della lettura, Street Golf, stand enogastronomici in piazza Sant'Oronzo: una congerie di manifestazioni ha richiamato migliaia di visitatori alla scoperta (o riscoperta) di una città che ha nel turismo il suo unico vero volano di sviluppo. Ma non è dato ancora sapere quanto questa consapevolezza sia tradotta in programmazione e quanto invece resti uno slogan utilizzato per convegni e conferenza stampa. E allora, al netto di alcune scelte discutibili - come quella delle pagode bianche che si incastrano nel centro storico come i cavoli a merenda -, una giornata come quella di oggi esprime più un potenziale che un risultato, più un'indicazione che un bilancio: Lecce può essere miele per le api per almeno cinque mesi all'anno, da maggio a settembre, ma si può arrivare tranquillamente a sette. 

Non è una considerazione nuova, ma giova ripeterla ad ogni occasione propizia: continua a mancare un'ottica di sistema che sappia rendere tutti i soggetti interessati protagonisti di una parte di questo "spettacolo", che serva a distribuirne i benefici nel modo più ampio e duraturo possibile. Allo sforzo di trasformazione di Lecce in una città del turismo possono contribuire tutti. O meglio, dei turismi. Perché l'ampiezza dell'offerta paesaggistica e culturale, del capoluogo e di tutta la provincia, consente di rivolgersi ai più disparati segmenti di visitatori: dai giovani in cerca di soluzioni low-cost e buona musica, ai visitatori desiderosi di ripercorrere la via francigena, dagli amanti degli sport acquatici ai turisti esigenti che pretendono alta qualità e cornici da sogno. 

Lecce non è ancora una città costruita per il turismo, ma il suo volto prevalente è ancora quello del terziario tradizionale e della burocrazia amministrativa. Ci vuole un pizzico di capacità visionaria, e di coraggio politico, per trasformarne i connotati in una direzione più congeniale alle esigenze che il presente impone. L'impressione è invece che il respiro sia ancora corto, lo sguardo rivolto poco oltre la punta di piedi. Al vertice non c'è autorevolezza nel puntare su una strategia e alla base non ci sono né "solidarietà" né cooperazione: tutto appare ancora troppo finalizzato a massimizzare il profitto nel breve periodo.

Lecce offre tanta della sua bellezza alla contemplazioni dei suoi visitatori, ma molto resta ancora da scoprire. Le chiese sono spesso chiuse e nemmeno i leccesi conoscono il valore di alcune di esse, considerate minori o posizionate appena fuori mano rispetto alle direttrici consuete; alcuni complessi architettonici sono difficilmente visitabili e comunque non inseriti in circuiti quotidiani: si pensi agli insediamenti universitari, dal rettorato fino all'ex convento degli Olivetani, passando a quelli in fase di faticoso recupero. Siti di gran pregio che, con un accordo tra istituzioni e con una programmazione non invasiva ma rispettosa delle rispettive funzioni, possano estendere il raggio d'azione di una città che può essere al contempo museo, parco, palcoscenico. 

Insomma, nonostante indubitabili passi in avanti peraltro certificati dai numeri oltre che dalle attenzioni di riviste internazionali, serve uno scatto in avanti nella governance di questo processo di cambiamento che, tradotto in fatti significa ad esempio il varo di un piano traffico aggiornato che svuoti definitivamente il centro del maggior numero di auto possibili, senza più spazio a eccezioni e favori, l'approntamento di un sistema pubblico di trasporti dedicato anche alle esigenze specifiche di chi vuole andare al mare (un modo anche per valorizzare le marine semi abbandonate) senza aspettare un'ora il passaggio del mezzo secondo l'orario ordinario, o visitare i siti monumentali secondo percorsi prestabiliti (dal parco archeologico di Rudiae fino all'abbazia di Santa Maria a Cerrate). 

Ma è indifferibile oramai anche una profonda rivoluzione nella mentalità del cittadino medio che guarda con sospetto e quasi con una sorta di atavica rassegnazione alle piccole ma necessarie novità, come la raccolta dei rifiuti con il metodo del porta a porta. Cambiare Lecce perché diventi in maniera stabile ciò che adesso è soltanto a sprazzi conviene a tutti e richiede lo sforzo di tutti. Guardare ad esperienze virtuose di altre regioni è utile per cogliere le intuizioni migliori e finirla con quell'autocompiacimento fortemente limitante, così come è doveroso favorire l'alleanza tra pubblico e iniziativa privata. Perché tutto questo sia possibile, però, è fondamentale che la classe dirigente, di qualsivoglia colore, si preoccupi del bene comune più che di quello dei propri clientes. Perdere un voto oggi può voler dire guadagnarne cento tra qualche anno. 

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