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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"Utenze citofono" e tecniche paramilitari: così avvenivano gli assalti ai portavalori

Tre arresti a Bari: sarebbero fra i componenti di un gruppo che ha messo a segno una rapina da 2 milioni di euro a Cerignola e che è indiziato anche di altri raid, fra cui quello avvenuto a gennaio del 2013 sulla Lecce-Maglie. L'inchiesta coordinata dalla squadra mobile salentina

FOGGIA – Statale 16 Lecce-Maglie, 2 gennaio 2013: la succursale in terra dell’inferno dantesco. Auto e camion avvolti dal fuoco, un blindato della Sveviapol Sud crivellato di colpi di kalashnikov, una banda di pericolosi malviventi in fuga con una potente Bmw, senza bottino, ma dopo aver messo a rischio la vita di un manipolo di guardie giurate. Storie da far raggelare. 

I vigilanti, che trasportavano denaro destinato agli uffici postali, dimostrarono estremo sangue freddo. E sfuggirono a uno degli agguati più violenti mai avvenuti nel Salento dai tempi della Grottella. Non ci scappò il morto solo per puro miracolo. Il conducente del blindato, con lucidità fuori dal comune, nonostante pneumatici forati dalle raffiche di mitra, riuscì in retromarcia a trovare una via di fuga allo svincolo per Lizzanello, speronando anche una delle auto dei malviventi ed evitando i blocchi. 

Un furgone, infatti, era stato collocato di traverso e dato alle fiamme poco dopo l’uscita per Caprarica di Lecce e Cavallino. Un altro camion si trovava invece nella corsia opposta, nei pressi dello svincolo per Galugnano. 

INDIZIATI DELL'ASSALTO DI LECCE, ARRESTATI PER QUELLO DI CERIGNOLA

Un anno dopo, la polizia ha dato una prima, decisa e forse decisiva svolta all’indagine. Gli investigatori del Servizio centrale operativo e le squadre mobili di Lecce, Bari e Foggia, infatti, all’alba hanno tratto in arresto Angelo e Michele Falco, rispettivamente di 51 e 31 anni, e Pierpaolo Perez, 44enne, tutti baresi. Sarebbero tre dei componenti di un più vasto gruppo criminale (almeno una decina di persone) che degli assalti a furgoni portavalori hanno fatto la loro ragione di vita. Perquisizioni si sono svolte anche in una quindicina di altre abitazioni. Altri uomini potrebbero dunque presto finire in manette.

Fra tutti spicca in particolare la figura di Angelo Falco. Gli investigatori sono convinti di aver assicurato alla giustizia uno dei leader dell’organizzazione. Personaggio carismatico del quartiere San Paolo di Bari, è un esperto di arti marziali, quindi con una profonda conoscenza di tecniche di combattimento. Non affiliato ai clan criminali baresi, ma comunque da anni ritenuto vicino a quegli ambienti, già in passato era stato indagato proprio per assalti ai portavalori. 

Forte e forse giustificato da una serie di indagini mai così minuziose, è il sospetto che i fratelli Falco e Perez siano fra gli autori di quell’assalto a Lecce, ma anche di altri avvenuti in tutta la regione e persino fuori. Per il momento rispondo sicuramente di un raid avvenuto il 6 dicembre scorso, nei pressi del casello autostradale di Cerignola. Lì è stato rapinato un furgone portavalori della Np Service di Foggia. Il bottino, da capogiro: 2 milioni di euro. In quel caso l’autostrada è stata bloccata con tir dati alle fiamme. Poi, il solito copione: colpi di kalashnikov sul furgone e fiancata squarciata con un lancia termica. La fuga, dopo aver bruciato altre auto e procedendo contromano sull’autostrada. Una vera e propria organizzazione in grado di agire secondo tecniche paramilitari. 

Ora i tre devono rispondere della rapina in concorso aggravata per l’uso armi da guerra, ma anche di essersi impossessati delle pistole delle guardie giurate, dell’incendio doloso dei veicoli e della loro ricettazione. 

Un commando pronto a tutto

Ma come si è arrivati da Lecce a Bari, passando da Foggia? Tutto frutto di un’indagine molto complessa, avviata proprio nel Salento, dopo l’assalto fallito sulla statale 16. A gestirla sono stati i dirigenti della squadra mobile leccese Michele Abenante (fino al suo recente trasferimento a Roma) e Rocco Carrozzo (che vi ha lavorato fino alle fasi attuali). In particolare, si sono applicati gli uomini della sezione reati contro il patrimonio e, per la parte tecnica, lo Sco della polizia di Stato. Il tutto sotto il coordinamento del sostituto procuratore Giuseppe Capoccia. 

Come in una partita a scacchi, il lavoro svolto ha richiesto pazienza, competenza, capacità di prevenire le mosse di un avversario rimasto per un anno un volto celato nell’ombra, e sempre con il timore di perdere per strada gli indizi raggranellati con fatica. 

UNA PARTITA A SCACCHI A DISTANZA CON RILIEVI TECNICI INNOVATIVI

Gli investigatori della mobile leccese hanno avviato l’inchiesta sondando i ripetitori telefonici presenti in tutto il tratto di strada percorso quella mattina, dal caveau fino allo svincolo per Galugnano, dove l’assalto s’è materializzato. In questo modo hanno estratto centinaia di utenze e fra queste, dopo un’ulteriore scrematura, si sono concentrati su quelle in cui appariva evidente che diversi individui avessero parlato fra loro nelle fasi immediatamente precedenti e successive all’azione. Si è scoperto che queste utenze erano state tutte attivate presso un dealer di Napoli. Il lavoro certosino ha permesso di individuare in particolare ventisette utenze definite “dormienti”, cioè potenzialmente utilizzabili per ulteriori assalti. 

Il primo campanello d’allarme è scattato il 2 maggio 2013, quando s’è verificata una rapina a Pomarico, in provincia di Matera, che per modalità ricordava fin troppo quella di Lecce. Non solo. Altre analogie derivavano dal fatto che alcune sim fossero stare ricaricate presso lo stesso dealer. 

Il 23 luglio del 2013 s’è avviata la fase delle intercettazioni vera e propria di utenze attivate con nomi fittizi, che avevano ricevuto una nuova ricarica. E il 26 agosto sono stati “catturati” alcuni sms decisamente ambigui. Due persone si scambiavano messaggi, probabilmente in codice. La prima era a Foggia, la seconda nei pressi del casello di Canosa. “Adesso sto mangiando”. “Sto al cancello, avvisami”. L’interpretazione data dagli investigatori: a “mangiare” sarebbe stato il portavalori, nel senso di “caricare il denaro”. Mentre il “cancello” corrisponderebbe al “casello”. 

Poi, il silenzio, perché la polizia ha il forte sospetto che la seconda fase degli assalti fosse coordinata via ricetrasmittenti, in modo da evitare le intercettazioni. Quel giorno, però, sono stati effettuati alcuni servizi preventivi. E non è accaduto nulla. O i malviventi si trovavano sul posto solo per sondare il terreno in vista di un successivo assalto, o, semplicemente, si sono accorti della polizia e hanno deciso di scomparire dalla scena. 

LA SVOLTA: I MALVIVENTI PARLANO PER TELEFONO, RICONOSCIUTE LE VOCI

Tant’è. S’è continuato a giocare con i numeri e con le “utenze citofono” usa e getta fino all’ottobre scorso. Il 18 si sono succeduti altri particolari scambi di comunicazioni, questa volta fra Trani e Andria, dove era previsto il passaggio di un altro portavalori. Anche in quel caso, però, è saltato il piano. E forse perché, come detto da alcuni fra gli indiziati intercettati, che si sono traditi parlando a viva voce, “in aria ci sta la zanzara e sotto ci sono i cornuti”. Dove la “zanzara” dovrebbe essere l’elicottero della polizia, smistato appositamente sulla zona, e i “cornuti” è facile intuire chi siano. 

Dimostrando comunque sagacia, era anche stato cambiato dealer, questa volta di Cerignola. Ma il fatto che i presunti guerriglieri dell’autostrada abbiano parlato apertamente, ha permesso agli investigatori di riconoscere i timbri vocali. Le registrazioni sono state fatte ascoltare dai poliziotti leccesi ai colleghi baresi, che hanno riconosciuto i fratelli Falco. Le attività si sono quindi concentrate su di loro e la cerchia di conoscenze, arrivando in seguito anche a Perez. Fermati dopo l’assalto del 6 dicembre al portavalori foggiano, si sono scoperti fogli sui quali erano stati segnati distanze chilometriche e tempi di percorrenza del tragitto. Ed è stato scacco matto. 

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