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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Falda contaminata, confermata la condanna a Giovanni Semeraro

L'imprenditore rispondeva di avvelenamento colposo sotto il cantiere dell'Università del Salento e inadeguata attività di messa in sicurezza e caratterizzazione dei luoghi

LECCE – Confermata nel processo d’appello la condanna a due anni e sei mesi di reclusione per Giovanni Semeraro, storico ex patron del Lecce calcio, per il reato di “avvelenamento colposo della falda acquifera sottostante il cantiere dell'Università del Salento e inadeguata attività di messa in sicurezza e caratterizzazione dei luoghi contaminati”. L’imprenditore salentino è imputato nell'ambito del processo scaturito dall'inchiesta “Studium 2000”, il complesso universitario alle porte di Lecce. In primo grado a Semeraro era stata riconosciuta la sospensione della pena, condizionata alla bonifica e al ripristino dei luoghi e al risarcimento delle parti civili.

L’area è risultata contaminata da idrocarburi pesanti il cui tenore supera i limiti previsti dalla normativa vigente. L’ipotesi è che la causa della contaminazione del suolo sia in qualche modo collegata al fatto che il terreno è adiacente all’ex deposito di carburanti Apisem, già dismesso nel 1997, di proprietà della “RG Semeraro”, sito in corrispondenza tra la via Vecchia Surbo e via Taranto, alla periferia nord del capoluogo salentino. A questo processo era stato unito anche un altro, per le stesse ipotesi di reato, nato dalle denunce presentate dai proprietari di un’abitazione adiacente all’ex deposito, i coniugi Fiorentino, assistiti dagli avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna che da anni convivono con gli odori nauseabondi provenienti dalla zona circostante e l’inquinamento dei pozzi.

A dare avvio alle indagini, nell'ottobre del 2010, era stato l’esposto presentato da alcuni residenti della zona che lamentavano la presenza di odori nauseabondi provenienti proprio dal cantiere dell'Università. Nel cantiere, che ha un valore commerciale di circa sei milioni di euro, stanno nascendo corpi di fabbrica destinati a biblioteche, aule, centro servizi e museo archeologico dell’Università, con fondi Cipe del 2004. Un piccolo gioiello architettonico che dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello dell’Università del Salento.

I consulenti nominati dalla Procura, il chimico Mauro Sanna e il geologo Bruno Grego, che nella loro relazione hanno avvalorato l'ipotesi che la causa della contaminazione del suolo sia da attribuire all'ex deposito di carburanti. I consulenti ipotizzano, attraverso i riscontri delle analisi di 26 campionamenti eseguiti tra il cantiere, l'ex deposito e la Torre di Belloluogo, che la contaminazione si stia propagando alle aree circostanti, poiché le misure adottate dalla proprietà per la messa in sicurezza, “non sarebbero riuscite a rimuovere o isolare le fonti di contaminazione responsabili dell'inquinamento delle acque sotterranee". In particolare, come ha evidenziato il professor Sanna, in alcuni punti i valori di contaminazione sono di migliaia di volte superiori ai parametri consentiti. Un piano di messa in sicurezza e caratterizzazione che la proprietà, però, aveva concordato con la Provincia e la Regione. L’intero complesso è stato sottoposto a sequestro preventivo dai carabinieri del Noe di Lecce, e poi dissequestrato.

L’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ennio Cillo, ha evidenziato come vi sia “una colpa cosciente con permanenza”. “Se si fosse intervenuti nel 1998 (subito dopo la dismissione del deposito) – ha spiegato il pubblico ministero nella sua requisitoria – non vi sarebbe stato inquinamento”. 

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