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Cronaca

Finti incidenti, ecco la tecnica: due testimonianze per prevenire la truffa

Racconti di episodi sulla Soleto-Martano e sulla Lecce-Vernole che consentono di ricostruire le manovre e avere un parziale identikit di auto e soggetto

LECCE – Rallentamenti e fughe in avanti, sorpassi improvvisi per poi farsi superare, strani movimenti fino a spostarsi tutto a destra o a cavallo della linea di mezzeria. Qualora vedeste un automobilista comportarsi in questo modo, iniziate a insospettirvi: se non è ubriaco, forse è l’inizio di una manovra d’abbordaggio che potrebbe farvi incagliare nella rete di un truffatore.  

LA RENAULT MEGANE SCENIC- La vettura notata più volte è una Renault Mégane Scenic. Ma il modello potrebbe anche variare, come potrebbero variare i protagonisti stessi. A volte un uomo solo di mezza età che si esprime con un accento meridionale non subito identificabile. Forse campano, come denunciato in una circostanza in questura, forse foggiano, come ha raccontato a LeccePrima una delle vittime. In altri casi, sarebbero stati notati un uomo di colore e persino un bambino, nell’auto. Insomma, più attori e varianti per un solo copione: il raggiro del finto incidente.

Di recente il caso è balzato alla cronache in più occasioni a Lecce e nelle vicinanze. Diversi coloro i quali si sono imbattuti nella famigerata automobile, descritta di volta in volta come di colore tendente all’azzurro o al grigio. Al di là delle sfumature cromatiche e delle percezioni soggettive (dipende anche dall’orario e quindi dalla luce), è soprattutto la targa l’elemento collante: che le vittime se la ricordino tutta (magari con un dubbio su una lettera, per via del buio o della scarsa attenzione prestata all’inizio) o solo una parte, sembra comunque sempre corrispondere. Insomma, le forze dell’ordine hanno più elementi in mano (ci stanno dietro polizia e carabinieri), ma per ora questo vecchio modello della casa automobilistica francese non si trova.

CAPIRE LA TECNICA PUO’ SALVARCI - Importante per non cadere nella trappola è capire la tecnica utilizzata. Si è ipotizzato che il truffatore lanci un oggetto contro i veicoli di passaggio, dopo essere passati molto vicino. Forse una palla piuttosto rigida (magari con qualche chiodo infilato dentro per provocare una riga), forse un pietra; qualcosa, comunque, che nello stesso tempo riesca il più delle volte a lasciare un segno tangibile e non sia subito facile da trovare, perché in grado di rotolare ai margini della strada.

Al di là di quale sia l’oggetto adoperato, è soprattutto fondamentale prendere annotazione dei movimenti preparatori, vere e proprie manovre che l’autista mette in atto quando adocchia le sue “prede”.

Il profilo della vittima ideale corrisponde alla persona che viaggia da sola in auto, meglio se anziana o donna. Una ricostruzione è stata possibile mettendo a confronto due testimonianze. La prima è di una donna di 47 anni di Lecce che ha letto alcuni articoli sul caso e ha contattato LeccePrima. Ed è importante annotare il modus agendi per essere preparati a un eventuale trappola.

IL CASO DI MARTANO - La vicenda della 47enne risale al  25 maggio. Lei, quel giorno, era diretta a Martano. Aveva appuntamento all’una presso il poliambulatorio per un esame diagnostico. L’avvicinamento, stando al racconto, è iniziato già sulla statale 16 Lecce-Maglie. “Ho notato che l’auto si muoveva in modo particolare, a ridosso della linea di mezzeria”, racconta. “Io avevo fretta, deve aver notato che andavo veloce e che ero una donna sola. Credo mi abbia seguito”.

Quando lei ha svoltato allo svincolo per Soleto, seguendo poi la provinciale per Martano, l’auto, che la 47enne ha in seguito identificato genericamente come una Renault, ha effettuato una manovra particolare. “Mi ha superata e si è posta davanti a me, procedendo però a una velocità tale da rallentarmi. Non andava né troppo piano, né troppo veloce”. La donna leccese, come detto, aveva urgenza visto l’imminente appuntamento e così, appena ha avuto l’occasione, ha sorpassato il fastidioso veicolo. “A quel punto ho sentito la botta secca. E ho visto che il conducente iniziava a lampeggiare”.

L’ACCENTO E LA FISIONOMIA -  “Signora, ci siamo appiccicati”, pare le abbia detto, spuntando dal finestrino, dopo essersi avvicinato. Un’espressione che l’è rimasta impressa. Non è una forma usata nella parlata salentina. All’altezza di una piazzola di sosta, vicino a un supermercato a quell’ora però chiuso, la donna ha così accostato. Il posto ideale per il truffatore. Nessun testimone scomodo.

Stando alla descrizione, quello sconosciuto, con un accento meridionale ma di non immediata collocazione geografica, ha una carnagione olivastra, un viso tondo e non è particolarmente alto. Età, attorno ai 45 anni. Non essendosi mai trovata in una situazione del genere e avendo sempre più fretta, lei ha cercato di togliersi dall’impiccio, senza sembrare scortese. “Ho fotografato quello che lui mi ha fatto credere fosse il danno subito dalla sua auto e ho notato in quel momento il marchio Renault sul cerchione”.

L’aspetto da tenere a mente è che costui si defilerà da ogni tentativo di risolvere la questione con carte bollate e compagnie assicuratrici, chiedendo subito qualche somma per il presunto (molto presunto) danno. “La mia fortuna è stata non aver molto contante con me. Ho anche spiegato di avere a minuti una visita urgente, l’ho rassicurato sul fatto che si saremmo rivisti, gli ho anche proposto di telefonare a mio fratello, se aveva davvero tanta necessità”. Insomma, numeri di telefono e contatti. Ma niente. Sosteneva di avere fretta anche lui e di dover presto “tornare a Foggia”.  

Quando lei si è rimessa in auto, lui l’ha seguita, arrivando addirittura davanti al poliambulatorio, a Martano. Era convinto che sarebbero andati davanti a un bancomat. “Il bello – racconta la 47enne –è che non ho realizzato subito una cosa: mentre eravamo in movimento, a una rotatoria, abbiamo incrociato una pattuglia dei carabinieri. In quel momento l’ho visto dallo specchietto accostare verso destra. Evidentemente, era pronto a fuggire alla prima uscita qualora mi fossi fermata davanti ai militari”.

Tant’è. Nei pressi del poliambulatorio è ripresa la contrattazione. “E’ partito da 50 euro, scendendo poi di prezzo fino ad accettare 13 euro e 50. I soldi che sono riuscita a raggranellare”. Quando poi, a freddo, anche confrontandosi con altre persone, la 47enne ha messo insieme tutti i pezzi del puzzle, capendo di essere stata truffata (per rimetterci comunque una cifra irrisoria), ha anche segnalato il caso alla stazione dei carabinieri di Martano, fornendo una targa parziale, costituita dalle tre cifre, non ricordando le quattro lettere.

“Avevo effettivamente un segno scuro, ondulato, sulla portiera laterale destra”, conclude la protagonista di questa storia. “L’ho ripulito con la pasta ed è andato via tutto”. Per questo ha pensato alla possibilità di un’asta con qualche materiale spalmato sopra. In realtà, sarebbe un’altra ipotetica variante della truffa che, qualunque sia la tecnica, ha ovviamente come unico obiettivo quello di strappare via qualche banconota dal malcapitato di turno.

IL CASO DI VERNOLE – Del caso sulla provinciale per Vernole s’è già scritto nei giorni scorsi, verificando una segnalazione che ha fatto il paio con una vicenda avvenuta poche ore prima a Lecce. Abbiamo ricontattato l’uomo che ha segnalato il caso e scattato anche una fotografia dell’auto, il quale ha illustrato meglio quanto avvenuto. Ebbene, vi è una forte somiglianza con quanto successo alla donna leccese. Soprattutto, per quel che riguarda le manovre preparatorie.

“Ho nutrito subito un sospetto”, ci dice l’uomo. “Avevo letto gli articoli precedenti su questa vicenda e quando quella notte ho visto l’andatura dell’auto, dallo specchietto retrovisore, ho avuto l’impressione di uno che intendeva dare fastidio”. Ovvero: “Prima si è piazzata al centro, poi ha rallentato, quindi si è collocata sulla destra estrema, infine poi ha sorpassato un altro dietro di me”. Un’altra serie di manovre e l’auto, una Renault Mègane, s’è ritrovata davanti all’uomo di Vernole.

“A quel punto ho provato io a sorpassarlo”. E, neanche farlo apposta, cosa accade? “Sento il botto”.

IMG_20170619_222617-3IL BOTTO E I LAMPEGGIANTI - “E’ una cosa che, lì per lì, ti potrebbe quasi sentire in colpa”, prosegue nel racconto. “Ma io l’avevo sorpassato volutamente con una manovra a sinistra molto larga”. Insomma, impossibile che potesse esservi stato un impatto, a meno di non voler sfidare le leggi della fisica. “Nonostante ciò, ha iniziato a lampeggiare con i fari. Io, allora, ho afferrato il telefono e ho provato a scattare alcune foto. Lui ha visto il flash e immagino si sia insospettito. Tanto che ha rallentato e, alla prima traversa a sinistra, se l’è svignata fra le campagne”.

“Chissà se ha lanciato pietre o palline, ma ho preso il numero di targa e ne ho riferito ai carabinieri”. Dato il buio e la situazione complessa, in movimento, l’unica foto un po’ più nitida consente di intuire le tre cifre (corrispondenti a quelle segnalate dalla donna leccese) e le lettere, anche se con qualche dubbio soprattutto sulla prima per via della scarsa qualità dell’immagine.

Elementi parziali, quindi, ma comunque convergenti e che potrebbero tornare utili a rintracciare il veicolo. Il quale, magari, potrebbe essere rubato, o avere sopra una denuncia per perdita di possesso, di sicuro non essere assicurata né revisionata. Insomma, fattori che rendono impossibile stabilire chi sia il guidatore, a meno di non riuscire a fermarlo in flagranza. In ogni caso, meglio conoscere la tecnica per non farsi trovare impreparati.  

“Parlando con un conoscente, il giorno dopo, e raccontando la storia, ho saputo che a suo padre, un signore sui 75 anni, è capitata una vicenda simile”, conclude l’uomo di Vernole. “Lo sconosciuto voleva 50 euro, l’anziano si è opposto e ha riferito che avrebbe chiamato i carabinieri. E’ bastato questo per farlo scappare via”. Come dire: vicende simili accadono spesso, ma non sempre si sporge denuncia. Si prende atto dello scampato pericolo e si lascia correre. E invece, sarebbe importante ogni volta riferire i fatti alle forze dell’odine. Più segnalazioni significa più elementi in mano e, quindi, la possibilità di estendere l’indagine.  

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