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Cronaca

Lecce: truffa alla banca da 18 miliardi, assolti in tre

Ribaltata la sentenza di primo grado: prosciolti Cosimo Calcagnile, Fernando Savino e Franco Palma. All'origine una maxi-truffa al Banco di Napoli. Giuseppe Alberti di Catenaya tentò il suicidio

Sono stati assolti in secondo grado, Cosimo Calcagnile, Fernando Savino e Franco Palma, tutti e tre di Lecce. I giudici togati, della corte d'assise d'appello, hanno ribaltato le sentenze di primo grado, emesse dal gup Nicola Lariccia. Palma, accusato di riciclaggio, era stato condannato a due anni e otto mesi, Savino e Calcagnile, entrambi ad un anno ed otto mesi per concorso in truffa. I tre, sotto processo con il rito abbreviato, erano stati rinviati a giudizio dopo il tentato suicidio avvenuto nel novembre del 2000 del conte Giuseppe Alberti di Catenaya, impiegato 52enne dell'ufficio Tesoreria del Banco di Napoli, il quale, il 10 novembre del 2000, si sparò un colpo di pistola calibro 6 e 35 alla testa, all'interno della filiale, regolarmente detenuta dopo che gli inquirenti si posero sulle sue tracce perché ritenuto responsabile di aver intascato 18 miliardi di vecchie lire, avvalendosi della presunta compiacenza di diversi interlocutori. Un buco enorme ai danni dell'istituto di credito, sottratti sin dal '94.

Secondo le accuse, i tre avrebbero aiutato con modalità e ruoli differenti Alberti di Catenaya ad impossessarsi dell'ingente malloppo. Savino e Palma lavoravano all'interno del Banco di Napoli, mentre Calcagni prestava servizio presso la Camera di Commercio. Ma il collegio giudicante ha assolto Calcagni e Savino per non aver commesso il fatto, Palma perché il fatto non sussiste. I tre coimputati erano difesi dagli avvocati Giuseppe Bonsegna, Viola Messa e Luigi Leonardo Covella. Per chi ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario, il processo è ancora in fase dibattimentale. I giudici hanno anche pattuito una somma che i tre dovranno versare alla Camera di Commercio, che si è dichiarata parte lesa nel processo.

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