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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Galatina

Mancano i gravi indizi di colpevolezza, torna in libertà 65enne accusato di usura

E' tornato in libertà Luigi Nuzzaci, il 65enne di Galatina arrestato (con altre nove persone) lo scorso 11 settembre nell'ambito di una vasta operazione condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Lecce nei confronti di una presunta associazione per delinquere accusata di usura, estorsione e riciclaggio

LECCE – E’ tornato in libertà Luigi Nuzzaci, il 65enne di Galatina arrestato (con altre nove persone) lo scorso 11 settembre nell’ambito di una vasta operazione condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Lecce nei confronti di una presunta associazione per delinquere accusata di usura, estorsione e riciclaggio. Il tribunale del Riesame ha annullato, accogliendo l’appello proposto dai legali di Nuzzaci, gli avvocati Alessandro Stomeo e Francesca Conte, la misura cautelare emessa dal gip nei confronti del 65enne. Secondo i giudici, infatti, non vi sarebbero quei gravi indizi di colpevolezza necessari (ancora prima delle esigenze cautelari) per disporre l’arresto.

Una decisione quella del Riesame (in attesa di leggere le motivazioni) che sembra ridimensionare in maniera netta e precisa l’ipotesi accusatoria nei confronti dell’indagato. Nuzzaci, dopo una vita trascorsa tra famiglia e lavoro, si è visto trasformare da vittima in aguzzino, da uomo braccato dagli usurai a usuraio.

Al vertice dell’organizzazione, secondo quanto ipotizzato dalla Procura, cui è stata anche contestata la modalità mafiosa per via del modus operandi nell’attività di “riscossione dei crediti”, alcuni individui ed esponenti di rango ritenuti vicini al clan mafioso dei Coluccia. I metodi di recupero del denaro si basavano molto spesso su minacce ed episodi di violenza privata.

L’organizzazione, oltre ad esercitare abusivamente l’attività finanziaria ai danni di cittadini in stato di bisogno, aveva avviato un vero e proprio business usurario, con tassi di interesse che oscillavano tra il 121 e il 183 per cento. Poi, per non lasciare traccia di quei movimenti illegali, gli assegni bancari che gli indagati ricevevano anche a garanzia dei prestiti concessi, erano automaticamente negoziati su conti correnti intestati a terze persone a loro riconducibili.

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