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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Matino

Meltin' Pot, revocato il sequestro del patrimonio per 2 milioni di euro

Il pubblico ministero Francesca Miglietta ha preso atto dell'ammissione della società al concordato preventivo con continuità e della transazione fiscale intervenuta con l'Agenzia delle entrate

LECCE – Il pubblico ministero Francesca Miglietta ha disposto la revoca del sequestro del patrimonio della Romano Spa di Matino, azienda nota per il marchio “Meltin’ Pot”, fatto per il quale era stato indagato il presidente, Cosimo Damiano Romano. Il provvedimento è di oggi. Il pm, infatti, ha preso atto dell’ammissione della società al concordato preventivo con continuità e della transazione fiscale intervenuta con l’Agenzia delle entrate. La Romano, che è difesa dall’avvocato Andrea Sambati, si dice “particolarmente soddisfatta per la positiva e rapida definizione della vicenda” e “conferma la propria fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria”.

Tra l’altro, già a margine della conferenza stampa del 26 febbraio scorso, aveva diramato una nota in cui si diceva stupita del procedimento, dato che la sanatoria degli inadempimenti erano già a buon punto.

Il sequestro preventivo per equivalente era stato effettuato dai finanzieri della compagnia di Gallipoli. A emettere il decreto, il gip Alcide Maritati, su richiesta del pm. Nel mirino erano finiti otto rapporti finanziari per un saldo attivo di 367mila euro; sette fabbricati ad uso abitativo a Gallipoli, Matino e Parabita e tre capannoni adibiti a deposito, sempre a Matino, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro, pari all’ammontare delle ritenute e dell’Iva non versate.           

L’indagine era nata da una segnalazione dell’Agenzia delle entrate nei confronti della società che opera nella produzione e confezione in serie di abbigliamento, inviata dopo un controllo effettuato attraverso procedure informatiche automatizzate. Queste avevano fatto emergere l’omesso versamento delle ritenute alla fonte a titolo di acconto da parte del sostituto d’imposta pari a circa 678mila euro e dell’Iva per circa 1,4 milioni di euro.

Per la ricostruzione delle liquidità e della posizione finanziaria globale dell’azienda si era stato fatto ricorso alla consultazione dell’anagrafe dei rapporti, attraverso la quale era stato possibile individuare, presso i vari istituti di credito ed intermediari finanziari, i conti correnti, i certificati di deposito ed i fondi di investimento societari.

L’accesso al sistema telematico “Sister”, inoltre, aveva consentito alle “fiamme gialle” di individuare i beni immobili di proprietà della società e del suo rappresentante legale con i relativi estremi catastali, determinandone il valore patrimoniale attraverso le cosiddette “quotazioni immobiliari Omi (Osservatorio del mercato immobiliare)”. Si era così arrivati alla contestazione a Romani dei reati tributari di omesso versamento delle ritenute certificate e dell’Iva per l’anno 2013.

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