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Cronaca

Medico annegato in piscina, patteggia la pena l'amministratore del Resort

Si è chiuso con una condanna a cinque mesi di reclusione (pena sospesa) il primo capitolo giudiziario legato alla morte di Claudio Castellan, il medico di 55 anni di Bolzano, in vacanza nel Salento, annegato lo scorso settembre

 

LECCE – Si è chiuso con una condanna a cinque mesi di reclusione (pena sospesa) il primo capitolo giudiziario legato alla morte di Claudio Castellan, il medico di 55 anni di Bolzano, in vacanza nel Salento, annegato lo scorso settembre nella piscina della “Masseria Albaro Resort”, che sorge sulla strada che collega Leverano a Porto Cesareo. Marivana D’Adamo, 37 anni, di Copertino, amministratore della società “Coema” proprietaria del Resort, ha patteggiato la pena per “omicidio colposo conseguente all’inosservanza della legge regionale che regolamenta l’uso di piscine in strutture con accesso al pubblico”. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica di Lecce titolare del procedimento, Elsa Valeria Mignone, avevano evidenziato come quella piscina fosse non solo abusiva ma priva di qualsiasi accorgimento per la sicurezza dei bagnanti. Il decesso del genetista, molto noto nella comunità scientifica, responsabile del servizio aziendale di consulenza genetica del Comprensorio di Bolzano, avvenne in una sorta di piscina fantasma, che in teoria avrebbe dovuto avere solo funzione scenografica.

Quella di Castellan fu una morte assurda quanto tragica, avvenuta dinanzi alla moglie del noto genetista, Maria Palugan. La donna, che al pari del medico non sapeva nuotare, si sarebbe accorta della tragedia che si stava consumando sotto i suoi occhi, ma non riuscì a fare altro che chiedere disperatamente aiuto.

Nei confronti della D’Adamo e dell’ingegnere Giuseppe Quarta, 63 anni, direttore dei lavori di ristrutturazione e autore del progetto per mettere a norma la piscina, il pubblico ministero ha anche ipotizzato il reato di abusivismo edilizio. Reato che secondo il collegio difensivo sarebbe già prescritto. La parola passa ora ai giudici.

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