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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Offrì posti di lavoro in un villaggio “fantasma”: 39enne condannata a due anni

Arriva il verdetto per Caterina Bevilacqua, accusata di truffa: avrebbe proposto un impiego in una struttura inesistente facendosi consegnare 50 euro

LECCE - E’ stata condannata a due anni di reclusione, più multa di 520 euro, Caterina Bevilacqua, 39enne originaria di Maglie ma residente a Casarano, accusata di aver offerto lavoro in un villaggio turistico in cambio di 50 euro. Di finto, oltre al posto di lavoro, era lo stesso villaggio e persino il nome con il quale la donna si sarebbe presentata ai candidati.

La sentenza è stata emessa ieri dal giudice della prima sezione penale Stefano Sernia che ha riconosciuto l’imputata responsabile del reato di truffa e le ha imposto il pagamento di un risarcimento immediato, pari a 250 euro, per ciascuna delle parti civili (sette). Proprio queste con le loro denunce (sporte attraverso l’avvocato Giacinto Mastroleo) avevano segnato l’inizio dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Gagliotta (oggi alla Procura Generale) e, in aula, avevano confermato le accuse.

Stando alle indagini, nel maggio del 2015, Bevilacqua, presentandosi come Katia Giorgino, persona facoltosa con conoscenze importanti sia nel mondo imprenditoriale che nell’Arma dei carabinieri, avrebbe tenuto colloqui finalizzati all’assunzione di 180 persone nel villaggio turistico “Sole”, in seguito ai quali i candidati furono invitati a consegnare 50 euro per accaparrarsi il posto.

L’imputata (difesa dall’avvocato Roberto Bray) sostiene di essere stata lei stessa vittima del raggiro, perché avrebbe reclutato risorse umane per conto di un’altra persona che, in seguito alla sua denuncia, ora è imputata per minacce davanti al giudice di pace. Nel curriculum di Bevilacqua, c’è una condanna definitiva, a cinque anni e tre mesi di reclusione per la vicenda che nel maggio 2016 le costò l’arresto col marito Luigi (condannato a quattro anni e sei mesi), poiché spacciandosi per carabiniere del Nas, “spillò” decine di migliaia di euro a proprietari di maneggi e a venditori di bestiame.
 

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